Quando cala la notte

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Fin da sempre ero stata una persona che amava particolarmente dormire.
Il letto era praticamente il mio habitat naturale e guai a chi osava disturbare il mio sonno senza motivo, infatti quella notte allungai il braccio verso il comodino imprecando in lingue ancora sconosciute all'uomo, allo scopo di afferrare il telefonino che vibrava insistentemente.
A scuola e durante la notte toglievo la suoneria per lasciare solo la vibrazione, ma riuscì comunque a svegliarmi.
Con gli occhi impastati dal sonno scorsi il nome sullo schermo e sul mio viso si dipinse un'espressione meravigliata.
Quello col ciclo eterno.
Cosa poteva volere da me Katsuki Bakugou alle 2:32 del mattino?
Passato il breve momento di confusione mi decisi a pigiare il tasto verde, portando successivamente l'apparecchio all'orecchio.
<<Mh? Pronto?>> chiesi incerta, vergognandomi per il mio tono di voce palesemente arrochito dal sonno brutalmente interrotto.
Il ragazzo dall'altra parte mormorò qualcosa a me incomprensibile e mi tirai a sedere sul letto.
<<Puoi ripetere per favore? Non ho capito niente>> ammisi sincera, cambiando orecchio e schiacciandomi di più il cellulare contro di esso.
<<Vieni in ospedale, vieni subito in ospedale, ne ho bisogno>> mormorò lui, usando un tono di voce che non gli avevo mai sentito utilizzare. Sembrava uno che si sforzava enormemente di non piangere.
Il sonno adagiato sulle mie palpebre sparì immediatamente e sentii istantaneamente il mio cuore pompare più veloce.
<<Che cosa è successo?>> chiesi allarmata, tirandomi su dal letto di scatto e infilando le pantofole alla cieca.
<<Mia madre, hanno portato qui mia madre d'urgenza>> rispose semplicemente lui.
Il fiato mi si mozzò per qualche secondo nel petto e ci misi più di un momento per recuperare la facoltà di rispondere.
<<In quale ospedale sei?>> chiesi.
<<L'ospedale civile, quello vicino la pista di pattinaggio dove ci portavano alle elementari>> spiegò lui.
<<Non è lontano da qui. Arrivo prima che posso, dove ti trovo?>>
<<Al pronto soccorso, nella zona del codice rosso>> rispose lui.
<<Aspettami>> dissi, buttando giù il telefono.
Infilai i primi vestiti che trovai, abbinando un pantalone rosso con una maglietta gialla a caso e mettendo delle scarpe blu. Praticamente ero una sottospecie di clown in quel momento, ma non me ne curai troppo.
Katsuki mi aveva chiamato perché in quel momento aveva bisogno di me e non potevo farlo aspettare.
Mi precipitai nella stanza dei miei genitori come una furia, accendendo la luce di colpo senza farmi troppi problemi.
<<Ma che... sei impazzita per caso?>> mi chiese mio padre, aprendo e serrando gli occhi di scatto per la luce improvvisa.
<<Papà, devi portarmi immediatamente in ospedale. Mitsuki Bakugou è al pronto soccorso, sembra una cosa grave, Katsuki mi ha chiamata>> spiegai in fretta e furia.
I miei genitori conoscevano molto bene la famiglia del ragazzo, complice la mia amicizia con lui in passato e le numerose volte in cui mi avevano accompagnato a casa sua e viceversa, quindi mio padre si alzò senza farselo ripetere due volte.
Mia madre fece per imitarlo, ma lui le fece cenno di fermarsi.
<<Lascia stare, Aiko, uno di noi dovrà essere lucido per andare in agenzia domani. La porto io>> la rassicurò lui.
<<Va bene. Ma chiamami se succede qualcosa, capito Tamura?>> chiese lei, fissando con serietà mio padre.
Lui annuii ed io battei impaziente il piede sul pavimento, sbuffando spazientita per i secondi preziosi che stavamo sprecando.
Uscii velocemente dalla stanza per permettergli di cambiarsi e aspettai in salotto sempre più agitata e irrequieta.
Mio padre si presentò trafelato e col fiatone tre minuti dopo e corsi a prendere le chiavi della macchina.
<<Lascia stare, quelle non ci serviranno>> disse lui.
<<E come pensi di arrivare all'ospedale?>> chiesi sospettosa.
<<Semplice: volando.>>

Era da tanti anni che non volavo aggrappata a mio padre, precisamente da quando avevo dieci anni e andavamo a divertirci tutti insieme su in montagna, ma non riuscii a godermi quel ritorno a passato.
Atterrammo davanti all'ospedale con discrezione pochissimo tempo dopo.
Lui non era tipo da sfoggiare le sue unicità per nulla, ma in quel caso aveva fatto un'eccezione.
Non mi premurai di aspettarlo ed iniziai a correre dentro, cogliendo di sorpresa un'infermiera per chiedere informazioni.
La giovane donna trasalì per lo spavento di ritrovarsi improvvisamente una ragazza di fretta e agitata come me davanti, ma si riprese velocemente. Evidentemente doveva essere abituata considerando il suo lavoro.
Chissà quante persone vedeva arrivare ogni giorno con la mia stessa espressione e quanta sofferenza assorbiva quotidianamente.
<<Il posto che cerchi è lì>> mi disse poi, indicandomi col dito un'ampia porta verde chiaro quindici metri avanti a noi.
La ringraziai frettolosamente e ripresi la mia corsa, portandomi dietro mio padre.
Non appena la varcai notai subito due figure inconfondibili sedute su delle scomode sedie grigie a ridosso del muro.
Masaru Bakugou era seduto con la testa tra le mani, evidentemente in forte pena per la moglie, mentre Katsuki alzò immediatamente la testa percependo il rumore della porta aprirsi.
Il suo viso si accese alla mia vista e corsi immediatamente da lui, inginocchiandomi alla sua altezza.
<<Che è successo? Come sta Mitsuki?>> chiesi apprensiva, afferrando le sue mani con forza.
<<Stavamo dormendo e abbiamo sentito un tonfo. Quando siamo andati a controllare l'abbiamo trovata in fondo alle scale priva di sensi e con la testa che sanguinava, deve essere caduta. Non sappiamo ancora niente>> mi spiegò lui con un tono di voce monocorde.
Quella che mi colpì di più fu la sua espressione sofferente, con gli occhi senza luce dentro e lucidi, come quelli di una persona che si trattiene con tutte le sue forze.
<<Dannazione, dannazione, dannazione>> ringhiò sottovoce, battendosi ritmicamente un pugno sulla gamba.
Avvolsi le mie braccia attorno alla sua testa e lo strinsi a me, incurante dei nostri genitori alle nostre spalle che parlavano tra di loro con tono sommesso.
<<Dai, dai. Ci sono io con te adesso, vedrai che andrà tutto per il meglio. Tua madre è una donna forte e starà bene>> gli sussurrai, accarezzando i suoi capelli in gesti lenti e calibrati.
Normalmente Katsuki non mi avrebbe mai concesso simili confidenze, ma mi lasciò fare. Inoltre con mia grande sorpresa mi afferrò per un braccio, tirandomi sulle sue gambe per abbracciarmi e affondare la sua testa sulla mia spalla.
<<Kacchan?>> chiesi stupita e imbarazzata dalla piega che aveva preso la situazione.
<<Non dire niente, fammi restare così>> bisbigliò lui, utilizzando un tono quasi di supplica che fece crollare tutte le mie difese.
Mi guardai velocemente intorno e non notai più le presenze dei nostri genitori nella stanza e aguzzando gli occhi notai le sagome delle loro teste oltre il vetro opaco di una delle porte laterali.
Evidentemente si erano allontanati per parlare di cose che non volevano far sentire a noi ragazzi o semplicemente volevano lasciarci privacy.
Quello mi diede più sicurezza e affondai di nuovo le mani tra i capelli morbidi e disordinati del ragazzo, accarezzandolo.
Lo sentii stringersi con maggiore bisogno al mio corpo e premere di più il viso contro la mia spalla.
<<Ci sono io qui con te adesso e non ti lascerò da solo>> sussurrai.
Katsuki non rispose e continuai a toccargli i capelli indisturbata, nonostante l'imbarazzante posizione di me seduta lateralmente sulle sue ginocchia.
<<Hai chiamato anche Kirishima?>> chiesi.
<<No, solo te>> rispose secco lui.
<<Vuoi che lo chiami?>> chiesi nuovamente.
<<No, mi basti tu>> disse lui.
La sua risposta mi meravigliò enormemente e anche lui sussultò, forse realizzando di aver davvero pronunciato quelle parole.
<<Intendevo che un rompiscatole è sufficiente, non voglio anche capelli di merda intorno. Questa stanza è troppo piccola>> si affrettò ad aggiungere, ritornando per un momento il Katsuki Bakugou di sempre.
Scossi la testa e tirai leggermente una ciocca dei suoi capelli.
<<Farò finta di crederci>> commentai.

ORSETTI GOMMOSI BALLERINI (oh, sono buoni, problemi?)
Non aggiornavo da qualcosa come dieci giorni e stavo vegetando un pochino troppo, anche se tuttavia credo sia un ritmo più adeguato rispetto a uno ogni tre giorni.
Come promesso ho dedicato questo capitolo a Bakugou, sperando di aver reso felici le persone che tifano per lui. Anche il prossimo capitolo lo metterà al centro dell'attenzione, sperando di fare cosa gradita.
Oggi ho un sonno che dormirei volentieri per 34 ore di fila, ma non posso e quindi mi limito a fissare il vuoto con sguardo vitreo.
Domani cercherò di trovare la voglia per aggiornare altro.
Non vi scrivo ventimila cose qui perché sono sono troppo pigra, ritenetevi fortunate.

Timeless (Bakugou/Todoroki x Reader)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora