Katsuki Bakugou camminava al mio fianco, lungo un viale percorso più e più volte nel corso della nostra vita. Era lo stesso che portava al parchetto dove avevamo passato buona parte della nostra infanzia, alla nostra vecchia scuola media e che dovevamo percorrere anche per andare al liceo.
Quel ragazzo era nella mia vita da che ne avevo memoria, anche se le nostre strade a un certo punto avevano preso due direzioni diverse, per poi ricongiungersi dopo tantissimi anni.
Dovevo il merito della nostra rinnovata amicizia a una testa rossa molto amichevole e che non avrei mai ringraziato abbastanza. Kirishima era riuscito a farci tornare amici, più o meno.
<<Quanti ricordi questo viale, eh? L'abbiamo percorso insieme un sacco di volte, talmente tante che ho perso il conto>> dissi.
<<Non mi interessano i tuoi momenti nostalgici>> rispose bruscamente lui.
Sospirai.
<<Senti, ma tu non ne hai abbastanza di fingere di non importartene mai di nulla e di fare sempre la parte del superiore? È inutile atteggiarsi tanto in mia presenza, perché lo so che anche tu hai emozioni e sentimenti, l'hai dimostrato più volte di quanto credi>> lo stuzzicai, ripensando a vari eventi successi nei mesi precedenti. Il più fresco risaliva alla notte del ricovero di sua madre, un momento dove avevo visto chiaramente sofferenza e un pizzico di debolezza nei suoi occhi solitamente sempre duri e impenetrabili.
<<Sono tutte stronzate, chiudi il becco una buona volta>> rispose semplicemente lui.
<<No, non sono tutte stronzate. Sei solo troppo orgoglioso per ammetterlo.>>
Bakugou si fermò di colpo, rivolgendomi uno sguardo capace di ardere una calotta di ghiacco nel cuore del circolo polare artico.
Tuttavia non mi lasciai intimidire dai suoi modi bruschi, ormai abituata al carattere del ragazzo, tanto da non darci più peso.
<<Lo sai che su di me certi sguardi e atteggiamenti non funzionano. Sono anni che li vedo e stai iniziando a diventare ripetitivo.>>
Il ragazzo mi afferrò duramente per un polso guardandomi con rabbia. Aveva l'aria di volermi dire qualcosa, ma poi sembrò ripensarci; semplicemente mi mollò bruscamente e riprese a camminare con le mani in tasca.
Capii di aver esagerato a provocarlo in quel modo e affrettai il passo per raggiungerlo.
<<Okay, ammetto di aver esagerato. È solo che tu mi fai arrabbiare certe volte, chiudi sempre la porta in faccia a tutti e impedisci alle persone di entrare nella tua vita. Tu sei molto più di questo, io lo so, me lo ricordo...>> dissi, abbassando la voce man mano che parlavo, persa nei ricordi d'infanzia. Ricordi dove era il mio migliore amico, ero cotta a puntino di lui e stavamo sempre insieme.
Mi mancavano un sacco quei giorni spensierati.
Il ragazzo mi ignorò e continuò a camminare, quindi per arrestare la sua avanzata mi aggrappai con la mano destra al bordo della felpa nera che indossava quel giorno.
<<Davvero... ti chiedo scusa>> ritentai <<posso farmi perdonare offrendoti dei dango teppanyaki belli piccanti?>>
Da bambino erano i suoi preferiti e cercai di fare leva su quelli, sperando di destare ancora il suo interesse. In passato li avevo usati molte volte come escamotage per scusarmi con lui.
Erano passati tanti, troppi anni, ma forse potevano ancora funzionare.
Katsuki arrestò il passo, ma rimase in silenzio per diversi secondi, forse per valutare la mia offerta.
<<Da Okada?>>
<<Da Okada>> confermai.
Okada per il piccolo locale della nostra infanzia, dove molte volte eravamo andati per mangiare i dango. Io da bambina sceglievo sempre i bocchan, mentre lui i dango teppanyaki.
Una volta erano come una nostra piccola tradizione e a quei ricordi sentii il cuore stringersi leggermente in un morsa nostalgica.
Avevo sofferto molto in passato per la fine della nostra amicizia e ci avevo messo un anno per accettare la realtà di non essere più sua amica. Adesso le cose erano cambiate e ne ero felice, anche se non si poteva ancora parlare minimamente di un vero e proprio ritorno al passato. Di fatto non eravamo tornati nemmeno un po' alla complicità e all'intensa dell'infanzia, ma stavamo compiendo passi da gigante.
Me ne ero resa conto quando aveva chiamato me per raggiungerlo al pronto soccorso, me. E me lo stava continuando a dimostrare.
Anche quel giorno infatti ero in sua compagnia da diverse ore.
Dapprima era passato a prendermi a casa mia sotto mia richiesta, brontolando in merito, poi eravamo passati in ospedale per far visita alla madre (restando lì quasi due ore) e adesso ci apprestavamo a mangiare qualcosa insieme.
<<È da un po' che non torno da Okada, non vedo l'ora di mangiare dei buonissimi...>>
<<Bocchan dango, porzione doppia, con una tazza di tè verde al gelsomino, bollente>> concluse lui meccanicamente.
<<Te lo ricordi ancora? Sono stupita, sono passati 8 anni dall'ultima volta che siamo stati lì insieme...>> mormorai <<e poi come facevi ad essere sicuro che preferisco ancora questo e che non ho cambiato gusti?>>
<<Perché tu hai sempre le stesse abitudini, non le cambi mai. Metti sempre un sacco di zucchero, quando ti allacci le scarpe le stringi sempre troppo come una stupida e poi fai fatica a scioglierle, spesso quando scendi le scale rischi di cadere perché hai sempre troppa fretta di arrivare in fondo, metti un sacco di ciondoli alle chiavi di casa perché fai fatica a trovarle nello zaino e sei sempre una rompiscatole>> rispose lui, facendomi alzare gli occhi al cielo per le sue ultime parole.
<<E pensare che eri andato benissimo quasi per tutto il tempo, ma poi ti sei rivelato lo stesso Kacchan di sempre, il solito brontolone>> risposi.
Camminammo per qualche altro metro e poi aggiunsi: <<E comunque sono colpita, mi fa piacere sapere che ricordi ancora tutte queste cose, grazie>>.
Lui non rispose.Da Okada il tempo sembrava come essersi fermato.
Il locale era stato ristrutturato molte volte e le pareti mostravano un colore di pittura ben diverso dall'arancione pastello dei miei ricordi, ma il profumo che ti accoglieva all'ingresso era rimasto lo stesso nel corso degli anni, così come i sapori. Quelli erano rimasti immutati.
Katsuki era davanti a me che mangiava l'ultima parte della sua doppia porzione di dango teppanyaki, impassibile nonostante il grado di piccantezza della versione da lui scelta.
Era strano essere lì faccia a faccia con lui dopo così tanto tempo e ne ero molto felice.
Tutto sommato quel pomeriggio in sua compagnia stava passando nel migliore dei modi e non era una cosa scontata considerando il suo caratteraccio repellente per molte persone di nostra conoscenza.
Io lo trovavo un ragazzo fantastico. Certo, rispondeva male ogni due per tre senza nessuna esitazione. Ma di contro aveva un senso della giustizia da fare invidia, quando la situazione lo richiedeva non esitava ad aiutare i suoi amici (seppur celando tutto coi suoi metodi barbari ed etichettando il suo aiuto solo come una coincidenza) e possedeva un cuore enorme, seppur invisibile agli occhi degli altri.
Era davvero un bravo ragazzo, ma ormai era come ostaggio del suo stesso carattere. Per anni infatti si era comportato in modo burbero e ad oggi la sua fitta rete di orgoglio gli impediva di godersi tutti i bei momenti che la vita gli metteva davanti.
A volte i suoi sentimenti positivi cercavano di emergere attraverso la spessa coltre da lui stesso costruita, ma li soffocava subito. Se ne vergognava. Odiava mostrarsi debole, odiava far vedere agli altri le sue emozioni. Eppure c'erano, c'erano ed erano molto intense.
<<Posso assaggiare?>> chiesi all'improvviso, notando il suo ultimo spiedo ancora intatto <<solo una pallina ovviamente, in cambio ti offro una delle mie.>>
Normalmente Katsuki non si prestava a determinati scambi amichevoli o simili iniziative, ma inaspettatamente spinse il suo piattino in avanti.
<<Mangio quella all'uovo però>> rispose categorico, prendendo senza esitazioni il mio spiedo.
<<Prendila pure, anche se è la più buona>> risposi, addentando una delle palline del suo dango teppanyaki.
Subito sentii la mia bocca andare a fuoco e mi affrettai a prendere un sorso del mio tè al gelsomino, a costo di scottarmi la lingua.
<<Dannazione, ma hai la lingua ricoperta da cemento? Brucia come l'inferno.>>
<<Non è affar mio, sei tu che hai voluto assaggiare>> rispose lui, restituendomi le due palline residue e togliendomi lo spiedo piccante dalle mani <<anche quando eri una mocciosa ci cascavi sempre.>>
Sentirlo parlare del passato mi fece immediatamente alzare gli occhi nella sua direzione. Mi faceva piacere ricordare quei momenti, soprattutto adesso che era lui a rimembrare il discorso.
Colsi al volo l'occasione.
<<Ricordi dove andavamo tutte le volte dopo aver mangiato i dango qui?>>
<<Non ho la memoria corta come la tua.>>
<<Che ne dici di farci un salto? Così... per vedere cos'è cambiato dall'ultima volta>> proposi, ignorando il suo insulto.
Bakugou rispose semplicemente alzando le spalle in un gesto spiccio e interpretai la cosa come un cenno positivo.
Sorrisi.
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Timeless (Bakugou/Todoroki x Reader)
أدب الهواةQuando la vita di una ragazza è tutta una menzogna. Todoroki x Reader/ Katsuki x Reader