Capitolo 43

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"Jon mi lasci la macchina e poi te la riporto domani?" Chiede Liam, il mio fratellastro annuisce un po' titubante "così puoi accompagnare Rebeccah" intervengo io, tutti e tre mi guardano in un modo che neanche riesco a capire, come se avessi detto una cosa troppo ovvia ma che era meglio tenere coperta "va bene, nessun problema" i miei due amici se ne vanno e io con difficoltà porto le prime tre buste, arrivo in camera e le appoggio, faccio per tornare giù a prendere le altre ma Jon compare dalla porta con il resto della mia "spesa" devo dire che è alquanto buffo e mi scappa un piccolo risata, ma mi pento amaramente subito dopo, "ah ora mi prendi anche in giro?" Non ce la faccio più e rido, per quanto cerchi di stare lontana da Jon, cosa molto difficile, lui riesce a farmi sempre sorridere, nonostante io non voglia, perché questo gli darebbe qualche falsa speranza di un allacciamento del rapporto, cosa che io, per ora, non sono ancora disposta a offrire visto il mio intento. Smetto subito di ridere e lo ringrazio, aspettando che esca, lui come se mi avesse letto nel pensiero, se ne va, tutta la serata la passo a sistemare la roba nelle valigie, Rebeccah ha comprato alcune cose davvero inutili, ad esempio? Un puzzle, dicendo che se mi sarei annoiata avrei potuto farlo e poi regalarglielo, si è innamorata della rappresentazione del puzzle, tre cavalli bianchi che corrono in riva al mare, lei non è una persona molto paziente a differenza mia, quindi avevo deciso di farglielo, ma non a Las Vegas, non voglio fare puzzle in albergo, mentre c'è tutta la città da esplorare. Mi arriva un messaggio nel telefono e lo prendo subito per leggere, -Alexander-
Hei sorellastra! Sono venuto a sapere che partirai a Las Vegas, volevo dirti che se vuoi puoi passare a casa e berti un caffè, mi farebbe piacere, mi raccomando con le tue amiche! A parte gli scherzi, sappi che sono da quelle parti e mi farebbe piacere incontrarti
Rimango estasiata al pensiero che dovrò rivedere il caro e vecchio Alex, visto che da l'ultima volta è passato un bel po' di tempo, e ci ero rimasta male, anche se avrei dovuto aspettarmelo visto la sua "indole" da viaggiatore.

Ho ignorato per due giorni Jon, ci sono riuscita e sono fiera di me, per quanto facesse male, ci sono riuscita. "Fai la brava" saluto tutti compreso Jon, ad aspettarmi fuori dal cancello c'è un pulmino a fiori con dentro alcune delle mie compagne, metto i bagagli nel cofano e le saluto, tutte mi saltano a dosso per salutarmi "pronte?" Urla Veronica e tutte insieme rispondiamo con un "si" urlato a squarciagola, il povero autista parte comprendendo che forse, dovrà sorbirsi tutte le nostre urla e schiamazzi, essendo solo le sette di mattina mi metto gli auricolari e mi appoggio allo schienale del sedile, piano, piano la mia testa scende fino ad appoggiarsi al vetro e a quel punto, immersa da mille fantasie, mille rimorsi e dal troppo sonno, gli occhi si chiudono.

Vengo scossa pesantemente "svegliaa!" Apro gli occhi si scatto trovandomi a stretta distanza con la faccia Rebeccah "finalmente! Ma tu dormi sempre?" Mi scappa un sorriso, a quanto pare ho dormito tutto il tempo in cui abbiamo raggiunto le altre nostre compagne, vedo le ultime ragazze portare giù le valigie e mi muovo anche io a portarle giù dal pulmino insieme a Rebby, abbiamo tutte delle grandi valigie, ci dirigiamo al interno del secondo bus, quello che ci porterà direttamente a Las Vegas, visto che il primo bus era stato affittato da Amy per passare a prendere tutte noi. Ho sempre voluto andarcene a Las Vegas e ora che sto per farlo non riesco ancora a crederci,  togliamo le valige dal piccolo pulmino e le riponiamo tutte nel grande pullman tinteggiato interamente con i colori della nostra scuola saliamo i pochi gradini che ci sono e prendiamo posto, mi siedo il posto del lato finestrino, a fianco a me ho una ragazza di nome Michelle. Subito metto gli auricolari e appoggio la testa nel finestrino, mentre guardo le nuvole penso, penso al fatto che essermi innamorata del mio fratellastro è una cosa del tutto sbagliata, ma come dice il detto: al cuor non si comanda. E solo ora che mi sono innamorata riesco a comprendere come questa frase seppur così semplice sia così profondamente vera. Il viaggio dura solo quattro ore di macchina e siccome ho dormito nel altro pulmino, questa volta non riesco a chiudere occhio, vedo le macchine sfrecciare l'una a fianco al'altra, il sole è splendente e rimbalza sui finestrini delle auto in corsa, vedo i ciuffi d'erba spuntare tra le piccole crepe del asfalto, i campi in lontananza con qualche animale pascolare, siamo alla periferia di Las Vegas quindi mancano solo due ore per arrivare a destinazione. Decidiamo di fermarci per sgranchire le gambe e mangiare qualcosa, Amy, che come al solito è preparata per qualsiasi occasione, prende una cartina e comincia a cercare il prossimo bar, dista a solo quattro minuti da dove sono ora, l'autista riparte e inizia la gara "chi riesce a vedere prima il bar", la prima a vederlo è una delle ragazze che di solito ha il compito di prendermi dopo i lanci quando ci solo le gare o gli allenamenti, si chiama Kenny, "eccolo! l'ho visto! gira! gira ora!" riesce a superare il volume dei miei auricolari che sono abbastanza alti.

Vado alla cassa per ordinare "allora mi potrebbe dare, un caffè, un cornetto ripieno di nutella e due pacchi di patatine?" la ragazza segna tutto e mi porge lo scontrino "allora vai dal mio collega e fagli vedere lo scontrino" annuisco e dopo aver preso lo scontino mi dirigo dal ragazzo, che potrà avere più o meno la mia stessa età, "scusa!" visto che il bancone è troppo alto mi metto in punta di piedi, ma essendo veramente troppo alto riesco ad appoggiare solo il mento, "scusa!" ripeto di nuovo in modo da farmi sentire, "scusa non ti avevo vista" lo guardo male e dopo aver capito di avermi appena dato involontariamente dalla nana quasi gli scappa da ridere ma si trattiene "cosa posso darti?"gli porgo lo scontrino e dopo averlo letto si mette al opera. "come mai siete a Las Vegas?" mi chiede nel frattempo che il caffè scende nella tazzina, "stiamo facendo un viaggio che dura due mesi, tu sei di qui?"  il ragazzo annuisce e mi porge il caffè e il mio cornetto caldo, mi inebrio del profumo e inizio a morderlo, "si sono nato qui, questa è un attività di famiglia", mentre parla vedo che si è affacciato dal bancone in modo da vedermi in faccia, "FINITE VELOCEMENTE DOBBIAMO RIPARTIRE!" sento urlare a Veronica, finisco di bere il mio caffè e lo saluto "chissà magari ci incontriamo in un altra occasione" dico al ragazzo, "speriamo" faccio per andarmene ma la sua voce mi frena "come ti chiami?" gli sorrido e mi volto "Rechel"  mi volto di nuovo e inizio a camminare "io Kevin" continuo a camminare e salgo nel pullman, subito invece di Michelle mi si affianca Rebeccah "mm vedo che hai fatto colpo" mi tolgo gli auricolari dal orecchio che oramai sono un tutt'uno con il mio corpo, "ma che dici, abbiamo solo chiacchierato" si appoggia alla mia spalla e io mi rimetto gli auricolari ma prima che azioni la musica le sento dire "come vuoi tu" lascio stare visto che non voglio continuare sul argomento, tanto so a dove andremmo a parare. Jonathan.

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