5.Sola! || ✓

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Sono passate due settimane esatte da quando non sento più Jerry.
Che non lo trovo a prepararmi la colazione, che non lo trovo a darmi consigli.
Oppure, semplicemente, a farmi da spalla destra come al suo solito.
È come se avessi un buco allo stomaco, più di quelli che mi porto appresso, ogni giorno.
E vorrei piangere, ma non ci riesco.
Ho gli occhi che mi bruciano, ma solo per via del sudore che sto buttando a causa dei pugni che sto dando al mio sacco da boxe.

Mi ha abbandonata.
Come tutti gli altri.
Mi ha lasciato da sola.
A seguire delle lezioni che nemmeno mi interessano ma che li seguo, solo per sentirlo più vicino.
È patetico detto da parte mia, ma che posso farci? Era l'unica persona a cui ho donato la mia anima dannata.
Ho dato la mia pietra sapendo che lui era l'unico in grado di scalfirla.
Ma è okay no?
Da sola sono abituata a stare, so cavarmela.
L'ho fatto quando mia madre è andata via, quando mio fratello e mio padre mi usavano come il loro giocattolo porno personale.
Ce l'ho fatta da sola allora, ce la farò anche adesso.

Sospiro profondamente e mi fermo, andando a bere un sorso d'acqua per riprendermi.
Prendo l'asciugamano appoggiata allo schienale della sedia, e mi asciugo la fronte imperlata di sudore.
Mi guardo attorno e sorrido, la palestra è stata un'idea di Jerry.
Diceva che dovevamo metterci in forma dopo tutte le schifezze "normali" che avremmo potuto mangiare.
Ha fatto mettere un sacco da boxe, dei pesi, degli attrezzi di cui non so il nome, ma che li usa soltanto lui.
Ma quando guardo le mie mani nude, piene di lividi e nocche sbucciate, non posso fare altro che tornare alla cruda realtà: mi ha abbandonata.

Scuoto la testa e torno in cucina a prepararmi un panino, fra meno di mezz'ora devo andare a lezione di.. cos'era? Filosofia? Ma che razza materia è?
Ma tralasciando ciò, ho il tempo di farmi una doccia e mangiare velocemente una mela.. quindi, niente panino.
Appena entro in cucina, mi blocco di colpo.
Jerry è lì, seduto sullo sgabello alto della penisola.
La sua solita postura dritta, la faccia seria e la mascella contratta.
Gli occhiali scuri che coprono i suoi occhi quasi chiari, il suo giubbotto di pelle nera che fascia perfettamente le sue larghe spalle.
Sorrido spontaneamente, ma quando si gira a guardarmi, il sorriso mi muore sulle labbra.

«Non c'è niente da sorridere, abbiamo una consegna da fare.
Sono venuto perché il superiore ci vuole insieme, ha sempre detto che siamo un'ottima squadra.
Ho semplicemente riferito che dopo questa missione, andrò via.» annuncia, glaciale.

«Okay..» mormoro.

Alza gli occhiali e li posiziona sulla testa, il suo sguardo saetta velocemente alle mie mani insanguinate.
D'istinto, le porto dietro la schiena.

«Vado a farmi una doccia.. ho lezione fra poco.» annuncio,iniziando a indietreggiare.

«Iris, sent-»

«No!» lo blocco prima che potesse finire la frase.
«È giusto così, non vuoi casini e io sono uno di loro.
Va bene, sul serio.. ci vediamo stasera. Alle 23:00, buona giornata.»

***

La chiacchierata che avevo avuto poche ore prima, con Jerry, mi ha fatto diventare un po'apatica.
No okay, lo ero sempre stata a dire il vero.. ma, adesso che lui aveva deciso di abbandonarmi, potevo pensare a me stessa.
Di trovare un modo per non essere arrestata dai cornuti ad esempio.
Oppure, direttamente a vivere.
Lui, farà la sua vita, ed io la mia.

Al suono della campana, sistemo tutto il materiale nella borsa a tracolla ed esco dall'aula.
Mentre cammino fra i corridoi, diretta al bar, guardo i miei piedi e penso che tutta la mia vita ormai non ha senso.
Ma la fortuna non è dalla mia parte, visto che sbatto contro una ragazza e ovviamente,cade lei.
Alzo lo sguardo e riconosco la chioma castana di Denise Reed.
Sorrido perfida.

«Se non provassi ad intralciare il mio cammino ogni volta, adesso ti darei una mano ad alzarti.» dico, ridendo sotto i baffi.

«A dire la verità..» inizia, alzandosi a fatica e sistemandosi il vestito bianco, lungo fin sopra le ginocchia.
«Stavo proprio cercando te.» prosegue.

Ed è lì che le rido in faccia, piegando la mia testa all'indietro.
Quando la smetto, sotto il suo sguardo confuso, mi schiarisco la voce e torno seria.
«Me? -mi indico- Stavi cercando me? La ragazza a cui, poche settimane fa, stava prendendo in giro il nome di battesimo e per di più, anche la litigata con il mio amico?» chiedo scettica, alzando un sopracciglio.

«Okay, abbiamo iniziato con il piede sbagliato..» sbuffa, guardandosi intorno.
«Andiamo al bar a pranzare? Magari ti racconto anche il perché.» aggiunge.

Faccio spallucce e annuisco.
Mentre camminiamo, la guardo di sottecchi.
Pelle olivastra, labbra carnose, occhi a mandorla.. la solita bambina di papà.
«Il carabiniere cattivo e quello buono, dove sono?» chiedo.
«Ah no, scusa.. le guardie del corpo, volevo dire così.» aggiungo divertita, dai suoi fratelli che le ronzano attorno ogni volta.

«Oh, Logan e Neil. Si, beh.. sono molto protettivi con me.
Ma tranquilla, non è una cosa personale, sono sempre così con gli sconosciuti.» ride leggermente.

«Peccato che non sono una sconosciuta nella tua famiglia.» aggiungo, camuffando le parole con la tosse.

Si gira a guardarmi stranita e confusa.
«Che hai detto?»

«Che hai una borsa fantastica.» rido nervosamente.

«Beh.. ehm.. grazie?»

Arrivati al bar, ordino un sandwich con lattuga, pomodoro e mozzarella e come Bibita, una semplice bottiglietta d'acqua.
È vero che amo mangiare, ma non siamo sabato e nemmeno domenica.
E Jerry non è con me..
Dopo aver preso le nostre ordinazioni, prendiamo posto a un tavolo in fondo al bar.

«Allora, illuminami di perché.» rompo quel silenzio fastidioso, dando poi un boccone al mio sandwich.

«Stavo dicendo prima che, mi dispiace sul serio per quello che è successo ultimamente.
Sei nuova e sola...»

Non la stavo ascoltando più.
Mi ero fermata a sola.
Era la semplice e pura verità.
Ero sola più che mai.
E l'unica compagnia che avevo, mi ha lasciato nel bel mezzo della mia esistenza sporca e dannata.
Sola.
Sola.
Sola.
Sono e sarò così per sempre, sola.
Come un cane abbandonato in strada.
Come un barbone seduto sul marciapiede, sopra un cartone in cerca di soldi.
Come una pazza dentro un manicomio e nessuno la va a trovare.
Come me.

«Mi stai ascoltando?» Denise, mi toglie via dai pensieri.
«H-h-ai del san-n-ngue che ti esce da-a-al
palmo.» balbetta spaventata.

La guardo confusa e abbasso gli occhi sulla mia mano, stretta a pugno, con le nocche bianche e le unghie conficcate nel palmo.
Vorrei dirle semplicemente: 'ti presento il mio mostro. Si chiama rabbia'
Ma non posso confidarmi con nessuno, non c'è più nessuno con me.
Quindi annuisco e faccio spallucce, alzandomi e lasciando una banconota di dieci dollari sul tavolo.

«È vero comunque..» dico prima di andarmene.

«Cosa?» sussurra lei, ancora scossa e confusa al tempo stesso.

«Che sono sola, ma sto bene così.» aggiungo.
Le do così le spalle e proseguo verso l'uscita di questo dannato college.

I'm Scared || COMPLETA - IN REVISIONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora