37. Fine. || ✓

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Un anno fa

Caccio un urlo agghiacciante che si disperde nell'eco della stanza.
Mi tappo il naso per non fargli respirare tale puzza e gli occhi per non far guardare questo teatrino del cazzo, non accettato.

Cosa cazzo ci fa la testa di un bambino davanti ai miei occhi?
Chi potrebbe mai fare del male così atroce a una persona così pura e ingenua.. chi?

Respiro affannosamente e con uno scatto forzato chiudo con il coperchio la scatola degli orrori.
Chi cazzo sapeva del mio ritorno qui? Chi?
Jerry è disperso e forse ancora ferito.
I fratelli Reed staranno ridendo e mangiando torte del cazzo con la loro mammina a Dubai.

Non ho nessuno qui.
Ma la cosa che mi fa accapponare la pelle è la testa di quel bambino dentro la scatola.
Al posto degli occhi a due grossi bottoni di colore diverso attaccati alle sopracciglia tagliate malamente.

«Non.. non può essere..»

Parlo sola ancora una volta, trovandomi difronte ad un muro più grande di me.
A piedi nudi corro verso la stanza all'interno del garage fiondandomi dentro e chiudendomi a chiave.
Mi guardo intorno frenetica in cerca di domande e risposte ma non trovo nulla.

Dal tavolo in legno bianco prendo la matita dal portaoggetti e la lego tra le ciocche di capelli lunghi e bruciati.
Apro il PC con un gesto così brusco che il tasto "invio" salta e cade ai piedi.

Me ne fotto e cerco la cosa più ovvia su Google: bambino morto.

Che cazzo scrivo?
Che chiedo?
Ci saranno migliaia di bambini morti,no?

E la risposta la trovo, trovando immagini di giornale su bambini e ragazzi morti durante incidenti stradali o per via di malattie.

«Porca merda.» grugnisco.

Cancello la frase e ne scrivo un'altra, più sensata: bambino morto senza testa.

E la me interiore mi prende per il culo.

Ma siamo in Harry Potter e la cosa del cazzo che me ne frega?

Cancello ancora e scrivo cose che non hanno senso o che non esistono: Seattle, bambino morto.

Bambino senza testa, morto.

«CAZZO!» sbraito tirando un pugno sulla scrivania.

Ma poi, come una luce in mezzo al buio, l'argomento più fresco e nuovo mi è arrivato davanti agli occhi.

Francesco Biaggio. Morto il 23 dicembre 2018 nei pressi della scuola Pascoli, Roma.

Il bambino dodicenne, stava tornando a casa dopo una lunga giornata scolastica.
Da ciò che si dice, il soggetto non ha mai avuto amici ed è stato vittima di bullismo sia fisico e che verbale.
Ma il bambino, non tornò a casa: fu ucciso con tre colpi di pistola al cuore e la testa decapitata che ancora non si sa dove.
Il corpo bruciato e le ceneri davanti la porta di casa della famiglia della vittima racchiusi in una scatolina portagioie.

Le indagini sono in corso e il primo sospettato è Carlo Viareggio, compagno e bullo del piccolo Francesco.
Presto, la giustizia sarà fatta.
Inoltre, la mamma, organizzerà il funerale nei pressi della chiesta "Santa Marta" in piazza, giorno 24 dicembre 2018.

La mia bocca si apre sconvolta senza fare uscire una parola.
Impossibile, mi dico.
Mi allontano come scottata e mi passo il palmo sinistro in faccia, arruffandomi i capelli.

«Quanto vorrei piangere per te.» mormoro alla fotografia che rappresenta il bambino.

La accarezzo con il polpastrello come se fosse qui e mi sento tremendamente in colpa per lui.

Perché uccidere un bambino, così vicino a me, in un modo così brutale.
Cosa c'entra tutto questo? Cosa?
Che vogliono da me? Perché io?

Il neo sotto l'occhio marrone, lo rendeva un bambino bellissimo.
E le labbra un po' carnose mi fecero pensare che da grande, potesse avere tutte le donne che voleva.. compresa me.
Sorrisi al ricordo della nostra discussione.

«Iris, non fare la bambina! Prendi quel cazzo di gelato e andiamo a casa, su!» mi ordinò Sam.

Alzai gli occhi al cielo e andai a prendermi il dolce, aspettando che la stupida fila scalasse.
Dopo 4 minuti esatti, mi sentì osservata e seguì quella scia fino alle mie gambe dove si trovava un bambino dall'aspetto mozzafiato e imbronciato.

«Cos'hai sulle braccia?» mi chiede ingenuo.

Sgranai gli occhi e ingoiai con forza il grande groppo in gola: «Sono caduta dall'albero.» dissi come una filastrocca.

«Oh!» la sua bocca carnosa si trasformò in un cerchietto perfetto.
«Sei bella comunque.»

Alzai un sopracciglio scettica e lo ringraziai ugualmente.
Presi poco dopo il mio gelato ai frutti di bosco e me ne andai.
Ma una mano, si strinse una manina ai miei jeans e calai dinuovo gli occhi.

«Non andartene.»

«Senti bimbetto..» mormorai, staccando con forza quella mano.
«Io devo andare, sennò papà si arrabbia.»

Lui alzò un sopracciglio e scuose la testa: «Allora non andare. Tu non sei felice.»

Il mio cuore perse un battito e mi guardai intorno, dove alle spalle vidi Sam che con un cenno mi ordinava di seguirlo.

«Va bene vai, perché ho paura anch'io.
Ti prometto che ti porterò via -rise- e ti sposerò quando sarò grande.»

Non feci in tempo a rispondere che Sam, mi prese per un braccio e mi portò via, lontano da lui.

«Dobbiamo mettere la parola "fine" a tutto questo bordello, amico.» parlo alla foto, cosciente che non mi risponda.

I'm Scared || COMPLETA - IN REVISIONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora