38. Lo prenderemo. || ✓

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Guardate lo spazio autrice a fine capitolo, è importante!

Un anno fa

Soffitto bianco e insonnia: sono queste le cose che mi fanno compagnia alle quattro del mattino del 26 aprile 2018.

Come al solito, rivivo come un film le scene del corpo inerme di mia madre.
Scuoto la testa contrariata e mi alzo a fatica dal letto e mi incammino fino al piano di sotto, in cucina.
Prendo un bicchiere d'acqua per rinfrescarmi e i miei occhi vengono attratti come calamita alla scatola che ho ricevuto ieri.

Francesco..

Faccio un sorrisetto laterale immaginando già chi l'abbia ucciso.. o forse no?
Ma poi perché? Perché lui e perché mandarmi come souvenir la sua testa?
Che motivo c'è? Come collegamento avevo soltanto una discussione tra una sedicenne e un bambino di dieci anni.

Era importante.

E la mia coscienza si fa viva nel momento meno inopportuno.

La luce dei lampioni, fa una scia di luce che arriva al tavolo e illumina la scatola come se fosse stata mandata dal Padre Eterno.
Corrugo la fronte pensierosa dopo aver messo il bicchiere di vetro nel lavabo.

Uova, chiave, testa, morte...

Che collegamento contorto c'è?
Tornare a casa.. ma quale casa che io non l'ho mai avuta dopo la morte di mia madre?
Dove? Quando e perché?

«Ho bisogno di bere.» esordisco.

Salgo in bagno a farmi una doccia veloce e mi vesto con una tuta: i capelli li lascio bagnati e li lego in una coda che nascondo dentro il cappuccio della felpa che indosso.
Riscendo al piano inferiore e prendo soldi e chiavi poi esco dritta chissà dove a piedi.

Arrivo da Burn's, un locale dietro casa, ricoperto di gente che si ubriaca giorno e notte ma non mi lamento: hanno dell'ottimo alcool.

Spingo la porta in vetro ed entro sicura di me, abbasso il cappuccio e mi avvicino al bancone dove si trova un ragazzo moro dalla carnagione scura.

«Del Jack Daniel's.» esordisco, schioccando le dita.

Il ragazzo si gira, mi guarda dalla testa ai piedi alzando un sopracciglio: «Hai almeno 21 anni?»

No, ne ho 19 appena compiuti.

«Si, appena compiuti. Non sarei qui, sennò!»

Mi guarda esitante ma poi prende la bottiglia di whisky e versa il contenuto in un bicchierino di vetro.
Quando me lo porge, lo scolo immediatamente e neanche il tempo di fargli posare la bottiglia che gliene chiedo un altro e un altro ancora.

«Ragazzina, non credi di esagerare? Potresti ritrovarti attaccata al pavimento!»

I miei occhi inespressivi si scagliano su di lui: «Ti attacco io al crocifisso, stronzo!» biascico, uscendo dal locale senza pagare.

Cammino fino a casa con la testa un po' più leggera, quando arrivo davanti alla porta, un cartellone bianco è incollato su di essa: un due tre, guarda sotto cosa ho per te:
Accompagnato da una freccetta che indicava in basso dove trovo un vecchio carillon.

La mia mente e il mio corpo torna lucido in un lampo e mi guardo intorno spaesata ma non trovo nulla di strano.
Strappo il foglio e prendo l'oggetto, entrando in casa, chiudendo tutte cosa per bene.
Salgo in camera a cambiarmi e a mettermi il pigiama senza fiatare e a pensare chi cazzo è che vuole torturarmi in questo modo.

Sbuffo incazzata e mi metto sulle coperte, chiudendo il telefono e provo a dormire.
Morfeo, mi accoglie subito ma mi lascia immediatamente.
Mi sveglio con il cuore in gola, tutta sudata e mi guardo attorno come se qualcuno mi osservasse.
La finestra è aperta e sono sicura di averla chiusa al 100%.

Mi alzo e la richiudo, mi lavo la faccia e torno a letto non riuscendo più a dormire e a non togliermi quel senso inquietante addosso.
C'è qualcosa che non va.
Mi alzo di nuovo dal letto, scaravento il materasso dall'altra parte della stanza e prendo la pistola attaccata per bene alla rete.
La impugno e la carico, ricordandomi giusto che è carica.

Mi affaccio dalla camera e non capto nessun movimento, guardo in tutte le camere del piano di sopra ma non c'è nulla di strano.. ancora!
Scendo lentamente le scale, trovandomi in soggiorno dove la luce è accesa e illumina il carillon riposto sul tavolino in cristallo.

«Bastardo, se sei ancora qui fatti vedere.» ringhio come un cane.

Mi guardo da tutte le parti, ma nulla.
Nessun rumore, nessun...
E invece? La pianta messa all'angolo vicino alla tenda, mi fa intravedere un colore diverso come se fosse un pugno all'occhio.
Faccio finta di niente per il momento così mi avvicino al carillon e lo scaravento a terra, rompendolo.
Nessun sussulto, però è ancora lì.
E qualcosa mi dice che sa, che io so.
Senza altri giri di parole, corro verso quella direzione ma la pianta mi finisce sul piede e bestemmio in italiano come una pazza.

«Porco d. Bastardo, vieni qua!» sbraito.

Scappa verso il retro dove lo attende Danger come un re che appena capta il pericolo, si stacca dalla catena come fosse niente e rincorre quel figlio di puttana.
Ma è troppo tardi, lui ha già scavalcato la staccionata.

Impreco stringendo i denti e urlo con tutto il fiato in gola.
Se non mi trovassi mezza nuda, a quest'ora lo avrei preso.
Danger, sbuffa dal naso incavolato di non avere carne fresca nemmeno stasera e mi lancia un'occhiata, tornando al suo posto con le zampe davanti incrociate e la testa su di esse.
Mi avvicino e gli dò un bacio sul muso.

«Stai tranquillo, lo prenderemo!» mormoro.

E lo giuro.
Su di me.
Sulla mia cazzo di vita, che lo farò!

»spazio autrice

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