Capitolo 1

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'E quasi angoscia che adesso sembra

Mortale, in confronto al perderti, non

Sembrerà uguale'

William Shakespeare


Calligaris era in istituto per parlare con Anceschi del caso. Visto che Conforti era rimasto in ospedale tutto il giorno precedente e aveva chiesto al Supremo di dargli un giorno di permesso. Stavano guardando insieme degli esami, erano dei referti balistici sul proiettile che aveva colpito Alice e poi stavano esaminando alcune tracce lasciate dalla motocicletta degli assassini.

"Ci..." si schiarì la voce della persona alle loro spalle "...Ci sono...novità?!" chiede, le mani in tasca, la testa china e il volto di chi aveva passato una notte insonne.

"Claudio?!" gli vanno subito vicino, dimenticandosi di quello che stavano facendo "Che ci fai qui? Alice sta bene?!" gli chiedono.

"E' stabile, ancora non si sveglia" risponde, era doloroso quell'argomento ed era andato in istituto per potersi sentire utile. Si, perché si sentiva inutile in quel momento e l'unico modo per poter aiutare Alice era capire chi l'avesse ridotta in quello stato.

"Che ci fai qui? Dovresti andare a casa a riposare" gli dice Giorgio.

"DECIDO IO COSA FARE E DOVE ANDARE!" lo guarda male, poi si passa una mano tra i capelli "Scusami Giorgio...perdonami"

"Non fa niente" gli assicura "Il proiettile che ha colpito Alice..." gli passa un foglio "...proviene da un'arma usata in un altro crimine" lo informa.

Claudio legge velocemente i risultati e tutto quello che è annesso a quella traccia.

"Che caso?"

"Di una rapina...qualche settimana fa, in centro...stesso modus operandi" risponde Roberto "Due in motocicletta, una rapina di pochi minuti e poi via...prima di scappare, però, hanno sparato ad un passante, a quanto pare aveva cercato di fermarli, senza sapere che quelli erano armati!"

"E questo testimone dov'è?" chiede, appoggiando il referto sul tavolo e guardando Calligaris.

"Visone mi ha appena comunicato che è deceduto in ospedale, la ferita riportate era più grave del previsto" risponde con rammarico.

"E Alice che c'entrava in tutta questa storia? Perché hanno sparato a lei?!" gli chiede, sembra non capire perché in ospedale ci fosse finita lei.

"Probabilmente non era il bersaglio designato" gli spiega Roberto "Forse i due motociclisti volevano colpire me o Sergio, con Alice non ci siamo incontrati più per questioni lavorative" le cose potevano quadrare. In effetti quante probabilità c'erano che degli assassini finissero nello stesso posto dove si trovano un magistrato e un ispettore della questura?

"Spero possiate trovarlo e sbatterlo dentro!" dice con rabbia, mentre stringe un pugno.

"Ti assicuro che sarà così" lo sguardo di Calligaris gli esprime tutta la sua determinazione a farle giustizia. In qualche modo, lui gli era più legato di quanto avesse potuto pensare Claudio.

Entrato nel suo ufficio, si tolse la giacca. Rimanendo con la camicia e il panciotto. Fece il giro della scrivania e si appoggiò con le mani sul pianale. Gli occhi chiusi e rossi. Non per la stanchezza, ma per il dolore.

"Voglio conoscere i tuoi genitori!" gli ritornò in mente la conversazione che stavano tenendo prima dei tutto quel disastro. Le lacrime iniziarono a rigargli il viso senza che se ne rendesse conto.

"Io ci credo nell'amore vero! Ci credo nell'amore che dura una vita!!" era successo proprio li nel suo ufficio e lui, lui aveva minimizzato i suoi sentimenti e nascosto i propri.

"Io i miei momenti ce li ho..." si guardano come se il mondo attorno a loro non esistesse più "...sei tu che non te lo ricordi!" l'intensità dei loro sguardi, l'elettricità che si era venuta a creare sfociò in un bacio pieno di passione, desiderio e voglia di amarsi.

I suoi occhi caddero inevitabilmente sul divano vicino alla parete. Unico testimone di quanto avvenuto quella notte che aveva risvegliato l'ardore del loro sentimento più travolgente. Gli si presentò davanti agli occhi il suo sorriso, lo sguardo pieno di gioia ed energia che solo lei aveva. Sul suo volto comparve un leggero sorriso malinconico, strappatogli via da un secondo ricordo. Quello in cui i suoi occhi non erano più gioiosi, ma pieni di terrore, e il suo corpo violato da quell'atto che non si capacitava minimante.

Un urlo roco uscì dalla sua gola, mentre con i pugni batté con forza sul pianale della scrivania e trasportò con essi tutto quello che vi era sopra, scaraventandolo a terra. Il suo ferma carte di vetro andò in frantumi, mentre la sua pallina da tennis rimbalzò e finì in qualche punto della stanza.

"Claudio?!" Giorgio era accorso immediatamente, dopo aver sentito tanto trambusto.

"Non ora!" gli dice, afferrando la giacca ed uscendo dalla stanza. Li fuori si erano raggruppate alcune persone, colleghi, inservienti "Che avete da guardare?!" li guarda con rabbia, la vena sul suo collo pulsava, era gonfia. Non dedicò loro neanche un secondo. Era uscito dall'edificio, fermatosi solo un momento a contemplare le macchie di sangue ancora presenti sulla scalinata. Rifugiatosi nella sua macchina, ingranò la marcia e partì immediatamente.

"Che gli è preso?!" Valeria Boschi era allibita davanti a quello scatto d'ira del suo pupillo.

"Eh...Valeria!!" Il Supremo la guardo con un sospiro di rammarico e di comprensione nei confronti di Claudio. Lui sapeva.

Amalia, dopo l'invito del medico a tornare a casa e riposarsi, la preoccupazione di suo figlio e di suo nipote, aveva deciso di tornare a casa. Riposarsi? Rilassarsi? Non era certo possibile sapendo che la sua adorata nipotina era stesa in un letto d'ospedale con l'incertezza del suo risveglio. Aveva lasciato andare avanti suo figlio per prendere la macchina e lei era in procinto di lasciare quel piano. Prima di farlo, però, i suoi occhi si posarono sulla figura ferma in fondo al corridoio, era fissa, stava guardando fuori dalla finestra. Ovviamente non guardava veramente il panorama della sera.

"Dottore" gli appoggiò una mano sul braccio e lui sembra sobbalzare, non si aspettava un contatto in quel momento.

"Signora..." le sorride, un leggero e debole sorriso di circostanza si formò sul suo volto "...non dovrebbe stare tutto questo tempo in ospedale, non le fa bene" le dice.

"Sto bene...non si preoccupi" poteva dirlo solo dal punto di vista fisico "Lei? Come sta?!"

Quanta premura per una persona che non conosceva e che aveva incontrato solo una volta e sempre in circostanze poco consone.

"Sto bene" annuisce, tornando a guardare davanti a se.

"Chi vuoi prendere in giro ragazzo?!" gli stringe il braccio "Lo sappiamo tutti e due che Alice ci tiene molto a te e..." sorride "...sono sicura di poter dire altrettanto di te"

Il silenzio era la risposta alle sue certezze. "Mi faccia sapere se ci sono novità...arrivederci dottore" lo saluta e se ne va. Lui la guarda andare verso l'ascensore, fino a scomparire dentro l'abitacolo. Dopo un sospiro doloroso rilasciato dai suoi polmoni, aveva deciso di andare a trovarla. Lei era ferma, sembrava dormire, invece era in coma. Nessun accenno a svegliarsi. Lui prende una sedia e la avvicina al letto. Si siede con il corpo pesante come un macigno e gli occhi bagnati per le lacrime. Le labbra gli tremavano. Si avvicinò il più possibile, le accarezzò il volto, la pelle morbida, poi il braccio scoperto fino a raggiungere la sua mano.

"Torna da me...ti prego!" la stringe tra le sue, appoggiandoci la sua fronte e chiudendo gli occhi. Non stava pregando, non era credente, non lo sapeva neanche lui cosa stesse facendo. Era certo di una cosa sola: Perderla, avrebbe significato morire lui stesso.

L'Allieva - Ricordati che ti amoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora