'Ho paura della paura; paura degli spasmi del mio spirito che delira, paura di questa orribile sensazione di incomprensibile terrore. Ho paura delle pareti, dei mobili, degli oggetti familiari che si animano di una specie di vita animale. Ho paura soprattutto del disordine del mio pensiero, della ragione che mi sfugge annebbiata, dispersa da un'angoscia misteriosa.'
Guy de Maupassant
Quando tutto va male, è sbagliato cercare di convincersi del contrario. Quando diciamo a noi stessi sto bene, quando invece non è così, allora si che nascono dei problemi. Questo era quello che stava succedendo ad Alice. Caparbia e orgogliosa. Non avrebbe mai chiesto aiuto a Claudio, non poteva. Aveva cercato di andare a avanti con le sue sole forze. Ormai era una settimana che continuavano in quel modo, in silenzio stampa. Forse lei si aspettava una sua reazione e lui una da lei. Insomma, erano entrambi troppo orgogliosi per chiedere scusa. Lei per aver reagito in modo esagerato a quella che era una semplice proposta fatta da persone che tenevano a lei. Lui per aver avuto poco tatto e non averle parlato direttamente.
In più, da aggiungere, c'era il carico da mille che aveva un nome e un cognome. Arthur Malcomess. Si, proprio lui. L'affascinante e intrigante reporter di guerra, che aveva sfruttato ogni istante con Alice per poterla, non si sa, riconquistare. Perché? In fondo non aveva trovato nessuna che potesse eguagliarla, ma in fondo in cosa? Alice se lo era ripetuto molte volte. Arthur, per quanto fosse dolce e amorevole, non la conosceva così bene! Perfino il portinaio la conosceva meglio di lui! Il motivo? Quando avevano avuto la possibilità di stare insieme, lui aveva scelto la carriera, la sceglieva anche quelle poche ore che potevano aver passato insieme. Come aveva spesso ripetuto Claudio, ma anche lo stesso Supremo, padre del giovane reporter, era che lui era diverso. Non aveva il senso della coppia classica, quella che si frequentava con regolarità e che nutriva quelle necessità che in un rapporto sono importanti.
Quel fine settimana era arrivato per grazia divina. Era quello che pensava la povera specializzanda in medicina legale. Si era adoperata fino allo sfinimento al lavoro. Aveva cercato di rimettersi in paro con i suoi colleghi e compagni di corso, visto il periodo che aveva passato in ospedale e a casa per la ferita riportata.
La verità nuda e cruda era una soltanto: non riusciva minimamente a prendere sonno. Non che le mancasse, ovviamente, lei era la regina delle ore passate a dormire; se qualcuno glielo chiedesse, lei sarebbe capace di dormire due giorni di fila senza problemi.
Questo, però, sarebbe possibile solo ad una condizione. Ovvero, che i suoi sogni non dovevano comprendere sangue, armi, motociclette e la morte.
Le occhiaie erano evidenti, profonde, gli occhi erano aperti e fissi sul soffitto. Bastava abbassare la guardia e tutto quello che era accaduto, ormai diverso tempo prima, tornava prepotente nella sua mente.
Si svegliava di notte, una volta aveva anche urlato. Le mani appoggiate sul petto, in prossimità della ferita a constatare che era viva e non su un tavolo d'obitorio come aveva sognato. Anche Arthur le era rimasto accanto una sera, lei aveva accettato volentieri, ma non aveva funzionato il suo antidoto. E adesso? Si era resa conto che l'unico antidoto che era riuscito ad alleviare quei brutti pensieri era una persona sola. Claudio Conforti. Si, era il suo CC, i suoi occhi profondi, le sue mani calde. Tutto di lui funzionava da antidoto contro la paura, il terrore...la frustrazione. Lui la faceva stare bene e non poteva negarlo.
Era l'ennesima volta che si svegliava di soprassalto. Bastò guardare l'ora sulla sveglia a convincerla ad alzarsi dal letto. Erano le dieci. Se tanto non riusciva a dormire, era sicuramente meglio alzarsi e fare qualcosa di più utile. Cosa? Neanche lei lo sapeva. Il suo programma? Vivere alla giornata, forse era un buon metodo per rilassarsi. Prima tappa? La doccia, una sistemata ai capelli e un filo di trucco. Per quella giornata ignota, aveva optato per un paio di jeans stretti, una camicetta bianca e un paio di tacchi non eccessivamente alti.
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L'Allieva - Ricordati che ti amo
FanficLe labbra gli tremavano. Si avvicinò il più possibile, le accarezzò il volto, la pelle morbida, poi il braccio scoperto fino a raggiungere la sua mano. "Torna da me...ti prego!" la stringe tra le sue, appoggiandoci la sua fronte e chiudendo gli occ...