26 - contrattempo inatteso

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Improvvisamente ci ritrovammo circondati. Da poche ore era lunedì, e noi eravamo appena usciti dal centro abitato per tornare a casa, quando fummo bloccati. Un furgone era stato parcheggiato al centro della strada, e bloccava entrambe le corsie. Fermammo le auto e scendemmo, i bambini che dormivano tranquilli in auto non immaginavano neanche lontanamente quanto eravamo furenti, e non videro quanto lo diventammo quando delle grosse auto nere ci bloccarono il passaggio. Ne uscirono numerosi umani, non mi servì più di un secondo per riconoscere le facce di alcuni di essi. Ora ero davvero arrabbiata, e non ero l'unica, ma tutti sapevamo che era meglio mantenere la calma, le cose sarebbero anche potute andare peggio se così non fosse stato. Rimanemmo a fissarci per dei lunghi ed interminabili secondi, proprio come due pistoleri prima di un duello, solo che in questa occasione chi rischiava la vita non eravamo noi. In uno scontro noi ne saremmo usciti indenni, loro no. "Venite con noi" ordinò una voce decisa, chiara e squillante. A quanto pareva il portavoce del gruppo sarebbe stata una donna, era minuta, ma mi bastò guardarla negli occhi per capire che era pericolosa. Non sarebbe stato un problema per noi, ma era pericolosa. "No" affermai, non c'era bisogno di discutere per sapere che sarebbe toccato a me parlare, ero l'esperta di umani del gruppo, anche se non mi erano mai capitate discussioni simili prima. Non si scomposero per il mio rifiuto, e io non me ne sorpresi. Quelli erano professionisti, non sapevo di che campo specifico ma ero sicura che lo fossero. Tutti gli umani estrassero delle pistole e ce le puntarono contro, il che ci irritò tutti maggiormente "Non avete capito" affermò la donna "Non era una richiesta" ci informò "Verrete con noi, con le buone o con le cattive" concluse. Quelle parole ci fecero sorridere tutti, divertiti, non avevano la più pallida idea di cosa li aspettava se avessero provato ad attaccarci. "No, siete voi che non avete capito. Ci avete irritato, e se fossi in voi scapperei. Noi non obbediamo a voi, ne mai lo faremo" spiegai. "Ce ne serve vivo solo uno" affermò la donna. Il sorriso scomparve dai nostri volti. Ora eravamo arrabbiati, ed il colpo che partì da una delle pistole, diretto verso Grigori, non migliorò affatto il nostro umore. Grigori schivò facilmente, inclinò appena la testa e il proiettile si conficcò nel tronco di un albero. I bambini si svegliarono a causa del frastuono ed urlarono spaventati. Quel colpo doveva essere un avvertimento, e la donna fu tanto gentile da confermarcelo. "Niente di personale, ma abbiamo degli ordini precisi" disse sorridendo, divertita dalle nostre espressioni, nel buio non poteva vedere bene come noi, e non si era accorta che noi non avevamo paura, ma eravamo decisamente arrabbiati. "Siete fortunati che il vostro amico si ancora vivo" concluse. La fortuna però non c'entrava per niente, ma loro non lo sapevano e si illudevano che avrebbero potuto sottometterci "Voi non avete la minima idea di cosa avete appena fatto" affermai, il tono gelido dovette indicargli che la situazione non era esattamente come l'avevano immaginata, li vidi irrigidirsi "Non avete idea di chi siamo e di cosa siamo in grado di fare. Credi davvero che con poco più di un mese di osservazione siete riusciti a scoprire qualcosa su di noi?" la donna si irrigidì, sorpresa e preoccupata, così come fecero quelli tra i presenti che ci avevano spiato. Non ebbero il tempo di parlare, pensare o agire. Scomparii sotto ai loro occhi per riapparire con l'uomo che aveva sparato a Grigori "Sapete, avete sparato alla mia guardia preferita, avete minacciato la mia famiglia e ci avete costretto a limitarci per un mese. Ora non sono più solo irritata, ma arrabbiata. Avete la più pallida idea di cosa io possa fare?" domandai. Rimasero in silenzio, troppo sbalorditi di vedermi bloccare un uomo due volte più grosso e pesante di me, tutti muscoli che si sforzavano di liberarsi ma che incontrava la resistenza dell'acciaio. Era così che dovevano apparire i nostri muscoli per loro. Modificai la presa. Gli afferrai con una mano i pantaloni e la cinta e lo tenni in aria per un secondo, prima di lanciarlo ai piedi di Grigori. Il guerriero lo afferrò, lo disarmò e prese un pugnale ed una pistola che l'umano aveva nascosto in una fondina alla caviglia. Poi il mortale si ritrovò a terra, schiacciato dal piede di Grigori ed impossibilitato ad alzarsi, faticava persino a respirare tanto era grande la pressione che esercitava il guerriero sul suo sterno. "C'è qualcuno che riconosci?" chiesi al guerriero, avevo i sospetto che quegli umani fossero dei professionisti dello stesso campo di Grigori, non mi sbagliavo. "Alcuni" affermò "Ad un paio ho dato la caccia, ma l'ho dovuta interrompere quando il generale mi ha richiamato" affermò indicando un uomo ed una donna che ci puntavano le armi addosso con occhi sgranati e la paura che trapelava "Peccato, non hai avuto il tempo di divertirti" constatai "È stata una caccia noiosa, non ne valeva la pena" affermò con una scrollata di spalle poi continuò l'elenco "Quelli prendono lavoro da chiunque li paghi" affermò accennando ad una decina di uomini "Quelli lavoravano per un contrabbandiere, aveva un piccolo esercito privato, ma era troppo noioso, così non ho accettato" mi informò indicando tre uomini che sembravano soldati, "Quelli stavano con un signore della droga, come guardie del corpo, ma ho saputo che il loro capo è morto" disse indicando quattro uomini, con un ghigno che riconobbi, divertimento "Suppongo che tu sappia perfettamente cosa sia successo" notai, il suo sorriso si allargò "È stato un lavoro facile" affermò, poi riprese a rispondere alla mia domanda iniziale "Quelli" disse indicandomi un gruppo di una decina di persone "Quelli lavorano per il governo." affermò "Sicuro?" domandai. Quella era davvero una notizia che mi sorprendeva "Mi sono imbattuto in loro, un paio di volte, anche se loro non si erano neanche accorti che c'ero" spiegò "Anche questo deve essere un soldato" disse portando la mia attenzione sull'uomo che gli aveva sparato. Mi lanciò la sua pistola, era grande, e doveva essere pesante per un umano. La guardai attentamente per un secondo, non ne capivo molto di armi, infatti per me quella che tenevo in mano era solo una grande pistola nera, nient'altro, e Grigori lo sapeva "L'esercito le fornisce in dotazione ai soldati impiegati in qualche missione rischiosa che comporta un minimo di anonimato" mi informò. Era una notizia interessante. Tornai a guardare la donna che mi fissava con occhi freddi, anche se sentivo la sorpresa e la rabbia addensarsi nel suo cuore e nella sua mente "Che bel mucchietto di umani. Tutti così diversi tra loro, con così tante differenze morali, mi chiedo come abbiate fatto a non scannarvi tra di voi e a resistere per così tanto tempo" osservai "Ma ora vorrei che mi diciate quello che voglio sapere" affermai. La donna fece un segno agli umani che erano con lei, che iniziarono ad indietreggiare, poi due colpi partirono e si diressero velocemente verso di me. Non mi spostai neanche. Calcolai la traiettoria e vi misi davanti un riquadro nero. I proiettili colpirono la barriera di tenebre e non mi raggiunsero. Intanto gli umani cercavano di raggiungere le auto. Una brezza chiuse tutte le porte che erano rimaste aperte e le auto si ritrovarono chiuse con le sicure. Nessuno sarebbe potuto fuggire con quei veicoli. "Credete davvero che vi permetteremo di andarvene, senza averci prima detto un po' di cose?" chiesi, in tono cortese e divertito. Ora ero io ad essere divertita dalle loro espressioni sconvolte e dalla paura che cercavano di non far trapelare "Quindi, per cominciare, cosa ci fate voi, insieme?" chiesi. Nessuno parlò. Tutti si limitarono a guardarci. Se volevano costringerci ad usare le maniere forti lo avremmo fatto. "Cornelia, Alec, Him" chiamai "Prendete i bambini e allontanatevi un pò" ordinai. Nessuno dei piccoli avrebbe assistito a quello che sarebbe successo, e neanche Cornelia. Avevo il sincero timore che le cose sarebbero degenerate. I tre obbedirono, Cornelia prese in braccio i miei figli, Alec fece lo stesso con quelli dei curatori mentre Him si occupava di Becca. Nessuno dei bambini sembrava contento della cosa, erano tutti spaventati da quello che sarebbe potuto succedere. Sentimento che aumentò quando alcuni degli umani puntarono le loro armi contro i tre con i bambini. Loro non si lasciarono intimidire, e si allontanarono velocemente, scomparvero davanti agli umani che non erano in grado di seguire movimenti tanto veloci. "Io ritengo che voi siate delle persone intelligenti" affermai, riportando l'attenzione degli umani su di me "Quindi vi spiego subito la situazione. Voi ci avete davvero fatti arrabbiare, e questo non è per niente salutare per voi. Avete due scelte, parlare, e sono sicura che tutti sapete cosa vogliamo sapere, oppure aspettarvi una lenta e dolorosa morte. Vi faremmo soffrire molto, fino a quando non ci avrete detto tutto, o fino a quando non sarete morti, oppure ci racconterete tutto ed eventualmente potremmo accettare di seguirvi, chiaramente non tutti" li fissai in silenzio, per dargli il tempo di capire quello che gli avevo detto "Allora, cosa pensate di fare?" volli sapere. Ancora silenzio. Nessuno parlava. Mi bastò un cenno, ed i gemelli scattarono. Presero i due umani che mi avevano sparato e li portarono dalla nostra parte. Disarmarli e trovare le armi nascoste non fu difficile "Visto che loro ci hanno sparato contro, direi che è solo giusto cominciare con questi tre" affermai. Poi sentii un crack, il rumore delle ossa che si rompevano. "Grigori, ci servono interi ancora per un po', ricordati che sono fragili" lo rimproverai. Il guerriero alzò di qualche millimetro il piede, e l'uomo riuscì a respirare abbastanza da urlare di dolore e tossire "Allora, non avete ancora deciso?" chiesi. Ancora silenzio. Un gemito attirò l'attenzione degli umani, il sangue cominciò a scendere dal braccio del maschio che mi aveva sparato contro. Orin lo teneva fermo con facilità e gli aveva tagliato l'avambraccio con il suo stesso pugnale. La donna che era stata trattenuta da Difin fu la seconda ad urlare. Era accovacciata a terra, con una gamba rotta. Continuarono così per un po', non fu uno spettacolo piacevole, e l'odore di sangue rischiava di farmi impazzire. Non mi ero ancora nutrita, così come Kirian, ed ora rischiavamo di avventarci contro gli umani che Grigori ed Orin avevano fatto sanguinare. Fortunatamente Difin aveva cominciato con un altro tipo di trattamento. Fissai la donna, stesa a terra, aveva una spalla slogata, un braccio rotto, oltre la gamba, ed alcuni lividi. Si resse il braccio rotto, la cui spalla era altrettanto danneggiata. Mi fissò con occhi fiammeggiati. Riconobbi quegli occhi. Erano simili a quelli che avevo visto tante volte nello specchio. Ira, paura, preoccupazione, orgoglio. Mi concentrai su di lei e non ebbi più dubbi, il suo odore, la chimica del suo corpo, il battito di un secondo cuore. Scrutai per un istante il gruppo di umani, cercavo un indizio, e lo trovai. Un paio di occhi castani puntati sulla donna. Non c'era preoccupazione, ma interesse e attrazione. Uno degli uomini indicati da Grigori come mercenario e una femmina che lavorava per il governo, visto l'arma che aveva. Era sicuramente interessante "Sei stata decisamente fortunata, Difin è il meno brutale di quelli che sono presenti al momento" la informai. Lei non cambiò espressione "E non stai neanche sanguinando, il che ti proteggerà da me e Kirian" continuai "Comunque hai avuto davvero una pessima idea a venire qui, a sfidarci. Dimmi, lui lo sa che sei incinta o è un segreto?" chiesi "Mi sa che ti conviene dirglielo subito, perché non credo che avrai altre opportunità, visto che non vi decidete a parlare" lei non riuscì a non lanciare uno sguardo verso l'uomo che la fissava, sembrava impassibile, ma non lo era, era sconvolto, ed anche lei. Ora era sconvolta e spaventata. La sua reazione non fece altro che stimolare la mia sete. I canini si estesero "Tu sai cosa siamo?" chiesi sottovoce, a pochi centimetri dalla sua faccia. Lei non rispose "Sai, se risponderai verrai guarita e potrai andartene con il tuo bambino. Vuoi davvero rischiare di uccidere tuo figlio per orgoglio?" chiesi "Io ho buttato via il mio per i miei figli. Ho buttato via la mia felicità per farli nascere, e voi avete minacciato la loro vita" nessuno degli altri umani ci sentì, ma gli immortali si, loro sentivano. Le diedi altro tempo per pensare, ma alla fine cedette "No" mormorò, quasi tra le lacrime "Hanno ordinato ad alcuni di osservarvi, poi ci hanno detto di prelevarvi. Noi non sappiamo altro" parlava con voce così bassa che la sentimmo solo noi, per gli umani fu impossibile "Chi vi da gli ordini?" le chiesi. Lei scosse la testa "Non lo so, io dovevo fare solo quello che mi veniva ordinato dal caposquadra" rispose. Abbassò lo sguardo quando la prima lacrima scese sulla guancia "Chi è il tuo caposquadra?" domandai in tono gentile "Mi uccideranno" rispose "Mi uccideranno per aver parlato con voi" la guardai attentamente per un lungo minuto "Posso tenerti al sicuro se risponderai alle mie domande" affermai, sincera. Lei sorrise, malinconica "O parlo, o non parlo, moriremo comunque" rifletté poi mi guardò "Tu non puoi proteggermi" affermò con decisione "Si che posso, potrei uccidere tutti gli umani presenti qui, senza neanche toccarli e in pochi secondi. Tenere un umano fuori la portati di altri umani non è affatto un problema. Potete attaccarci con qualsiasi arma, ma per noi non sarebbe troppo difficile eliminarvi. Tenerti lontano gli umani non sarà un problema" garantii. Le lacrime ripresero a scendere più veloci e numerose, con gli occhi mi indicò la donna che aveva parlato all'inizio. Come avevamo immaginato lei era il capo. Annuii "Come promesso sarai in grado di andartene sulle tue gambe" dissi sorridendo. "Ma tu devi collaborare, devi fare una cosa" lei mi guardò atterrita. Potevo immaginare i suoi pensieri. Avevamo capito il suo punto debole ed ora lo sfruttavamo, ma si sbagliava "Potresti non opporti?" domandai. Lei mi fissò incerta, insicura. Non la feci rispondere, non mi serviva a niente sapere quello che voleva dire o chiedere, accostai la mia bocca alla sua e la costrinsi ad aprire a bocca. Guarirla fu così facile che me ne impressionai. Lei era umana, il che rendeva tutto estremamente facile, ma non meno faticoso. In un minuto la ragazza era in piedi, io invece ero seduta a terra, assetata e con i canini estesi. La gola mi bruciava e l'odore del sangue mi faceva impazzire. Kirian mi si affiancò e mi guardò attentamente, anche i suoi canini erano estesi, non solo per la fame, ma anche per la possibilità di cacciare. Era l'istinto alla caccia che ci stava facendo andare fuori controllo "Prendila" ordinai a Difin. Lui lasciò la ragazza che si accasciò al suolo piangendo e un istante dopo era al mio fianco con la donna che ci aveva minacciati. Scansai Kirian, che si spostò e si posizionò vicino a Tyr, anche lui risentiva delle nostre emozioni e dei nostri bisogni, ma riusciva a controllarsi "Sarò breve con te" annunciai alla donna "Ora non riesco più a controllarmi tanto bene, quindi se non vuoi ritrovarti con la gola squarciata, e se non vuoi che scateniamo una caccia contro ogni singola persona che conosci ti conviene parlare" lei cercò di liberarsi per scappare, ma non ci riuscì. Guardava la mia bocca, i denti appuntiti e lunghi. "Tu sai cosa siamo?" chiesi. Smise di dimenarsi quando le afferrai il mento con una mano e la costrinsi a fissarmi, ripetei la domanda. Mi resi conto che più guardava le mie zanne più la paura cresceva, così feci l'unica cosa che mi venne in mente. Avvicinai la bocca al suo collo e passai delicatamente le labbra sulla giugulare "Hai davvero un odore appetitoso" mormorai, non era vero, l'unica cosa di piacevole era l'odore della paura, risvegliava il mio istinto alla caccia, era l'odore della preda. Le leccai delicatamente il collo "Hai una pelle così morbida, sarebbe davvero piacevole staccartela a morsi dai muscoli" sussurrai. La sua paura crebbe a livelli che non avevo mai percepito, non credevo possibile una cosa del genere "Allora, sai cosa siamo?" chiesi nuovamente, senza allontanarmi dal suo collo "Si" disse alla fine "Brava" mi complimentai "Ed ora, dimmi per chi lavori" cercò di liberarsi, ma le sue spinte e i suoi scossoni non sortirono alcun tipo di effetto, così cercai di motivarla. Gli graffiai leggermente il collo con le zanne, tanto bastò a farla gemere per il terrore "Allora?" insistetti. Quello parve spaventarla anche troppo. Cominciò ad urlare "No, ti prego, tutto ma non questo, non voglio diventare un mostro come voi" quelle affermazioni mi sorpresero e mi offesero. Ma per il momento avrei sorvolato "Allora parla" sussurrai "Per chi lavori?" chiesi ancora. Si decise "Una organizzazione semi governativa segreta. Non so altro, so solo che il governo non voleva averci niente a che fare, così ha assegnato degli uomini a lavorare li, poi sono arrivati un sacco di mercenari, è tutto sovvenzionato da privati" concluse. La scagliai a terra "Idiota, non dovresti parlare di cose che non conosci" poi mi rivolsi a Tyr "Tyr, per favore, libera la strada" chiesi. Un gigantesco cumulo di terra e rocce, compatte si alzò e spinse il furgone fuori strada. "Ragazzi tornate indietro" chiamai. Cornelia, Him, Alec con i bambini tornarono in due secondi "Prendete i bambini e tornate a casa" ordinai, poi indicai me, Kirian, Tyr e Grigori "Noi restiamo qui per un po', abbiamo bisogno di sistemare una cosa" mormorai. I bambini furono caricati in macchina, nonostante le proteste "Tranquilli, non è niente di pericoloso, dobbiamo solo parlare con una persona" garantii. "Avete bisogno di bere" impose Cornelia. Mi si avvicinò e mi offrì il polso, Alec fece lo stesso con Kirian, mentre Difin lanciava una bottiglietta di sangue a Tyr e Grigori. Tutti accettammo. Poi li costringemmo a salire e aspettammo che le auto fossero lontane. Anche l'umana era salita con i miei uomini, il padre del bambino non aveva protestato e non aveva chiesto di seguirla e neanche lei aveva chiesto di poterlo far andare con lei, quindi ci eravamo limitati ad ignorarlo. A quel punto mi girai verso gli umani. Ripresi la donna che aveva il comando della situazione e la guardai negli occhi, sorridendo "Bene, ed ora portaci dal tuo capo" ordinai. Obbedirono. Salirono tutti in auto e una colonna formata di auto nere si mosse. Io e gli altri e tre li seguimmo, a pedi, nascosti nella vegetazione della strada di periferia che costeggiava un boschetto di pini.

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