56 - ora siamo noi

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Le conseguenze dell'aver modificato il nostro equilibrio interno arrivarono durante la strada di ritorno a casa. Di Erios era rimasto solo un cumulo di carne sanguinolenta abbandonata un paio di chilometri alle nostre spalle. Una fitta di dolore mi attanaglio il petto, togliendomi il respiro, alla seconda crollai a terra. Kirian mi trasportò in braccio fino a casa, e Tyr fu costretto a fare lo stesso con Grigori, anche lui non stava bene, ma per sua fortuna non era nelle mie stesse condizioni.

Ci misero sul letto, dove passammo un'intera settimana a contorcerci per la sofferenza, mentre fuori dalla stanza c'era il caos. Era come dover subire un secondo sviluppo. Sentivamo un mix di fuoco e ghiaccio tanto freddi e caldi da ustionare ogni cellula dei nostri corpi. Avevamo fatto qualcosa di innaturale e pericoloso, quindi ora ne pagavamo il prezzo. Avevamo legato qualcosa che non doveva essere unito, costretto le nostre anime a fondersi con qualcosa di non compatibile e a spezzare ogni legame con metà di ciò che eravamo e, sia il nostro essere, che i nostri corpi cercavano di adattarsi a quello che stava succedendo. Rischiavamo di distruggere non solo i legami con i nostri compagni legittimi, che era quello che volevamo fare, ma anche con tutto ciò che conoscevamo e a cui tenevamo. Era stata quella una delle mie più grandi paure quando avevo letto quella pratica nella pergamena. Avevo il terrore che, una volta finito il processo, Kirian, Tyr, i gemelli e ogni persona a cui tenevo mi fossero apparsi come estranei. Tutti tranne Grigori.

Entrambi i miei consorti ricordavano bene il giorno in cui avevamo stretto il patto, e ricordavano che l'unica cosa che ci aveva fatto restare in vita era stata la vicinanza, così provarono a rifarlo. Mi strinsero una mano tra le loro, ma ciò intensificò solo la sofferenza, e lo stesso faceva la loro vicinanza. Quella reazione non fece che spaventarmi ancora di più, perché non volevo perderli. Non volevo perdere tutto quello che avevo. Non volevo perdere l'affetto, il calore e la gioia che mi dava la mia famiglia. Non volevo tornare ad essere insensibile e vuota come lo ero stata da umana. Avrei sempre avuto Grigori, ma ero diventata ingorda, e una sola persona dalla quale essere amata, e da amare, non mi bastava più.

Durante quella settimana mi nutrii una sola volta, di sangue, e mai di cibo. Riuscii a strisciare fino al corpo di Grigori, raggomitolato su se stesso per il dolore poco distante da me, mi parve un percorso lunghissimo, anche se si trattava di poche decine di centimetri. Non so come riuscii a farlo spostare quel tanto che bastava da permettermi di arrivare al collo e morderlo, cosa che lo portò ad afferrare il mio polso e fare altrettanto. Lo facemmo più per istinto che per necessità, perché con tutto quel dolore, sia fisico, psichico che interiore non avevamo abbastanza coscienza per capire che dovevamo nutrirci, fu l'istinto di sopravvivenza a spingerci in quella direzione. Quelli furono gli unici momenti in cui smisi di piangere e chiedere scusa. Chiedevo scusa a me stessa, ai miei consorti, che sentivo muoversi in casa, inquieti dal fatto di non poter neanche entrare nella stanza senza provocarci dolore. Mi scusai con Grigori per avergli fatto una cosa simile, e mi scusai con gli Dei e gli antenati, per aver cambiato il naturale ordine delle cose.

Il sesto giorno, dopo essermi nutrita, il dolore sembrò cominciare a diminuire, e alla fine, all'alba del giorno successivo entrambi crollammo addormentati, nonostante ancora soffrissimo. Non durò molto, ma viste le circostanze non mi potevo proprio lamentare.

L'ottavo giorno stavo relativamente bene, anche se debole, a causa del dolore, e della mancanza di cibo, acqua e sangue. Il dolore sembrava essere sparito, e dovetti ammettere che ero decisamente contenta, amavo ancora i miei consorti, adoravo i miei figi e volevo bene agli altri, Cornelia, Alec, Orin e Difin, Him, Seth, quelli che fino a pochi giorni prima avevo definito cugini con cui avevo avuto più rapporti, come Morroven e Merivo con i loro compagni e consorti, e naturalmente Lily e Lilyan.

Quello che ci spinse ad alzarci dal letto, nonostante fossimo distrutti, e volessimo solo dormire, fu il frastuono che sentimmo all'interno della nostra casa. Era più intenso rispetto a quello degli ultimi giorni. Infatti dal giorno in cui eravamo tornati a casa la villa era diventata una specie di quartier generale, Merivo e Morroven, con i rispettivi compagni e tutti i loro guerrieri si erano stabiliti da noi, tutti quelli che non erano in grado di difendersi erano andati nei territori sicuri, volevano delle spiegazioni e chiarimenti su quello che era esattamente successo, perché neanche loro avevamo mai assistito ad uno spettacolo del genere, e come tanti altri neanche loro avevano neanche immaginato che si potesse sostituire un compagno. Tyr e Kirian si agitavano, nervosi, sfogandosi, per quanto possibile su Virnish, Cornelia cercava ogni occupazione possibile pur di tenersi occupata, il che non era difficile considerando quanto spesso suonava il telefono, mentre le quattro guardie cercavano di non starle tra i piedi. Becca, Eric ed Era si erano chiusi in camera di Era, che era più spaziosa e aveva un paio di divani su cui potersi sedere, avevo sentito le due ragazze piangere, ed Eric consolarle. Anche Seth girava per casa nervoso, gridando ordini ai mercenari che si occupavano della sicurezza del palazzo che dovevano evitare che qualche giornalista, appostato diligentemente fuori dal recinto della proprietà, riuscisse ad intrufolarsi all'interno. Perché, grazie alla premurosa scorta dell'esercito i giornalisti si erano ritrovati una comodissima guida per arrivare a casa nostra, ed ora ci trovavamo praticamente assediati da decine di giornalisti e curiosi. Non potevano rintracciare tutte le abitazioni del clan, ma potevano facilmente rintracciare noi e il palazzo del clan, grazie alla geniale idea di Darius di portarli li, non che quella parte fosse un mio problema, non più per lo meno.

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