60 - rivedersi

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Nel salotto non era presente nessun ospite, ma in compenso c'erano tutti quelli che per comodità identificavo con il mio seguito, mi mancava un termine parallelo per definirli secondo la cultura del casato originale.

Cornelia mi salutò con una tazza fumante, che dall'odore compresi contenere del tè. Anche gli altri presenti avevano tra le mani tazze fumanti, tutte diverse, alcune colorate e sgargianti, altre più sobrie. Ognuno, o quasi, aveva la sua. La mia era nera, quella di Grigori, che recuperò da un tavolino, era di un grigio scuro, Tyr ne aveva una blu elettrico e Kirian rosso sangue. Cornelia ne aveva comprata una bianca con delicati fiori dai colori accesi e vivaci, Becca anche aveva scelto qualcosa di vivace, rosa acceso, simile a quella di Era, rosa con decori neri. Ogni volta che le vedevo mi portavano alla mente il giorno del trasloco, quando ci eravamo recati tutti insieme a comprare ciò che ci sarebbe servito per cominciare una nuova vita, tra gli umani. Era stata una bella giornata, passata cercando e comprando le ultime cose di cui avevamo bisogno. Le stoviglie, lenzuola e coperte, asciugamani, cibo e bevande, vestiti. La giornata in cui avevamo ricominciato tutto da zero. Il giorno in cui avevamo abbandonato i servizi di porcellana e l'argenteria per vivere come una qualsiasi famiglia, senza le pressioni del clan, senza i formalismi del clan e, sopratutto, senza i pericoli del clan. Avevamo cominciato a vivere esclusivamente per noi stessi e per la nostra famiglia, richiudendo in un angolo buio della mente le nostre posizioni nel clan, ciò che rappresentavamo per gli altri, per questo nel momento in cui dovemmo andarcene avevo deciso di prendere quelle tazze e portarle con noi, per ricordare sempre che non dovevo adeguarmi allo stile del clan, ma comportarmi come era giusto che io mi comportassi per la nostra cultura e per le nostre necessità, non per quelle di altri.

Lasciai quei pensieri, che non era proprio il caso di avere in quel momento, per concentrarmi su quella situazione, che mi dava davvero una spiacevole sensazione. Così, ancora mezza assonnata mi sedetti sul divano, seguita da Cornelia, che si accomodò al mio fianco. "Perché tutta questa fretta se non c'è ancora nessuno?" le domandai prima di sorseggiare il contenuto della tazza. La mia amica, in quell'occasione, aveva optato per del tè verde giapponese. "Sono usciti" affermò, sorseggiando del tè dalla sua tazza. Probabilmente eravamo le uniche a bere quella bevanda, gli altri preferivano sorseggiare caffè, o, se potevano, sangue, tranne i ragazzi, che sicuramente stavano bevendo una cioccolata calda, dato che l'aroma arrivava fino a me. "Usciti?" chiesi curiosa. La ragazza bevve un altro sorso, prima di rispondermi "Si, hanno detto che visto che tanto avremmo fatto come volevamo, tanto valeva che rimettessimo a posto le cose" sostenne "E che significa questa frase?" chiesi parecchio incerta su cosa volessero dire, e a quanto pareva non ero la sola, visto che Cornelia rispose stringendosi nelle spalle. "Hanno detto che visto che dovevano aspettare l'arrivo degli altri andavano a prendere ciò che avevamo rotto" affermò una voce maschile calda e bassa, mentre il proprietario si sedeva sul divano, accanto alla sua consorte. "Cosa?" chiesi ad Alec, che a quanto pareva voleva partecipare alla conversazione, cosa che non mi dispiacque affatto, era un bravo ragazzo e in quegli undici anni avevo imparato a volergli bene, così come avevo imparato a volerne a tutti gli altri. "Non lo ha detto" affermò, mentre la brutta sensazione con la quale mi ero svegliata si ingigantiva "Però hanno sostenuto che sarebbero tornati entro dieci minuti, quindi saranno qui a momenti" concluse "Che rottura" borbottai, e visto l'umore in cui mi ero svegliata era un miracolo che non avessi detto niente di peggio, poi mi concentrai sul mio tè, cercando di distrarmi, ed ignorare la risatina divertita alle mie spalle. La delicatezza non era davvero il forte di Kirian "Qualcosa ti infastidisce piccola?" domandò sedendosi sul bracciolo del divano, con un sorriso divertito, che in quell'occasione mi fece solo venir voglia di tirargli uno schiaffo "Sono di pessimo umore" mi limitai ad affermare. "Me ne sono accorto, emani una energia davvero spiacevole" affermò, ora del tutto serio. Riflettei su quello che mi aveva detto per un lungo istante, e dovetti ammettere che aveva ragione. Senza neanche accorgermene avevo cominciato ad emettere piccole ondate di magia, e quell'energia non era per niente allegra, o felice. "Ho una brutta sensazione. È come se qualcosa mi dicesse che è meglio non avere intorno gente oggi" confessai "Per gente intendi...?" chiese curioso Kirian "Tutti. Intendo tutti. Ho la sensazione che sarebbe più salutare, per me, se per il momento restassi da sola" conclusi "Perché?" domandò incerto su cosa dire o fare "Non lo so. Mi sono svegliata e avevo in testa questa sensazione. Come se stesse per succedere qualcosa di spiacevole, per me." spiegai, scrollando le spalle "Non so come spiegarlo, non credo che succederà qualcosa di brutto, o di dannoso, per tutti noi, ma solo qualcosa di davvero, molto spiacevole per me" conclusi, nel silenzio che si era venuto a creare intorno a me. A quanto pareva quelli seduti accanto a me non erano gli unici ad essersi interessati al discorso. Peccato che l'occasione di approfondire la mia psicologia fu interrotto dal ritorno degli emissari del clan, o forse dovrei dire per fortuna, perché quando si mettevano in testa di analizzare le emozioni altrui, alcuni dei miei amici potevano diventare decisamente eccessivi.

Cornelia ed Alec si alzarono dal divano, io mi spostai per fare spazio a Kirian, e Tyr si venne a sistemare alle mie spalle, subito imitato da Grigori, mentre Morroven si sedeva accanto a me, con il gemello che si accomodava sul bracciolo accanto a lei e Seth che faceva la stessa cosa alla destra di Kirian. La nostra formazione ufficiale. I capi di tutte le fazioni che formavano il nostro nuovo popolo. Una gigantesca stupidaggine, secondo me, ma decisamente scenografica, visto i canoni medievali e rinascimentali del clan.

Tutti quegli spostamenti non durarono più di un secondo, i rappresentanti del clan, Marcus, Ian e la donna che aveva stretto un patto con Darius, ne impiegarono circa trenta, per passare dalla porta d'ingresso al salotto, seguiti a ruota dai neutrali, cosa strana, dato che genericamente non osservavano le interazioni dei due clan di persona, ma lo facevano in una sorta di chiaroveggenza, a distanza, e con mio stupore da due soldati, che entrarono sostenendo un uomo quasi privo di conoscenza, un colosso dai capelli neri, con la testa che gli ciondolava inerme sul petto. Mi bastò un istante per capire di chi si trattava, e il tempo che impiegò Marcus a parlare, una manciata di secondi per reagire "Avete la vostra terra, ma dovete rimetterlo in sesto" affermò, con la voce fredda che nascondeva a stento la supplica. Marcus gli era sempre stato vicino, e per lui, Darius, era quasi come un fratello, quindi non mi stupivo per la sua apprensione, non reagii a quella, ma alla sola vista del mio ex compagno. Saltai in piedi con una mano davanti a bocca e corsi fuori dalla stanza, lasciando tutti sconvolti, seguita da Grigori, e mi accorsi dopo, da Cornelia, che preoccupata ci seguì.

Un po' per abitudine, un po' per bisogno di riservatezza, salii le scale, seguita da Grigori, che a quanto pareva aveva avuto la mia stessa idea, mi diressi verso la mia camera da letto, e Grigori si fermò davanti la porta della sua, che ora era nell'ala riservata, poco distante dalla mia. Le spalancammo quasi contemporaneamente, e vi corremmo dentro, corsi fino alla porta del bagno privato della camera da letto, certa che anche Grigori stesse facendo lo stesso, la spalancai e mi inginocchiai accanto al water, benedicendo mentalmente la super velocità. Ci eravamo fatti due rampe di scale, l'equivalente di un piano, e dei lunghi corridoi in un secondo. L'istante dopo ero troppo impegnata a sopportare i conati per rendermi conto che qualcuno mi stava reggendo i capelli, avevo gli occhi appannati di lacrime per vedere chi mi stava aiutando, e nelle orecchie il rumore dell'acqua che si agitava nel water per sentire quello che succedeva alle mie spalle. L'unico pensiero che mi passò nel cervello fu che la mia brutta sensazione era giusta, perché, di certo, quella non era una situazione piacevole.

il casato di sangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora