Correre nei boschi era una cosa che avevo imparato ad amare dal primo momento in cui ero diventata un'immortale, una passione che era cresciuta giorno dopo giorno, caccia dopo caccia. Il vento che mi scompigliava i capelli, gli odori della natura che mi circondavano e si alternavano man mano che mi spostavo tra gli alberi, gli animali di cui la vegetazione era piena, anche se non sempre, chiunque, riusciva a vederli. I colori, che si alternavano velocemente intorno a me. La sensazione del terreno morbido e pieno di vita, il piacere di rimanere sospesa in aria mentre superavo con un salto un qualche genere di ostacolo. Era libertà. La libertà che si poteva ottenere solo in quel poco tempo in cui correndo eri solo una parte di ciò che ti circondava e tutto il resto, tutto ciò che non erano le sensazioni che provavi in quell'istante, sparivano. Tutto il mondo non era altro che un sogno e la realtà diventava la corsa.
Nonostante quella non fosse una corsa per rilassarmi, o per trovare una preda da azzannare, nonostante quella volta la preda fossi io, trovai quella corsa piacevole come sempre, forse perché non mi stavo impegnando molto per scappare, l'idea di essere catturata non mi dispiaceva affatto, o forse, semplicemente, perché amare correre era nella mia natura, ma quando mi ritrovai sospesa a mezz'aria, mentre superavo un profondo avvallamento del terreno con un balzo non riuscii a trattenere un sorriso nato dalla sensazione stupenda che provavo in quel momento, come di galleggiare nell'aria, quasi di volare. Una sensazione che durò poco.
L'impatto fu come quello di un'auto contro un pedone, e l'auto non ero io. Un corpo possente, e molto più grande del mio mi si schiantò addosso, due grandi e forti braccia muscolose mi si strinsero attorno e in quella presa precipitammo insieme. In una manciata di secondi avevamo toccato il suolo con violenza tale da farmi emettere un gemito ed espirare tutta l'aria che avevo nei polmoni. A quel punto dovemmo affrontare la discesa ripida dell'avvallamento sul terreno, quasi una specie di burrone. All'inizio ruzzolammo in quel dirupo uniti in una stretta d'acciaio, poi la stretta si allentò e ad un paio di metri dalla fine fui libera dalle braccia possenti del mio compagno e conclusi quella discesa da sola, ruzzolando come una palla, o quasi, cercando invano di trovare un appiglio. Potevo essere immortale, avere un sacco di poteri di molti generi diversi, ma ero comunque soggetta alla forza di gravità, non ero una di quei rari immortali in grado di volare e dubitavo che mai lo sarei stata. Inoltre non avrei mai usato la magia in quella circostanza, forse era una caccia, forse in quel momento ero una preda, ma colui che mi voleva era il mio compagno, un guerriero spietato e sanguinario che non usava magia, un uomo che, in quelle circostanze, avrebbe ucciso chiunque altro, ma non me. Mai me.
Finii stesa sul fondo dell'avvallamento, su un cumulo di foglie secche dell'anno prima, pietre e rami spezzati di varie misure. Mi ritrovai sdraiata sulla pancia, in una posa molto scomposta e decisamente dolorosa per le mie articolazioni e per la carne pressata su spuntoni di roccia e pezzi di legno appuntiti. Mi girava leggermente la testa ed ero confusa, un po' stordita, ma non mi biasimai per quello, perché quando guardai verso l'altro ciò che vidi era che mi trovavo nel punto più basso di un ripido dirupo di circa sessanta metri, e almeno trenta li avevo percorsi ruzzolando su me stessa.
Mi rialzai in piedi e in un istante individuai la figura di Grigori, un imponente macchia nera, in piedi, le zanne snudate, gli occhi fissi su di me, la maglia nera strappata a causa della caduta faceva intravedere escoriazioni e graffi. Automaticamente mi girai nella parte opposta e comincia a correre, se lui voleva la caccia io gliela avrei data, in fin dei conti eravamo lì per cercare di sfogare la nostra aggressività in eccesso, nella speranza di trovare un equilibrio in quella nuova situazione. La tattica non funzionò. Grigori era partito prima di me, e nonostante la mole imponente, come ben sapevo, era velocissimo. In un istante mi fu addosso ed io finii di nuovo allungata a terra, stavolta con il suo peso a schiacciarmi al suolo. Ma io ero forte, molto forte. Così non mi diedi per vinta. Cercai di sgusciare alla sua presa, e ci riuscii, almeno per un po', fino a quando non mi afferrò con una mano i capelli, si alzò quel tanto che bastava a rigirarmi a forza, in modo che fossi stesa sulla schiena. A quel punto spostò la sua presa sui miei polsi, li strinse con forza, immobilizzandoli a terra.
STAI LEGGENDO
il casato di sangue
Fantasyseguito della storia: la rinascita del casato dimenticato la storia riprende dopo la nascita dei gemelli, Selia si ritroverà di nuovo alle prese con gli avvenimenti nel mondo di cui ormai fa parte, ma forse non solo di quello. famiglia, amici, nemic...