1 - una famiglia

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Come avevo immaginato trascorsi il resto dell'estate, l'autunno e l'inverno in casa. Raramente uscivo, ma in nessuna di quelle occasioni rischiai di trovarmi in situazioni pericolose o stressanti. Passeggiavo nei boschi, nuotavo nel lago vicino casa, mi sedevo nelle radure e ammiravo le stelle.

Ormai mi ero ampiamente abituata ai cambiamenti che la mia vita aveva ricevuto. Quindi il fatto di trovarmi in una stanza che ospitava due culle e tutto l'occorrente per occuparsi di bambini, bambini che giacevano addormentati nei loro lettini, non mi turbava. Proprio come non mi turbava sapere che erano i miei figli. Riflettevo mentre aspettavo che si svegliassero. Era ora di mangiare. Riflettevo su quello che era successo, riflettevo di come fossi cambiata. Un anno prima sarei stata piena d'angoscia e di paura in una situazione simile, ma ora no. Guardavo i miei figli e non potevo fare altro che provare un senso di pace immenso, un senso di perfezione e gioia, serenità. Ero immersa così profondamente in quelle riflessioni che mi estraniai completamente dal mondo circostante, così quando sentii i sussurri calmi e pacati di Tyr mi spaventai e sobbalzai per la sorpresa "Crescono così velocemente" quel mormorio mi causò un inevitabile stato d'allerta e trattenni a stento un grido, ma non riuscii a fare altrettanto con il gemito che scaturì dalla mia gola. Eric si svegliò.

Il brusco risveglio gli causò uno stato di agitazione che mi affrettai a calmare prendendolo in braccio, poi mi rivolsi al mio consorte con un sorriso imbarazzato ma felice. "È vero" ammisi un po' triste. All'inizio ero rimasta sconcertata dalla velocità con cui i gemelli crescevano ed anche ora lo ero. "È così strano vederli già così grandi" mormorai consapevole che nonostante avessero un mese di vita ne dimostravano già sei. Sarebbero cresciuti velocemente, almeno per un altro po'. Era la nostra natura ad imporcelo. I cuccioli dovevano essere in grado di scappare dai pericoli il prima possibile, proprio come i puledri che imparano a correre poco dopo la nascita, i nostri figli dovevano imparare a scappare dai pericoli il più velocemente possibile, fino al momento in cui da prede diverranno predatori. Kirian mi porse un contenitore contenente il primo pasto della nottata per il piccolo. Esaminai il colore del latte e l'odore, era un mio dovere accertarmi che i miei consorti avessero provveduto ad offrire il nutrimento adeguato al loro piccolo. Come sempre lo avevano fatto. Il colore del latte non era bianco, ma rosa acceso. Dall'odore che il liquido emanava potevo percepire il retrogusto ramato di entrambi. Non si erano trattenuti nel donare il loro sangue ed io li imitai. Poggiai il contenitore su un ripiano creato con le mie tenebre, mi portai alla bocca il polso e incisi leggermente la pelle, quel tanto che bastava ad arrivare alle vene. Il sangue colò nel latte, il cui colore divenne più scuro e l'odore metallico si intensificò. Permisi al sangue di scorrere fino a quando la ferita non si richiuse, pochi secondi. Il contenitore era più grande di quello della sera precedente, calcolai che doveva contenere circa un lito e mezzo di quel nutrimento, il necessario per entrambi i cuccioli. Ne presi un sorso, mi riempii la bocca con quel liquido e la avvicinai alle labbra di Eric. Come le mie labbra toccarono le sue lui spalancò la bocca, ansioso come un pulcino che la madre lo nutrisse. Il latte colò lentamente dalla mia bocca alla sua e lui inghiottì voracemente. Continuai così fino a quando il livello del liquido rosa nella ciotola non fu dimezzato. Aveva bevuto poco meno di un litro di latte e sangue e presto ne avrebbe voluto dell'altro, era inevitabile, il suo corpo e la sua mente crescevano ad una velocità vertiginosa, e avrebbero continuato a crescere a quella velocità per tutto il primo anno di vita, alla fine dei quali ne avrebbe mostrati sei. Era qualcosa che mi riusciva difficile da accettare. Crescevano troppo velocemente per me, ed anche Tyr trovava quella crescita bizzarra, ma non se ne curava molto, era una delle caratteristiche del casato, proprio come in altri casati i bambini crescevano più lentamente, nel nostro avevano un repentino sviluppo il primo anno di età, poi la crescita prendeva ritmi più lenti, ma sempre più veloci di quelli umani. Consegnai Eric a suo padre, perché era ciò che andava fatto. Il cucciolo era vivo perché il maschio aveva concesso il suo sangue, perciò aveva il diritto, il dovere ed il privilegio di stare con il figlio. Tyr lo prese in braccio delicatamente, con il massimo rispetto e serietà, con amore e dolcezza. Lo vidi sorridere sinceramente felice e sapevo che anche Eric aveva quella stessa gioia dipinta sul volto. Non parlava ancora, per il momento, ma le sue espressioni erano molto eloquenti e il bambino adorava essere coccolato dai padri. Mentre io mi chinavo sulla seconda culla e prendevo in braccio la bambina che era già sveglia ed aspettava pazientemente il suo turno, senza emettere suono. Era strabiliante come fossero riflessivi. Erano solo due bambini ma comprendevano tantissimo e si comportavano, in alcuni aspetti della loro vita, come adulti. Non piangevano per attirare lattenzione, non gridavano per il cibo, o perché non riuscivano a dormire. Loro comunicavano. Erano solo sensazioni, ma i petali che creavano per informarci di ciò di cui avevano bisogno erano reali. E lo sarebbero stati fino a quando non avessero imparato a parlare, cosa che sarebbe successa al massimo tra un paio di notti, poi non sarebbero più stati in grado di materializzare i loro bisogni tramite il potere fino al loro sviluppo. Era qualcosa di innaturale rispetto tutto ciò che avevo visto fino a quel momento, e mi agitava, era insolito e particolare, allarmante. Non li sentivo mai piangere e per me, che ero stata cresciuta tra gli umani, che ero stata un'umana, non era normale che dei bambini crescessero così velocemente e che non usassero il pianto per richiedere qualcosa ai propri genitori. Come aveva fatto il fratello Era aprì la bocca non appena poggiai le mie labbra sulle sue, bevve avidamente, come il suo gemello e fu altrettanto felice di finire tra le braccia di Kirian che la afferrò delicatamente e dopo averle dato un leggero bacio sulla guancia la alzò in aria per darle l'impressione di volare, a lei piaceva. Rimasi per un po' a godermi quello spettacolo e come tutte le volte che li vedevo insieme, così felici, con tutto quell'affetto, non potei far altro che essere certa che la decisione che avevo preso l'anno prima, la primavera precedente, era stata giusta.

"Dovresti prepararti" mi fece notare con tono serio ma allegro Kirian. Quelle parole distrussero tutto il mio buon'umore "Non posso lasciarli" protestai. Non potevo lasciarli, non era un capriccio o la tristezza del distacco, ma la consapevolezza che nessun altro avrebbe potuto occuparsi di loro, nessuno avrebbe potuto dargli da mangiare o capire ciò di cui avevano bisogno. "Devi venire" mi ricordò Kirian. Era una discussione che andava avanti dal momento in cui erano nati i bambini e ancora non mi arrendevo. Non li avrei lasciati da soli quando io ero l'unica che potevo capirli, ero l'unica che poteva ricevere i loro petali ed ero l'unica che potesse nutrirli "Non posso lasciarli qui da soli, non c'è nessun altro che possa prendersi cura di loro" ribadii, anche se sapevo benissimo che lo sapevano "Sei una Lady" mi ricordò Kirian, ma io lo sapevo benissimo, come sapevo benissimo quello che stava per dire e quello che gli avrei risposto, perché quella conversazione era già stata fatta, svariate volte "Sei la nostra consorte e sei la sua compagna." continuò. Ricordavo ancora la prima volta che avevamo fatto quel discorso, allora anche Tyr aveva partecipato, così come la seconda volta e la terza, dopo due settimane aveva smesso. Nel tempo il discorso si era abbreviato, la prima volta c'erano volute più di tre ore prima che entrambe le parti riuscissero ad esprimersi, ora invece facevamo notare solo i concetti chiave dei nostri discorsi, perché tanto tutto il resto lo conoscevamo già "Sono una madre" ribattei con tono deciso la voce bassa e per niente minacciosa, c'erano i bambini ed entrambi non volevamo spaventarli. Già mi preparavo a sentirgli fare un breve riepilogo dei miei doveri quando la sua risposta mi sorprese "Questo lo so. Ed anche io, come Tyr, vorrei rimanere a casa a giocare con i piccoli, ma non possiamo." fece una breve pausa per riprendere fiato "Io e Tyr ne abbiamo discusso molto" mi informò "E alla fine abbiamo trovato una possibile soluzione, ne abbiamo anche parlato con Darius, che ha acconsentito." mi informò mentre io lo fissavo stordita "Sappiamo che non è esattamente una buona soluzione e che non ti piacerà molto, proprio come non piace a noi, ma è l'unica cosa che possiamo fare, dobbiamo andare" affermò Tyr, che dopo due settimane di silenzio sull'argomento aveva deciso di rientrare nel discorso. "Cosa avete in mente?" chiesi, ben sapendo quale fosse l'unica soluzione fattibile, soluzione che io mi ero impegnata in tutti i modi a non menzionare in nessun caso e per nessun motivo "L'unica soluzione è portarli con noi" mormorò Kirian. Dalla sua voce, ero certa che quella soluzione non gli piacesse, ed ero sicura che non ne avessero accennato fino alla stessa sera per il semplice motivo che cercavano altre possibili alternative. Non ne avevano trovate. "Darius ha fatto preparare una stanza per nutrirli, era felice della possibilità di poter stare un po' con i piccoli" mi informò Tyr, non potevo dargli torto. Non avevo permesso a nessuno, oltre che ai miei consorti di avvicinarsi ai bambini. Era istintivo, perché i maschi uccidono i cuccioli che non sono stati generati da loro stessi. Sapevo razionalmente che non sarebbe successo. Sapevo che Darius non avrebbe fatto del male ai miei figli, come non glielo avrebbero fatto Virnish e le mie guardie ed il curatore, ma nella mia mente c'era sempre la vocina del mio istinto che urlava che ci avrebbero provato. "Abbiamo organizzato una scorta numerosa per il viaggio." continuò "Non possiamo fare altro, dobbiamo andare" affermò "Volete portare i nostri cuccioli in mezzo a tutti quei maschi?" chiesi sconcertata, era l'unica cosa a cui riuscissi a pensare, i miei cuccioli, piccoli ed indifesi, in mezzo ad un gruppo di maschi tutt'altro che innocui. Nonostante la consapevolezza che nessuno dei miei consorti avrebbe permesso che accadesse qualcosa ai piccoli, nonostante sapessi che nessuno avrebbe tentato di ucciderli solo perché non era il padre dei piccoli, io non potevo far altro che ascoltare quella vocina che mi diceva che sarebbe successo. "Non li perderemo di vista un solo istante, ci assicureremo di restargli accanto ogni secondo, tutti e tre, nessuno oserà toccarli" affermò Kirian per tranquillizzare me, Tyr e se stesso. Anche una parte di loro gli diceva che non era prudente mettere i nostri cuccioli vicino ad altri maschi. La discussione non proseguì molto oltre. Non sapevo come ribattere, altre coppie portavano i loro figli ai ricevimenti, anche se in genere erano più grandi, inoltre non c'erano proteste che reggevano, avevano pensato davvero a tutto, non c'era obbiezione che reggesse e io continuavo ad avere un obbligo, un dovere, nei confronti di Darius, dei miei consorti e del mio casato. Alla fine capitolai con un sospiro di sconfitta.

rieccoci, di nuovo insieme a leggere le avventure di questo casato strambo, è passato un anno, sono successe cose, ma noi riprendiamo dalla nascita dei gemelli. a quanto pare per essere genitori i protagonisti sono anche troppo apprensivi, tra Darius e Selia le cose vanno, in qualche modo, e gli impegni pubblici rompono le scatole come al solito. tutto nella norma, insomma.

spero che come inizio di questa seconda parte vi possa essere piaciuto e voglio ringraziarvi per aver voluto dare una possibilità anche a questo racconto, mi raccomando, commentate. un bacio a tutti e buona lettura.

il casato di sangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora