16 - confidenze

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Ci svegliammo un paio d'ore prima del tramonto, quando la porta si aprì di colpo. Orif fece il suo ingresso con due soldati al seguito e Ivia che cercava di fermarlo. Alzai a malapena la testa, che lasciai ricadere sul cuscino sbuffando, solo che, per essere un cuscino, era decisamente duro. Mi scostai il tanto che bastava a vedere cosa avessi sotto la testa, e non trattenni un sorriso alla vista del petto ampio della mia guardia. Lanciai un'occhiata ad Ivia "I bambini?" domandai, lei alzò lo sguardo sollevata, aveva il terrore di farci arrabbiare, era abituata a dolorose punizioni con i suoi vecchi padroni. "Si sono svegliati un'ora fa, i curatori si sono occupati di loro, tra poco andranno a fare colazione" ci informò. Era ora di alzarci. "Grigori, secondo te lo fanno apposta, per irritarmi, a non bussare o è che non hanno la minima idea di come ci si comporti in casa altrui?" domandai. La mia guardia trattenne a stento uno scroscio di risate, i miei consorti non si sforzarono. "Non siamo qui per giocare" affermò l'anziano irritato. "E questo vi da il permesso di irrompere nella mia camera da letto quando più vi aggrada?" chiesi alzandomi a sedere su letto. Le lenzuola che ci coprivano scivolarono e tutti poterono vedere che eravamo decisamente tutti nudi. "Di sicuro non ci si aspetta di vedere uno spettacolo simile nelle camere di una femmina" affermò l'anziano con sdegno "E di certo non ci si aspetta tanta scortesia da un anziano" affermai, poi lanciai uno sguardo sul piccolo divanetto che avevamo messo in camera, come ci eravamo aspettati era occupato "Ciao Seth, dormito bene?" salutai. Il mercenario sorrise "Come sempre quando sono vostro ospite, ma non rimproveri anche me?" chiese curioso. Scrollai le spalle "Ormai ci siamo abituati a trovarti in camera al nostro risveglio" affermai "Mi piace studiarvi" ci informò "Ma stavolta ero alla ricerca del tuo Grigori, anche se dovevo dire qualcosa anche a voi. Mi ha sorpreso trovarlo qui" affermò, lo ignorai e scesi dal letto, imitata da Grigori. Tyr e Kirian si erano stretti l'uno all'altro e avevano ricominciato a sonnecchiare, sospirai "Butta giù dal letto quei due pigroni" mormorai a Grigori sfiorandogli appena una spalla e dirigendomi verso la cabina armadio. Afferrai un cambio di abiti per me e per i miei consorti e lo lasciai sul letto. Grigori, intanto aveva quasi letteralmente buttato giù i due maschi dal letto. Poi senza farmi troppi problemi mi incamminai in bagno, poco dopo arrivarono anche i miei consorti.

Uscii dal bagno avvolta in un asciugamano e con i capelli bagnati. L'anziano e la sua scorta erano usciti dalla camera, ma ero sicura che li avrei rivisti presto, invece Seth era ancora seduto dove l'avevo lasciato. Anche Grigori non si trovava nella camera. Cominciai ad asciugarmi i capelli con un asciugamano, seduta sul letto "Cosa devi dirci?" chiesi, sicura che non voleva farlo sentire agli altri ospiti "Stanotte ci sarà la cerimonia per i due uomini che sono morti, due ore prima dell'alba" mi informò. Io mi bloccai per un istante, lo guardai e ripresi ad asciugarmi i capelli senza distogliere lo sguardo. Aspettai che continuasse in silenzio "Ti ricordi cosa mi hai detto la prima volta che ci siamo visti?" domandò "Ci siamo detti molte cose" mormorai, cercando di capire dove volesse arrivare "Vero" concedette "Tu mi hai detto che non eri come le altre donne, mi hai detto che non eri come le femmine che vivevano con te e in questo anno ho capito che non sei proprio come nessuno del clan, né tu, né i tuoi uomini." fece una pausa, stranamente non aveva la sua solita espressione glaciale e insensibile, solo non riuscivo a capire cosa provasse. Anche il tono pacato che stava usando era diverso da quello che gli sentivo sempre "Nessuno all'interno del clan avrebbe mai alzato un dito per noi, invece tu hai insultato un anziano per difendere due dei miei. Hai salvato la vita a Grigori, nessuno l'avrebbe fatto, lui per molto tempo è stato uno di noi e tutti lo sanno e lo trattano come trattano noi. Ma a te non importa e non importa neanche ai tuoi due maschi." mi fissò con uno sguardo intenso che mi paralizzò per lo stupore "Tu sei forte, potente, intelligente, bella, hai rapporti stretti con il meglio del clan, ma non ti vedo mai comportarti come una di loro. Ho provato a capire se sei veramente come appari, o sei come quelle femmine che fanno tutto per uno scopo. Ti ho studiata dal primo momento in cui ci siamo incontrati" affermò. Continuai a fissarlo "E a che conclusione sei arrivato?" domandai lasciando cadere l'asciugamano umido a terra "Che sei davvero come appari." fece un secondo di pausa, poi continuò "Sei proprio così, ma quello che sei tu non è ciò che dovrebbe essere un membro del clan. Ho vissuto a lungo, non quanto i tuoi consorti, ma a lungo. Ho conosciuto molti nobili del clan, ne ho incontrati di più importanti o meno, di età diverse in epoche diverse, ma nessuno di loro ragionava neanche lontanamente come te. Nessuno si preoccupa per i senza casato, nessuno ci ingaggia per proteggere, solo per uccidere. Nessuno ci difende, nessuno ha mai neanche pensato di insultare un membro del clan per noi, nessuno avrebbe rischiato per la vita di una umana tanto quanto hai rischiato tu ed io non mi spiego il perché" affermò. Cambiai posizione per averlo perfettamente davanti. Lo guardai attentamente, mentre nella mia testa si agitavano centinaia di pensieri. "Ti ricordi cosa ti dissi a proposito della mia vita prima di arrivare al Palazzo delle Donne, quando ti chiamai la prima volta?" chiesi, era lui che aveva cominciato quel discorso partendo dal passato, avrei fatto altrettanto "Dicesti che era complicato" affermò, ora il tono era più freddo, più vicino a quello che mi ero abituata a sentirgli pronunciare. Annuii in risposta alla sua affermazione "Vedi Seth, i casati si modellano in base alle esperienze ed attitudini di quelli che ne fanno parte, quindi se sei un bastardo, andrai a creare un casato di bastardi e tanti bastardi insieme non potranno fare altro che degenerare" affermai. I miei consorti uscirono dal bagno, afferrarono i vestiti che avevo lasciato sul letto ed uscirono. Quello era un discorso che dovevamo fare da soli "Quindi, come credi che si modella un casato la cui Lady ha vissuto tutta la sua vita trattata come un rifiuto?" domandai. Lui rimase in silenzio, immobile, gli occhi non mentivano, erano spalancati per la sorpresa, una reazione più che esplosiva per uno come lui, con la sua impassibilità. "Non posso affermare di comprendere davvero quello che hanno passato molti dei senza casato che ho accolto, ma posso capirli un po'." mormorai. Mi alzai, recuperai i vestiti e li indossai, aspettavo che fosse lui a decidere come far andare il resto della conversazione, perché io non volevo preoccuparmene "Cosa...?" cominciò, ma poi si interruppe gli sorrisi rimettendomi a sedere sulle morbide pellicce adagiate sul letto "Cosa mi è successo?" domandai "Se sei curioso posso dirtelo, non è un problema." affermai "Lui, l'anziano, aveva detto che avevi avuto dei traumi" mormorò. Sorrisi "Se vuoi puoi chiamarli così" affermai "Non so se lo sai, forse si, o magari lo hai intuito, ma prima, ero umana" affermai. Lui non parve sconvolto dalla notizia, che non avevo mai cercato di tenere segreta, ma non rimase indifferente "Alcune voci lo dicevano, ma molte altre sostengono che è impossibile che una Lady possa essere di origini umane, soprattutto essendo la la compagna dell'erede, ma non capisco questo cosa c'entri" sostenne "Sono nata in una bella famiglia, mia madre lavorava a casa per poter badare a me e a mio fratello maggiore, mio padre invece usciva la mattina, accompagnava mio fratello a scuola, poi andava a lavoro e rincasava sempre verso le cinque. Il sabato e la domenica uscivamo insieme, tutta la famiglia e ci portavano a vedere i cartoni al cinema, nei parchi giochi, alle giostre o al mare, in montagna, a fare passeggiate con i pony. Cose del genere, cose che ci piacevano. Era bello. Sai, è strano come lo ricordi. Ricordo tutto. Ricordo anche il momento in cui la favola è finita e il sogno è diventato un incubo. Ricordo che avevo cinque anni e ho visto morire mio fratello. Da allora è cominciato l'inferno. Mio padre ha cominciato a bere. Tornava a casa sempre ubriaco e mi urlava contro, mia madre mi ignorava, mi lasciava per giorni senza mangiare, usciva la mattina e non tornava fino a notte. Io continuavo a sperare che tutto sarebbe tornato normale, ma poi mio padre venne licenziato, passava tutto il tempo a casa, beveva sempre di più e poi urlare fu solo l'inizio. Un pomeriggio, poco prima del mio sesto compleanno, lui è venuto in camera mia, in una mano stringeva una bottiglia mezza vuota, nell'altra un palo di legno, il manico di una scopa. Quello fu il primo giorno che mi ritrovai a terra. Ero coperta di lividi e non riuscivo a respirare per il dolore, mi faceva male tutto il corpo. Mi ricordo che continuavo a chiedere aiuto, che vidi mia madre affacciarsi sulla porta, lanciarmi uno sguardo freddo e andarsene. Tornò nella mia camera il pomeriggio dopo, quello successivo e quello dopo ancora. Veniva tutti i pomeriggi e diventava sempre più violento. Faceva in modo di non colpirmi in viso, così nessuno l'avrebbe notato, continuava fino a quando non cominciavo a sanguinare, poi quello non gli bastò più, non smetteva fino a quando non svenivo. Mi occorsero degli anni prima di capire che potevo ribellarmi, che potevo provare a difendermi, ma quel comportamento sembrava renderlo più aggressivo e compiacerlo. Gli piaceva la lotta, sottomettermi, ma non gli piaceva che mi opponessi." feci una pausa per riprendere fiato poi continuai "Non so se esserne contenta o sentirmi offesa, ma più il tempo passava più la sua aggressività aumentava e alla fine io non gli bastavo più. Così, quando cercò di picchiare mia madre, lei mi prese con se e mi portò via. Andammo in una nuova casa, una bella villetta con un giardino. Mi sembrava il paradiso, avevo cominciato a sperare che sarebbe tornato tutto come prima, che mia madre mi avrebbe sorriso ancora e che saremo tornati ad essere felici. Non accadde. Mia madre non mi rivolgeva la parola e quelle poche volte che lo faceva era solo per insultarmi. Non so più quante volte mi abbia ripetuto che avrebbe preferito che morissi io al posto di mio fratello. Usciva, stava via per settimane senza dire niente e quando tornava mi urlava contro, alla fine mi puntò contro un coltello, ma a quel punto, dopo tutto quello che avevo già sopportato, non era rimasto più niente nel mio cuore. Quando le ho detto che poteva pure provare ad uccidermi è impietrita, ha lasciato cadere il coltello su un tavolo che aveva affianco, così l'ho preso io e glielo ho puntato alla gola. Poi l'ho sbattuta a terra e le ho detto che se ci avesse riprovato l'avrei ammazzata. Mi ha creduto, non ci ha mai più provato, ma continuavano gli insulti, continuava a lasciarmi sola, per periodo sempre più lunghi. Quando era in casa cercavo di restarne fuori il più a lungo possibile, mi ero creata un gruppo di amici, ridevo scherzavo, uscivo. Ma era tutto finto, non mi fidavo di loro, non sentivo gioia o piacere quando stavo con loro, perché io non sentivo più niente. I libri erano la mia unica consolazione, restavo sveglia tutta la notte a leggere, poi uscivo a vedere le stelle. Stare fuori di notte mi faceva sentire bene, il buio mi tranquillizzava, i pensieri scorrevano, si accavallavano e io non dovevo ascoltarli, fu così che vidi Darius la prima volta, fu così che lui mi vide, apparve dal nulla e poi scomparì nel nulla. Nei due mesi successivi le volte che lo vedevo erano le uniche in cui riuscivo a provare qualcosa. Poi una notte lui venne e mi portò via, a quanto pare un gruppo di distruttori si era accorto che lui veniva a farmi visita." sorrisi "Il resto suppongo che tu lo possa immaginare, a grandi linee. Tu volevi sapere perché io mi comporto così. Ora, dopo quello che ti ho detto, puoi dirmi come potrei non comportarmi così?" chiesi, non rispose, ma l'espressione era tornata seria "La cerimonia si terrà in una radura qui vicino, vorrei che fossi tu ad usare il fuoco" mi informò. Lo guardai stupita "Ne sarei onorata" affermai. Un secondo dopo ci incamminammo verso il giardino. Avevamo fame.

il casato di sangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora