The one where Fabrizio takes care of Ermal

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Faceva insolitamente caldo per essere marzo. Il termometro segnava una temperatura che solitamente non si percepiva prima di giugno ed ormai era normale vedere persone vestite con pantaloncini e magliette a maniche corte, anche se secondo il calendario era ancora inverno.

Così quel pomeriggio, dopo che Fabrizio era andato a prendere Libero a scuola, la decisione di andare a prendere un gelato fu quasi ovvia.

"Non dire a mamma che t'ho preso il gelato. Sai che poi si incazza se lo mangi in inverno" disse Fabrizio, sedendosi su una panchina e invitando il figlio a fare altrettanto.

"Ma fa caldo!" rispose il bambino come se volesse giustificare il fatto che, pur essendo ancora inverno, aveva senso mangiare il gelato.

"Lo so, ma te non dirglielo comunque."

Libero non disse altro e tornò a concentrarsi sul suo gelato.

"Cosa fai nei prossimi giorni?" chiese a un certo punto, mentre masticava l'ultimo pezzetto di cono.

Vedeva suo padre talmente poco che ormai si era abituato a fare quelle domande "da grandi", quelle cose che chiedono gli adulti senza in realtà essere davvero interessati alla risposta. Ma a Libero interessava davvero. Voleva sapere ogni cosa della vita di suo padre, ogni dettaglio di ciò che faceva mentre non era con lui.

"Niente di particolare, in realtà. Sto un po' con zio Ermal, ma sarà a Roma per lavoro quindi credo che passeremo poco tempo insieme. E tu? Mamma mi ha detto che nel weekend vai al mare con i nonni. Sei contento?" disse Fabrizio voltandosi verso di lui.

Libero annuì. "Sono contento. Me lo saluti zio Ermal? È da tanto che non lo vedo, un po' mi manca."

Fabrizio sorrise.

Non poteva che essere felice di quanto i suoi figli - soprattutto Libero, che faticava a legarsi a persone nuove - si fossero affezionati a Ermal, fin dai primi giorni della loro collaborazione.

Ermal aveva questo potere sui bambini che proprio Fabrizio non riusciva a comprendere. Entrava in sintonia con loro, più di quanto avrebbe fatto un loro coetaneo.

Fabrizio sospettava che fosse perché in fondo una parte di Ermal - quella che era stata obbligata a crescere troppo in fretta per prendersi cura della sua famiglia - conservava ancora l'entusiasmo tipico dei bambini.

"Ti va di salutarlo adesso? Gli telefoniamo, se vuoi" propose Fabrizio.

Libero annuì sorridendo, mentre suo padre prendeva il cellulare a cercava il numero di Ermal in rubrica. Si portò il telefono all'orecchio e, appena Ermal rispose, disse: "C'è una persona che ti vuole parlare."

Poi passò il telefono a Libero, che lo avvicinò all'orecchio sorridendo.

"Ciao, zio Ermal!"

"Ehi, campione! Come stai?" disse Ermal dall'altra parte.

Era felice di sentire la voce di Libero e sarebbe stato ancora più felice di vederlo, ma già era difficile riuscire a trovare il tempo di vedere Fabrizio, figurarsi quello di vedere i suoi figli.

Si era affezionato subito a loro e, quando le cose con Fabrizio erano cambiate e avevano cominciato a frequentarsi, aveva iniziato a considerare Libero e Anita come una parte fondamentale della sua famiglia.

Non erano i suoi figli, non lo sarebbero mai stati, ma era come se lo fossero.

Amava passare del tempo con loro, anche solo a guardarli giocare, ed era certo che l'affetto che provava nei loro confronti era esattamente ciò che un padre prova - o almeno dovrebbe provare - per i propri figli.

We're all stories in the end - Metamoro one shotsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora