Tempesta

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Mi preparai una veloce colazione, ansioso di sapere ciò che Sarah mi avrebbe detto, quando improvvisamente qualcuno bussò alla porta. Sembrava essere diventata una tradizione quella di bussare alla mia porta di mattina presto ormai. Aprii e con mia grande sorpresa vidi Sarah. La ragazza mi aveva anticipato sui tempi e non feci neanche in tempo a salutarla che con un grosso abbraccio si scaraventò su di me, facendoci cadere entrambi sul parquet del mio salotto. Non sapevo se essere felice o sconvolto: la ragazza che fino a ieri aveva paura anche di urtare una persona per sbaglio, oggi mi era appena saltata addosso, senza alcun timore. Ci rialzammo dal pavimento, e lei un po' imbarazzata mi disse: <John, ce l'ho fatta! Non so come e non so il perchè, probabilmente per i tuoi consigli, ma ho superato la mia paura. Poco fa mi sono fatta una doccia lunghissima e quasi non volevo smettere. Ti ringrazio veramente tanto per quello che hai fatto, ora mi sento una persona nuova, rinata>. In quel momento mi sentii diviso in due parti: da un lato ero emozionato quanto Sarah, che finalmente dopo tanto aveva superato tutte le sue paure. Niente in quel momento avrebbe potuto rendermi più felice di quella notizia... D'altro canto però quelle parole mi avevano dilaniato l'anima. Il mio sogno era stato fin da sempre quello di diventare una persona famosa, conosciuta da tutti, per un motivo o per un altro. In quel momento invece una domanda continuava a ronzarmi nella testa, come una mosca che di notte non ti lascia in pace... Avrei potuto continuare in quel modo? Moltissime persone oggi giorno fanno del bene rimanendo nell'anonimato, oppure senza grandi gesti, nel loro piccolo insomma. Avrei quindi veramente potuto separare la parte egocentrica, o egoista, che mi caratterizzava, allontanarmi da quel desiderio che avevo sempre avuto, pur di fare del bene? Dubbi sul fatto che Sarah non si ricordasse nulla non ce ne erano. Lei aveva espressamente detto: <Non so come e non so il perchè[...]>. Quindi nessuno avrebbe saputo ciò che facevo, sarei rimasto nell'ombra per sempre... Pensai di poterlo dire in giro, ma chi mi avrebbe creduto? Sono sogni d'altronde, potrei essere uno dei tanti psicologi che li analizza, dando interpetazioni vero-simili. Se neanche il sognatore ricordava il mio aiuto all'interno del sogno...era tutto inutile. Attraversai una vera e proria tempesta del dubbio. Probabilmente era quello ciò che Morfeo intendeva nella mail: "togliere la maschera" magari non era una frase riferita al mio momento di rabbia avuto nei giorni precedenti, cioè alle mie emozioni, quanto al mio allontanarmi da ciò che più desidero... Morfeo sarebbe quindi stato una specie di giudice? Voleva che io cambiassi a finchè potessi fare del bene senza un tornaconto personale? Fu così che le domande da una, iniziarono a moltiplicarsi, sempre di più, finchè Sarah interruppe i miei pensieri con una proposta: <John, per ringraziarti potrei offrirti qualcosa? Magari la colazione, o se preferisci un semplicissimo caffè>. <Grazie Sarah, ma non è il momento>le risposi. Notai che il suo volto cambiò velocemente espressione, passando da uno stato di euforia ad uno di tristezza, quasi funereo. Tutt'oggi rimpiango ciò che feci successivamente. Nonostante infatti avevo notato questo cambiamento e ciò che mi stava proponendo Sarah era soltanto una semplice colazione, le chiusi la porta in faccia, senza aggiungere altro. Ora, so che fu un gesto alquanto maleducato, ma purtroppo sono un umano anche io...Molte volte si pensa agli psicologi come robot, o esseri così superiori da controllare sempre le proprie emozioni, o persino non provarle affatto. In quel momento invece, la parte di me che vedeva i propri sogni infranti, aveva preso il sopravvento sulla parte soddisfatta per i progressi della ragazza. Si generò un vuoto nel mio animo che pensai fosse incolmabile. So che può sembrare un'assurdità, ma porsi un obiettivo per tutta la vita e vederlo volare via in un battito di ciglia è una delle cose più dolorose che possano accadere ad una persona. Non sto dicendo questo per farvi provare pena per me o per giustificarmi del mio comportamento, è solo un modo per farvi riflettere sul comportamento di noi umani...Sarah era venuta a casa mia per darmi una buona notizia e nonostante ciò l'avevo allontanata. L'avevo aiutata, ma neanche per un attimo avevo pensato a chiederle una mano. Magari avrei potuto parlarle della situazione, magari non avrebbe capito, però mi sarebbe stata accanto. In quel momento mi sentii solo, abbandonato a me stesso. Non davo la colpa a nessuno, visto che ero io il primo che allontanava gli altri, ma mi chiedevo come fosse possibile che non riuscissi semplicemente a chiedere una mano... Orgoglio? Laurea in psicologia? Sapevo di sicuro che non era la seconda, in quanto uno psicologo che si "auto-analizza" è come un avvocato che, chiamato in giudizio, decide di difendersi da solo. Il fallimento è assicurato. Il mondo è pieno di gente sola che ha paura a fare il primo passo. Questa fu la conclusione ai miei pensieri, ai miei dubbi, a tutto. Decisi che per un po' avrei smesso di utilizzare il mio potere, cercando di dimenticare tutto ciò che mi era successo fino a quel giorno. Negazione. La negazione è uno dei primi meccanismi di difesa descritti in psicologia e rappresenta quel processo autoprotettivo attraverso il quale la mente rifiuta le realtà a noi sgradevole. Lo sapevo bene ma decisi comunque di prendere quella strada. Mi sedetti con la schiena poggiata sulla porta, con le gambe strette e le braccia a sostegno di quest'ultime, come se cercassi almeno un ultimo conforto in me stesso, un abbraccio. Passai la giornata in quell'angolo del mio appartamento, consapevole che non sarei stato nient'altro che una delle tante persone al mondo, che nasce come uno sconosciuto per morire come tale. La sera però qualcuno bussò di nuovo alla porta. Ero stato tutto il giorno seduto a compiangermi e non mi ero neanche lavato, quindi decisi di non aprire... La persona fuori dal mio appartamento però insistette violentemente, bussando e bussando. Decisi allora sconfortato di aprire e ritrovai di fronte a me Sarah. <Non so cosa le sia successo...>mi disse agitata<...ma se anche in minima parte posso aiutarla, allora lo farò, come lei ha fatto con me. Oggi appena mi ha chiuso la porta in faccia me la sono presa, pensando di aver sbagliato qualcosa, oppure di averla offesa...Poi però mi sono ricordata che lei è stato con me nonostante non mi conoscesse, trattandomi come se fossimo vecchi amici. Ora ho bisogno che lei mi permetta di fare lo stesso, voglio aiutarla, e non me ne andrò da qui finchè non mi dirà cosa le è successo>. La scena mi lasciò del tutto a bocca aperta: nonostante l'avessi trattata male lei era tornata lì, per me. Fu in quel momento che ebbi una rivelazione. Avrei continuato ad utilizzare il mio potere, non tanto per la fama, ma per le persone come Sarah, persone che hanno un passato burrascoso alle spalle, che hanno sofferto, che hanno lottato, ma in ogni caso sono andate avanti. La feci entrare dentro casa con un sorriso un po' forzato, non tanto per la tristezza precedente, quanto per il tentativo di trattenere le lacrime per quel gesto. In quel periodo era successo tutto così velocemente e non avevo avuto l'opportunità di parlarne con nessuno. Prima questi poteri, poi Mary e infine questo... Ma quel giorno avevo trovato un'amica, una vera amica, così decisi di superare a mia volta le mie paure, e affrontammo la cosa, insieme.

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