Abbiamo tutti nel petto un pianoforte e abbiamo perduto gli spartiti per suonarlo. Alcuni li ritrovani nei libri, altri nell’incendio di un tramonto, altri negli occhi di una persona, ma ogni volta gli spartiti cadono dalle mani e si perdono come un filo d’erba o un sogno. La vita è la ricerca infinita di questi spartiti per non sentire il silenzio che ci circonda... Avevamo perso Dylan e cercavamo in qualche modo di "rimpiazzarlo", o per lo meno di sostituirlo con un altro tipo di ricordo o emozione. Sarah si era chiusa in sè stessa e già da quattro giorni non usciva più di casa, se non per mangiare... Io cercai, quasi in modo ossessivo, di trovare un soluzione nei giorni a seguire per "resuscitare" il nostro amico. Sapevo che l'ocarina non poteva fare miracoli, ma dovevo provarci. Con il senno di poi, capii che quello non era altro che un modo per cercare di evitare la realtà. La sua morte ci aveva segnato duramente, quasi "marchiato" la pelle con un segno indissolubile, un vincolo. Eravamo così chiusi e "incatenati" nei nostri rispettivi modi di pensare e affrontare la situzione, che non riuscivamo nemmeno a confortarci l'uno con l'altra... Passarono settimane, e nel frattempo organizzammo anche il funerale per Dylan. Alla veglia funebre eravamo presenti solo noi due, circondati da tombe e dal silenzio. Nessuno dei due riuscì a proferire parola nonostante l'invito del prete, il quale vedendo i nostri volti sconsolati, si limitò a concludere la preghiera e a procedere con la sepoltura della tomba. Finita la veglia provai ad approcciare un dialogo con Sarah per sapere come stava, ma lei si girò solo per pochi secondi verso di me, poi si rigirò e andò in direzione parcheggi, per riprendere la macchina. In quei pochi istanti avevo osservato più di quanto immaginassi nel volto di Sarah: tristezza, senso di vuoto, depressione, malinconia, incertezza e persino un filo di rabbia.
Lentamente, ma inesorabbilmente, le nostre vite stavano cambiando, frantumandosi davanti ai nostri occhi come un bicchiere di vetro che si scontra contro il pavimento... e prima o poi saremmo sicuramente riusciti a riparare questo bicchiere, ma non sarebbe mai stato come quello di un tempo... Era ormai passato un mese dalla morte di Dylan. A malincuore o meno, io e Sarah avevamo il compito di aiutare gli altri, quindi saremmo dovuti tornare a "lavoro" il prima possibile. <I supereroi non vanno mai in vacanza> pensai tra me e me, accennando un lieve sorriso. Mi diressi verso l'appartamento di Sarah. Come se telepaticamente avessimo avuto la stessa idea, ci incontrammo sulle scale. Sarah era davanti a me ed io ero sotto di lei di tre gradini. Ci fermammo per un istante, fissandoci negli occhi. In quel momento mi sentii quasi rassicurato, come se quel semplice sguardo avesse in qualche modo dimezzato la nostra sofferenza... Ci dirigemmo verso il mio appartemento ed entrammo nella Velvet Room. Morfeo non ci rivolse nessuno dei suoi saluti plateali questa volta, ma si limitò a farci un cenno con il capo. Apprezzai la sua "empatia". Sospirando Sarah si posizionò nella sua zona di controllo ed io mi diressi verso una delle tante porte. Stranamente, nonostante non ci fosse più Dylan, ero in grado ancora di poter accedere a qualunque porta, e non solo a quelle che corrispondevano agli abitanti del mio condominio. Non mi feci molte domande però... non avevo nè la forza nè la voglia di pormele... "Elizabeth", era il nome che comparve sulla porta che scelsi: quest'ultima aveva un aspetto semplice, quasi monotono. Era tinta interamente di bianco e non aveva nessun tipo di rifinitura particolare. Entrai. <Scappa ragazzo o ti prenderanno!> mi urlò un uomo. Aprii lentamente gli occhi e mi ritrovai in una specie di giungla. Ero sdraiato per terra con un braccio sulla fronte, come se da poco fossi stato colpito in testa. Mi alzai e vidi centinaia di persone correre e scappare. Tutte andavano nella direzione opposta rispetto a dove stavo guardando, con gli sguardi colmi di paura e con il respiro affannato. In lontananza sentivo delle urla accompagnate da strani rumori meccanici. Non feci in tempo a realizzare cosa stava accadendo che una ragazza mi corse incontro e ci scontrammo. Caddì nuovamente a terra e così anche la ragazza. <Che cosa facevi lì impalato? Vuoi forse morire?> mi urlò contro. Mi rialzai e mi scusai, tendendo una mano verso la misteriosa ragazza per aiutarla ad alzarsi. Lei non badò al mio gesto e di scatto si rialzò, pronta a correre. Neanche un secondo dopo, un boato nelle nostre vicinanze scosse tutti gli alberi, e ciò fece desistere la ragazza dallo scappare. <...è finita, siamo in trappola...> sussurrò. Non riuscivo a capire... tutto stava accadendo così in fretta. Dagli alberi emersero quattro enormi mostri metallici, ognuno rispettivamente posizionato in uno dei quattro punti cardinali: mi sembrò di essere l'ago posto sulla rosa di una bussola, poichè da qualunque lato provavo a girarmi, la mia strada era occupata e la mia area si limitava ad una circonferenza. Uno di questi "robot" si avvicinò alla ragazza alzando un braccio metallico: la ragazza venne sollevata da terra come se fosse attratta da un campo gravitazionale. Dai fori sulla parte superiore del robot, che probabilmente componevano gli occhi di quella creatura, fuoriuscì una luce rossa, che abbagliò del tutto la ragazza. <Soggetto 735171, Elizabeth Turner> disse la voce robotica. Il mostro metallico ritirò il braccio e la ragazza tornò con i piedi per terra. Mi sembrò di vedere una persona totalmente diversa: era calma, il suo respiro era regolare e sembrava che ogni sua paura fosse sparita del tutto. Si diresse verso est camminando lentamente. Un secondo robot si avvicinò a me questa volta. Estrassi velocemente l'ocarina, provai a suonarla ma... non fece nessun effetto. Cosa stava accadendo? Provai a contattare Sarah con l'origami che aveva realizzato, ormai tramutato in una specie di "telefono" da Morfeo, però non feci in tempo neanche a muovere un muscolo che il robot mi catturò con la sua onda gravitazionale. Cercai di scappare dimenandomi, ma non ci riuscivo. Pochi istanti dopo, abbagliò anche me con quella misteriosa luce rossa... <Soggetto 735172, John Collins>.

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The Dreams Traveler
FantasiLa storia vede come protagonista John Collins, un ragazzo di New York appena laureato in psicologia. John svolge una vita solitaria ma ricca di aspettative per il futuro, quando qualcosa sconvolgerà il suo modo di pensare e di agire: egli infatti ot...