Non sapevo cosa fare. Le mie parole non l'avrebbero convinta, ormai era determinata a continuare a studiare. Il suo obiettivo era primeggiare su tutto e tutti, le distrazioni non erano contemplate. Chissà fino a dove si sarebbe potuta spingere, in assenza di emozioni, pur di ottenere ciò che voleva... Oscar riuscì a "trascinarla" con la forza fuori dalla mensa, dove occhi indiscreti non avrebbero potuto vederci. <Io devo studiare, mi spiace non potervi aiutare, ma non ho tempo per queste cose, io...> disse Elizabeth. Oscar le afferrò nuovamente il braccio e, in modo poco cortese, la spinse a prendere il farmaco per riottenete le emozioni. La reazione di Elizabeth fu diversa dalla mia, come se l'effetto della medicina fosse solo parziale. La ragazza infatti si mise una mano sulla testa, come se improvvisamente soffrisse di un leggero mal di testa e disse: <Mi sento strana... in ogni caso, non toglie il fatto che io debba continuare ciò che sto facendo. È vero che mi sento arrabbiata per il modo in cui mi hanno condotta qui, ma del resto almeno qui ho un obiettivo. Nella realtà ero costretta a fuggire nella giungla, senza mai sosta. Se il prezzo per stare in pace è perdere le emozioni, sono pronta a pagarlo> concluse. Il suo discorso non aveva senso, come può un essere umano sopravvivere senza emozioni? Non sono proprio quest'ultime che ci distinguono dagli animali, o peggio, dalle macchine? <Fai provare me> disse una voce. Inizialmente non riuscii a capire da dove provenisse quel suono quasi camuffato: <Sono Sarah, fammi parlare da sola con Elizabeth>. In quel momento capii ed estrassi l'origami dalla tasca. Lo lasciai nelle mani della ragazza, sperando che il piano di Sarah potesse funzionare, e mi diressi verso la mia camera insieme a Oscar... <Elizabeth giusto? Piacere, sono Sarah. So che può sembrarti strano una rana parlante, ma è l'unico modo che ho per comunicare con John all'interno dei sogni...> disse Sarah. Elizabeth sorrise leggermente. La mia condómina continuò: <Parlando tra sole donne, posso capire come ti senti. Gli uomini possono provarci, John a volte ci si avvicina, ma non avrà mai l'intuito e la sensibilità che abbiamo noi donne. Ma è veramente quello che vuoi?> le chiese Sarah. Elizabeth rifletté per un breve istante e poi disse: <Io credo che questo sia il modo più efficace. Eliminando la tristezza, la noia, la paura e il dolore sono rinata, sono sempre felice e pronta a lavorare. Perché dovrei cambiare qualcosa?>. Sarah riprese a parlare: <Ma non te ne rendi conto? Vivi in una "campana di vetro", il tuo mondo è fatto di "plastica". Non puoi semplicemente eliminare la tristezza, perché così facendo non capirai mai a fondo la felicità. Fidati di me, anche se fa male, è un dolore necessario per la crescita> concluse Sarah. Elizabeth non era del tutto convinta: <...sarà anche un mondo finto, impeccabile come una piramide fatta di carte, ma io ci sto bene. Preferisco la "falsità" di questo mondo alla tristezza e alla sofferenza del mondo reale...> disse. Nel frattempo io e Oscar eravamo non molto distanti di Elizabeth, perciò avevamo sentito tutta la conversazione... Oscar aveva un'espressione imparziale, forse proprio perché si trattava di una persona immaginaria, frutto del sogno della ragazza... ma io non riuscivo a non pensare al fatto che ciò che Elizabeth stava dicendo, fosse vero. Anche io avevo desiderato di non soffrire più alla morte di Dylan, e in qualche modo ero stato ricompensato... ma al "ritorno" delle mie emozioni ho capito che in realtà non stavo "vivendo", ma solo "esistendo". Preso dai miei pensieri non avevo notato che Elizabeth si stava dirigendo verso di noi. <Sarah mi ha convinta, usciamo di qua> ci disse. Come aveva fatto? Glielo avrei chiesto una volta uscito da quel maledetto sogno... dovevamo correre, o l'effetto del medicinale sarebbe finito. Riuscimmo ad arrivare al portone, ma una guardia sorvegliava l'uscita. <E adesso?> chiese Elizabeth. <Lasciate fare a me ragazzi, vi aprirò un varco per permettervi di uscire> disse Oscar. <E tu come farai a uscire?> chiesi. <Questa è una questione di poco conto, la mia priorità è quella di farvi uscire di qui> ci disse mettendo fino alla conversazione. Ci fece segno di nasconderci in uno dei corridoi secondari dell'edificio. <Ei tu, pezzo di metallo arrugginito, mi sa che ti sei fatto sfuggire un prigioniero... Visto che ci sono, vorrei una suite a cinque stelle con colazione al letto, grazie> urlò Oscar ironicamente. Il robot iniziò a seguirlo, ma Oscar fece uno scatto e scappò dritto davanti a lui, con le spalle rivolte verso l'uscita. Mentre correva mi sembrò che per un istante si fosse girato verso di noi come per dire: <Buona fortuna ragazzi>. Appena la via di fuga fu libera, iniziammo a correre. Ci ritrovammo nella giungla, sperduti e circondati solamente da enormi alberi e dall'edificio-accademia dietro di noi. <Dobbiamo continuare a correre... probabilmente tra poco si accorgeranno della nostra assenza!> disse Elizabeth. Si, ma verso quale direzione? Come avremmo potuto ritrovare una porta in quella giungla interminabile? Ci fermammo un secondo per riposarci, sotto l'ombra di un albero... Provai ad utilizzare l'ocarina, ma come pensavo non successe nulla. Del resto non poteva fare miracoli... Che fossimo destinati a rimanete intrappolati nel sogno? O peggio morire lì? Un sorriso amaro si formò sulle mie labbra: <Buffa la vita...> pensai <Dylan è morto sotto ad un albero... chissà se anche a noi capiterà la stessa sorte...>. Improvvisamente però qualcosa o qualcuno scosse alcuni cespugli in lontananza. Ci alzammo e ci mettemmo sull'attenti ad ascoltare, come se fossimo stati richiamati dal nostro caporale. Era arrivata la nostra fine? Dai cespugli però uscì una figura minuta rispetto alle enormi macchine: era Oscar! <...ma come?> balbettò Elizabeth. <L'ho raggirato, poi l'ho colpito e...vabbè, non abbiamo tempo per le storielle adesso. Seguitemi, io so dov'è l'uscita> ci disse. Corremmo finché non ci fu più fiato nei nostri polmoni...<La porta! L'abbiamo ritrovata!> dissi. Da lontano sentimmo urla metalliche che velocemente si avvicinavano. Senza tergiversare ulteriormente aprimmo la porta ed entrammo: finalmente eravamo salvi.

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The Dreams Traveler
FantasyLa storia vede come protagonista John Collins, un ragazzo di New York appena laureato in psicologia. John svolge una vita solitaria ma ricca di aspettative per il futuro, quando qualcosa sconvolgerà il suo modo di pensare e di agire: egli infatti ot...