Vuoto

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Mi ripresi. Ero ancora all'interno del sogno di Lewis? Ci misi poco a capirlo... Intorno a me era ancora tutto completamente buio ed ero circondato da strane forme nere. Le voci si erano fermate e come se fossi l'elemento sacrificale di una setta, ero al centro di quella folla, quasi in attesa di essere offerto a qualche strana divinità. Lewis uscì da quell'insieme di ombre, sempre mostrandomi il suo volto completamente sfregiato, ed iniziò a parlarmi: <Io sono loro e loro sono me. Imparare ad accogliere i miei dubbi e le mie paure è stata la cosa più semplice della mia vita...ma a quale prezzo? Ora non vogliono andarsene, e io sono qui, bloccato con loro...Io sono loro e loro sono me. Continuano a ripetermelo ed io...sto iniziando a crederci> mi disse. Capii che la mente del mio condòmino era completamente offuscata da un'insieme di insicurezze che lo avrebbero spinto di li a poco a qualcosa di pericoloso: il suicidio. Il suicidio è l'atto consapevole e volontario di infliggersi la morte, come esito di un vissuto interiore doloroso e lacerante, che comporta decisioni e indecisioni fondamentalmente incentrate su un dubbio: porre o non porre fine alla propria esistenza. Si tratta di un penoso processo che passa attraverso una fase comportamentale muta, in cui sono presenti solo pensieri ed impulsi suicidi, ed una caratterizzata da messaggi più o meno impliciti che precedono l'atto: cogliere tali messaggi diviene dunque fondamentale. Li avevo colti? O mi erano sfuggiti? Non avevo tempo per queste cose, dovevo uscire di lì al più presto. Lewis si avvicinò ancora di più a me e lentamente posò una sua mano sulla mia spalla. Una sensazione di tristezza avvolse il mio corpo. Dovevo veramente combatterla? Magari no, potevo rimanere qui, al sicuro, lontano dai pericoli del mondo. Così facendo avrei anche evitato gli effetti collaterali che sarebbero scaturiti a seguito di questo sogno, causandomi magari dubbi anche su me stesso. Improvvisamente però mi resi conto di ciò che stava accadendo: quasi come se fossi stato ipnotizzato, stavo lentamente entrando a far parte di quel mondo oscuro. Sentivo gli sguardi di quelle "cose" su di me, e Lewis che quasi tentava di ricreare un sorriso. <Per molti anni sono stato solo, magari se rimani qui con me potremmo soffrire insieme...Nessuno mi capisce, nessuno potrà mai capire...Io sono loro e loro sono me> mi sussurrò. Capii che se non avessi fatto qualcosa al più presto me ne sarei pentito. Provai a prendere la mia ocarina, ma non la trovai. Cosa dovevo fare? Come potevo aiutare Lewis? Dovevo convincerlo a uscire dalla sua "bolla" : < Lewis, so che il mondo può essere crudele a volte, nessuno può controllare ciò che ci succede o ciò che accade a chi abbiamo intorno. So anche che è difficile andare avanti, qualunque cosa ti sia successa, ma per le persone che ami, o che ti amano, è questo veramente quello che vuoi fare? Chiuderti in questo mondo oscuro e solitario... A volte dobbiamo tirare fuori le unghie, lottare con i pugni e con i denti, perchè questa è la vita. Però c'è una cosa che forse ti sei dimenticato. La vita non è solo questo, ma vita è passione, felicità, spensieratezza. Sebbene le emozioni negative facciano parte di noi, non devono prendere il sopravvento su quelle positive. Siamo stati fatti per ridere e piangere, per soffrire e gioire, non si può prescindere da questo. Lewis, se in te c'è ancora quella forza, anche una piccola scintilla, che è stanca di vivere in questo modo ma vuole combattere, allora è arrivato il momento di lottare> conclusi. Lewis mi guardò dubbioso, poi si girò verso le strane figure, come in cerca di un consiglio o di un segno. <Non dargli retta Lewis, qui tu sei al sicuro, nessuno potrà più ferirti, tu sarai per sempre in pace> dissero le voci in coro. Lewis era palesemente confuso, non sapeva cosa fare. Continuai: <Ascolta la mia voce, voglio solo riportarti alla realtà, voglio che tu viva, veramente>. Lewis iniziò a dimenarsi, tenendosi con le mani strette le tempie, come se la sua testa stesse per espodere da un momento all'altro. Le voci intonarono un canto di dolore: <Non puoi...non puoi abbandonarci...noi siamo te e tu sei noi...>. Come se fosse stato in preda ad un attacco convulsivo o, per i più fantasiosi, come se fosse stato impossessato, il mio condòmino si ripiegò su se stesso, rivolgendo la schiena al pavimento, formando un arco con il corpo. Nuovamente un insieme di falene uscì dal suo volto, ma stavolta qualcosa cambiò: le falene attacarono le voci, sovrastandole il loro canto con il battito veloce delle ali. Il cambiamento fu drastico: si passò dal chiasso generato da quegli "esseri" ad un silenzio tombale. Lentamente infatti tutte le voci cessarono, e nel buio rimanemmo io e Lewis. Si girò verso di me. Il suo volto...era tornato normale! <Grazie> mi disse. In quel momento il pavimento iniziò a tremare e piccoli fori iniziarono a formarsi sulla sua superficie. I buchi diventarono sempre di più e da ognuno di essi usciva una luce. Una luce calda, accogliente. Il pavimento continuò a tremare sempre più forte finchè la sua superficie non fu interamente fatta di luce. Lewis mi guardò e con un cenno del capo mi ringraziò nuovamente. Aprii gli occhi. Ero sveglio. Mi girai di scatto per controllare l'ora: fortunatamente erano passati solamente 7 minuti. Ero riuscito ad aiutare Lewis e niente avrebbe potuto rendermi più felice. Controllai al volo le tasche: l'ocarina era tornata al suo posto. Il giorno dopo sarei andato a controllare Lewis, ma per ora mi ero meritato una buona tazza di caffè e un po' di relax. Il giorno successivo sarebbe stato impegnativo. In particolare non riuscivo a smettere di pensare agli effetti collaterali...e poi il sogno. Questa volta avevo rischiato ed anche troppo, perciò decisi che il giorno seguente avrei fatto un piccolo esperimento, basandomi su un'idea che avevo avuto in precedenza. I risultati furono sorprendenti...

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