Capitolo 29

11.3K 208 84
                                    

Alice's pov
Sono ormai le cinque e mezza del pomeriggio quando rientro in sala specializzandi.
Lara e Paolone stavano uscendo nell'esatto momento in cui io mettevo piede sulla soglia, rilasciati dai loro docenti dopo una giornata spesa interamente sulle ricerche per il progetto di Parigi.
"Alice, puzzi di cadavere" dice senza mezzi termini Lara, fin troppo schietta "Ti ci vuole una bella doccia"
Non ho nemmeno la forza di contraddirla perché in fondo ha perfettamente ragione: "Lo so"
"Com'è andata l'autopsia?" chiede facendomi l'occhiolino, l'aria di chi ha già saputo tutto quel che c'era da sapere.
"Faticosa, ma è andato tutto liscio" affermo sorridente "Lefebvre si è perfino complimentato..."
"Ahh lo sapevo!" strilla catturandomi in un abbraccio stritolante "E brava la nostra Alice, così si fa! Devi farti sempre valere su quella smorfiosetta di Scanner"
Ovviamente la diretta interessata non è presente, anche se Lara non è il tipo da farsi problemi a parlarti male in faccia.
"Alice, sono fiero di te" mi dice Paolone quando la mia collega mi concede di tornare a respirare "Domani ci racconti tutto per filo e per segno, però! Ci conto, mi raccomando"
"Va bene!" acconsento ridendo "A domani"
Giusto il tempo di voltare la schiena all'ingresso e mi ritrovo due mani sui fianchi, un respiro che mi solletica il collo lasciato scoperto dallo chignon in cui ho raccolto i capelli, un profumo famigliare che mi accoglie, una stretta forte che incolla la mia schiena al suo corpo.
Sorride parlando all'altezza del mio orecchio e sento i muscoli rilassarsi, facendo afflosciare il mio corpo contro il suo; il mio autocontrollo s'intorpidisce mentre chiudo gli occhi e mi lascio abbracciare, senza pensare a nulla che non sia la sua presenza calda ed invitante dietro di me.
Almeno quanto è invitante ed allettante la sua proposta, sussurrata con il solito tono fervido e sensuale al quale è difficile resistere.
"Andiamo a casa?" domanda, impetuoso e palpitante "Ti spetta un premio, ricordi?" rievoca, con quella traccia di malizia che m'induce a pensare che il tanto ambito premio sia qualcosa di focoso, veemente ed appassionato, esattamente come lui.
La mia voglia di rispondere sì è ardente e torrida come l'arsura di una Roma in pieno agosto, tormentata e soffocata da una cappa di afa bruciante, ma purtroppo non posso concedermi questo lusso.
"Devo finire di riordinare un paio di cose" spiego "E poi devo passare a prendere la valigia..."
"Ti posso aspettare se vuoi" biascica mentre deposita un bacio dietro il mio orecchio, incurante di chiunque possa entrare in quella stanza da un momento all'altro.
Sembra placido e tranquillo come se la sua ansia di non svelare niente di noi, onde evitare un'ipotetica sciagura in vista di Parigi, non lo assillasse più.
"No, mi ci vorrà un po'..." declino la sua offerta mentre sento il suo volto allontanarsi dal mio collo e la presa attorno ai fianchi allentarsi.
"Come vuoi" acconsente mentre mi volto nell'abbraccio per guardarlo negli occhi "Però non metterci troppo..." posa le dita sulla mia bocca, giocando con i polpastrelli sulle mie labbra "Ti aspetto a casa"
Annuisco prima che lui sostituisca le dita con la sua bocca in un bacio delicato che dura poco più di un istante.
"Claudio" lo fermo per un braccio quando sta già per andarsene, vestito di tutto punto e con la borsa da lavoro in pelle fra le mani "Per quanto riguarda ciò che mi ha detto oggi il Supremo..."
"Lo so, Alice" m'interrompe "E so anche che tu non vorresti che io mi facessi intimorire dalle sue ipotesi, benché siano fondate e probabili, esattamente come ti ho sempre detto. Dammi solo un po' di tempo: quando Andrea tornerà dalla mutua vedrò di parlargliene... "
"Intendevo dire che non è il caso di appendere i manifesti prima del suo rientro" cerco di spiegarmi "Insomma non è necessario dirlo apertamente a tutti, mi basta che tu sia naturale con me, esattamente come lo sei ora... senza aver paura di dimostrare con i gesti ciò che ci lega, davanti a tutti. Credo che possano capirlo da soli se non trattieni gli slanci affettivi che di solito mi riservi quando nessuno ci vede"
Sorride in quel modo un po' sghembo, come se soltanto mezza bocca partecipasse al quell'esternazione di felicità e l'altra restasse ferma.
"Ci vediamo a casa" ripete e in quelle sue parole qualcosa riesce a farmi battere forte il cuore.
"Buonasera"
Una vocina acuta rompe il silenzio e non ho dubbi sull'entità a cui essa appartenga.
"Yuki! Ma che ci fai qui?" domando stranita mentre Claudio la fissa altrettanto sorpresa.
"Volevo parlare con te, Alice. Ma se tu impegnata, io posso..."
"No, no, tranquilla. Ho praticamente finito" la rassicuro "Yukino ti ricordi di..."
"Sì, dottor Conforti!" esclama gioiosa porgendo la mano a CC "Tuo dottore" aggiunge poi.
Lui sorride, leggermente a disagio, mentre le stringe la mano replicando: "Claudio va benissimo"
"Claudio, certo" risponde la mia giapponesina senza lasciare la presa, come attratta in un vortice senza fine che la porta a fissare il suo interlocutore per diversi istanti, fino a quando lui non si dilegua a suon di è stato un piacere.
Yuki sospira, lo guarda andare via, poi s'appoggia al bordo della scrivania e sospira rumorosamente: "Oh, Alice, quanto è bello tuo capo!"
Se non fosse così buffa mentre lo dice potrei quasi risentirmene ma in fondo non ne ho nemmeno il tempo.
"Chi? Conforti?" Scanner entra nella stanza con il suo solito carico di cattiverie nei miei confronti, come se fossi stata io a farle un torto e non viceversa "Hai perfettamente ragione: è proprio bello. E dicono anche che sia molto intraprendente e sicuro di sé in certe occasioni..."
La fisso incredula ma lei non pare accorgersene.
"...come dire... non strettamente professionali" conclude.
"Quello che si dice in giro con tanta insistenza molto spesso si rivela falso ed infondato" replico inacidita.
"E tu che ne sai?" mi sfida mentre Yuki rimane in silenzio, a fissarci come due povere pazze.
"Niente" mento "Ma non vorrei mai che restassi delusa, sarebbe un peccato"
"Alice, io venuta qui per parlarti con urgenza" mi ricorda la mia ex inquilina, più per tirarmi fuori da quel pasticcio che per una reale fretta.
"Sì, perdonami Yuki" le dico "riordino la scrivania e possiamo andare insieme a casa così mi racconti tutto, d'accordo?"
"Ricordi che ieri sono andata ad incontro con vecchi amici di università?" domanda mentre mi sfilo il camice.
"Sì, certo che me lo ricordo"
"Bene. Mio vecchio collega di corso si laurea e torna a casa, in Sicilia, mi pare..." fa la faccia dubbiosa, come se stesse cercando di ricordare esattamente il luogo natio del suo compagno, ma non credo che questo sia un dettaglio tanto importante "Lui lascia suo vecchio appartamento libero"
Enfatizza le parole gesticolando, cosa che le è rimasta dagli anni trascorsi qui, lontana dal suo amato Giappone.
"Ampio, luminoso..." ne decanta le qualità e solo allora comprendo dove voglia arrivare "Appartamento ha terrazza!" aggiunge solenne, come se quel particolare mettesse definitivamente il punto alla questione casa per la famiglia Nakahama.
"Yuki, sei interessata all'appartamento del tuo amico di corso? Sei sicura che vada bene per te ed i tuoi genitori? Di solito le case degli studenti sono delle topaie; ricordi la nostra, no?"
"Nostra casa era bella" si lamenta.
"Ma se cadeva a pezzi e c'era a malapena spazio per due?"
Obbietta qualcosa sul fatto che in quella vecchia topaia, così come l'ho definita io, lei abbia trascorso alcuni dei giorni più belli della sua vita ed uno strano senso di malinconia mi pervade, più o meno come accade ogni volta che ripenso alle mie prime settimane da aspirante specializzanda in medicina legale.
Ha ragione: non cambierei mai le esperienze vissute in quella casa per nessun motivo al mondo. Anzi, a volte, vorrei poter riavvolgere il nastro e riviverle con la stessa intensità, ma con un briciolo di consapevolezza in più.
"Comunque, io visto casa" specifica tornando al nocciolo della questione mentre mi sto infilando la giacchetta, pronta ad uscire "ma vorrei che tu accompagnassi me. Tuo parere è importante!"
"D'accordo, Yuki. Ma non stasera: ho un sacco di cose da fare e poi devo scappare via"
"Torni da tuo dottore?" domanda quando stiamo scendendo i primi gradini della scalinata fuori l'Istituto.
"Yuki, in realtà ti devo dire una cosa" scalpito all'idea di poter condividere con qualcuno la prospettiva di convivenza che mi si profila all'orizzonte.
Per ora soltanto Silvia ne è a conoscenza, avvisata tramite un messaggio al quale ha risposto con un sintetico ma significativo alleluia, subito seguito a ruota da un vocale in cui terrorizzata mi chiedeva se io avessi accettato, pena gli insulti in caso negativo.
"Dimmi"
"Claudio, lui ha..." m'interrompo mentre lei mi fissa con i suoi grandi occhi a mandorla, neri e liquidi, in cui tante volte ho trovato supporto "...mi ha chiesto di provare ad andare a vivere da lui"
La sua reazione, esternata dalle mani portate davanti alla bocca spalancata, mi scioglie in una risata felice e liberatoria.
"Che bello, Alice!" mi ritrovo intrappolata fra le sue braccia, senza vie di fuga "Tu accettato, vero?" domanda poi con sguardo severo.
Sta diventando troppo simile a Silvia: forse dovrei preoccuparmene.
"Sì, certo che ho accettato!"
"Allora andiamo a casa, presto!" mi esorta trascinandomi giù per gli scalini "Tu devi preparare valigia!"





L'allieva 3 - Il tempo di un battitoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora