Capitolo 40

9.5K 202 284
                                    

Claudio's pov
Cinque chiamate e dodici messaggi non risposti dopo, sono sotto casa sua, accampando la prima scusa credibile che mi è venuta in mente per scappare dall'Istituto e dalla cena con Andrea.

Ho il fiato corto ed il cuore che mi martella in gola, nonostante abbia fatto poco più che qualche metro di corsa.

Mi precipito davanti alla sua porta nella speranza che mi apra e non mi ignori come ha fatto fino ad ora al telefono.

Non so che cosa pensare.

Non so che cosa abbia davvero sentito o visto, o che cosa Andrea le abbia fatto credere.

O che cosa Alice abbia dedotto senza nemmeno chiedermi spiegazioni.

So solo che quei secondi che separano il suono del campanello dall'apertura del battente sono forse i più lunghi della mia vita.

"Ciao"

La figura esile di Yukino che mi appare davanti agli occhi mi riempie di delusione.

"Ciao" rispondo a mia volta, incapace di perdermi in convenevoli inutili e sterili "Alice è in casa? Avrei bisogno di parlarle urgentemente"

"È in casa, sì. Ma temo non voglia parlarti" dice con apparente dispiacere "E nemmeno vederti"

"Ti prego, è importante"

"Mi spiace. Davvero" cerca di giustificarsi "Ma sta troppo male per quello che le hai fatto per poter pensare di affrontare in questo momento una discussione con te"

"Io non ho fatto niente. Diglielo, per favore" la prego "Dille che nessuna di tutte le possibilità catastrofiche che le stanno venendo in mente è vera. E che vorrei soltanto poterle spiegare..."

"Glielo riferirò" acconsente appoggiando una mano sul mio braccio a mo' di conforto "Ora però è meglio se vai. Dalle tempo"

Per quanto la sola idea di andarmene di lì senza aver concluso nulla mi terrorizzi, temo di non poter fare di più.

Le lascio un altro messaggio nella speranza che lo legga, anche se già so che le mie parole rimarranno inascoltate.

La notte non riesco a chiudere occhio. Finisco con il preparare la valigia in modo da distrarmi quel tanto che basta da non farmi pensare costantemente a lei.

Il mattino successivo mi accoglie con un'insonnia da capogiro ma anche con la consapevolezza che Alice non potrà nascondersi da me per tutto il giorno.

La partenza imminente, prevista per questa sera stessa, non migliora di certo le cose: non voglio lasciare Roma prima di aver chiarito. Non voglio che una piccola omissione diventi qualcosa di insormontabile, un fraintendimento tanto grande da distruggere mesi di relazione e anni di desiderio faticosamente represso.

Entro in Istituto con un'ansia che non provavo da tempo, forse dal giorno in cui ho messo piede lì per la prima volta, come uno neo-laureato qualunque.

Vorrei impedirmi di sbirciare in sala specializzandi ma non ci riesco: so che lei sarà lì, accomodata come sempre al posto più vicino alla porta, visto che la sua bicicletta è già legata al solito palo nel parcheggio.

Quello che noto però, prima di distinguere la sua figura seduta sulla poltroncina a ruote, è la schiena di una donna alta che sta in piedi proprio di fronte alla sua scrivania.

Lo sguardo di Alice per la frazione di un istante incrocia il mio, in un silenzio pregno di un'angoscia che mi appesantisce il cuore.

Gli occhi sono quelli color caramello di sempre, ma con una nuance malinconica e sofferente che credo di non averle mai visto.

L'allieva 3 - Il tempo di un battitoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora