Alice's pov
Buttati, Alice.Chiudi gli occhi e salta, senza guardare giù.
Ha ancora le mani sul mio viso mentre mi guarda con tutta l'espressività di cui è capace.
Un attimo dopo è già lontano da me, fuori dall'ascensore.
Mi ritrovo con le mani ancorate alla barra metallica della cabina, fornendomi la stabilità che le mie gambe tremanti sembrano non volermi più dare.
Rimane fermo, nel corridoio, a fissarmi.
Il petto che si muove ritmicamente al passo del suo respiro affannato.
Il braccio leggermente disteso, la mano aperta nella mia direzione.
Basta così poco.
Solo un pizzico di coraggio per sfiorare le sue dita e lasciare che si stringano attorno alle mie, trascinandomi con sé.
Le porte a poco a poco si chiudono ed in quella piccola fessura che mi resta per incrociare il suo sguardo, capisco quello che voglio.
Non quello che è giusto, né la verità inconfutabile.
Solo quello che sento di volere.
Non penso di averlo mai visto così: forse solo una volta ci è andato tanto vicino. Quel giorno in cui mi ha implorato di trascorrere il ferragosto con lui.
Una proposta al tempo impensabile, con il grande punto interrogativo che era Arthur per me, con la paura di quel sentimento che mi stava crescendo prepotentemente nel petto ma che non ero disposta ad accettare.
Quei suoi occhi profondi e liquidi, quasi lucidi per la consapevolezza che gli avrei detto no.Posso dirglielo anche oggi?
No, Claudio.
Nella mia testa quel pensiero prende la forma di un rifiuto categorico a lasciarmi andare.
Nel mio cuore invece è l'idea che non posso allontanarlo ancora.
I miei sensi tornano a quel bacio di poco fa: ne sento ancora il calore sulle labbra, la scia disperata che mi ha lasciato sulla pelle.
È sempre questo ad avermi fregata: l'impulso irrefrenabile di toccarlo, il bisogno assurdo di sentirlo vicino, quella specie di calamita che continua a tenermi incollata a lui.
No, Claudio.
Non posso.
Faccio un passo avanti, fermando le porte che si riaprono con la stessa impulsività che mi ha spinto ad uscire fuori da quella gabbia metallica.
Non dice niente. Sento solo il suo respiro contro la pelle del viso, tanto è vicino.
Ho preso la sua mano, la stringo forte.
Vorrei dirgli tante cosa ma qualunque parola in questo momento non varrebbe nemmeno la metà di quello sguardo che mi sta rivolgendo.
Mi tira gentilmente a sé senza però far sfiorare i nostri corpi; indugia per un attimo, poi distende il braccio e lascia che quella distanza ci divida pur tenendoci uniti per le mani.
I miei piedi lo seguono senza esitazione mentre fisso la sua schiena che ora è davanti a me.
Pensavo mi avresti baciata, una volta arrivati davanti alla sua stanza.
Invece infila la chiave magnetica nella porta, la tiene aperta per farmi passare e la richiude quando sono ormai nel piccolo salottino che precede la camera vera e propria.
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L'allieva 3 - Il tempo di un battito
Fiksi Penggemar"Hai fatto bene a riavvicinarti a lui, sai?" l'allontano leggermente da me, quel tanto che basta affinché lei possa voltarsi a guardarlo e capire a chi io mi riferisca. Come se ce ne fosse il caso. "Vedrai che farete un sacco di marmocchi e ti acco...