Capitolo 33

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Andrea's pov
"Non c'è niente di più triste di un uomo che beve da solo" dico prendendo posto su uno sgabello vuoto al bancone del bar accanto all'Istituto.

Lui si volta, prima sorpreso di vedermi lì, poi quasi infastidito.

Si passa nervosamente una mano fra i folti capelli castani, come a voler scacciare un brutto pensiero che gli sta attraversando la mente.

I suoi occhi, di solito vivaci e penetranti, in questo momento assomigliano più a due pozze d'acqua. Lo sguardo acquoso e vacuo si ferma su di me per un istante prima di buttare giù l'ultimo sorso di scotch rimasto nel bicchiere.

Fa segno al cameriere di portargliene un altro ed io mi ritrovo ad ordinare la stessa cosa anche per me.

"Che cosa ci fai qui?" domanda soppesando le parole, forse a causa del troppo alcol che ha deciso di ingerire oppure semplicemente per una forma d'imbarazzo mal celato.

"Potrei farti la stessa domanda" dico puntando il mio sguardo su di lui.

Esita: giocherella con il bicchiere picchiettando le dita sul vetro ed attende in silenzio che il contenuto della bottiglia in mano al cameriere si riversi almeno in parte nel suo cristallo tristemente vuoto.

"Possiamo fare un brindisi?" domando alzando di qualche decina di centimetri il mio bicchiere appena giunto sul bancone davanti a me.

"Sono felice che tu abbia qualche motivo per festeggiare ma io purtroppo non sono in vena" commenta secco tenendo lo sguardo dritto davanti a sé.

L'unica cosa che mi dà la possibilità di vedere è il suo profilo elegante mentre, in un attacco di nervosismo allenta il nodo della cravatta con le dita.

La sua mano, grande e perfettamente curata, è attraversata da alcune vene particolarmente in rilievo mentre il colorito arrosato della pelle fa trasparire una sensazione di caldo che io non avverto.

Probabilmente il liquore lo avrà aiutato ad accaldarsi nelle ore che ha trascorso qui.

"D'accordo" acconsento quando capisco che non è aria "Da quanto sei qui? Sei uscito da parecchie ore dall'Istituto..." commento, più per fare conversazione che altro.

"Andrea, perdonami" dice degnandomi del primo vero sguardo della serata "Non vorrei apparirti scortese ai limiti dell'indecenza ma non mi va di fare conversazione con nessuno. Per questo bevo da solo: se avessi gradito compagnia puoi stare certa che ne avrei trovata"

"Ah su questo non ho dubbi" rispondo anche se la sua costante freddezza nei miei confronti mi amareggia "Però io sono venuta qui con un obbiettivo ben preciso, a differenza tua che mi sembra non abbia altra intenzione dell'ubriacarti prima della fine della serata"

"È qui che ti sbagli" mi fa notare "Sono già ubriaco"

"Questo non è che giochi molto a tuo favore. Anche perché tutto si dice di te tranne che tu sia uno con tendenze ad un consumo eccessivo di alcolici"

"Senti, facciamola breve. Quale sarebbe il motivo che ti ha spinta fin qui a..." domanda guardando l'orologio da polso ed impiegando decisamente troppi secondo per leggere l'ora "...all'una di notte?"

"Speravo di trovarti qui" ammetto candidamente "Credo di doverti delle scuse"

Se fino ad allora mi aveva praticamente ignorata ora so di aver catturato la sua attenzione visto che posa il bicchiere e si dimentica perfino di ordinare un altro giro al barista.

I suoi occhi puntati su di me, in un'attesa snervante, mi mandano in confusione insieme al modo in cui, inconsapevolmente, arriccia le labbra.

Quand'ero ancora a Parigi, durante quel lasso di tempo in cui aspettavo ansiosamente qualche riscontro sulla mia candidatura come direttrice dell'istituto di medicina legale di Roma, avevo trascorso intere serate a cercare su internet i nomi dei miei rivali.

L'allieva 3 - Il tempo di un battitoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora