Arthur's pov
Sono seduto sul pavimento lucido di quella casa in cui mai mi sarei sognato di mettere piede.
Mi sono lasciato cadere, facendo scivolare la schiena contro la parete, fino ad arrivare a terra con le gambe piegate, le mani che mi sorreggono il capo ed una strana sensazione che mi attanaglia la bocca dello stomaco.
Sono sfinito, nemmeno avessi corso una maratona.
Il suo arrivo, il suo sguardo, il suo modo di precipitarsi verso di lei.
La sua reazione, il suo abbraccio, il suo aggrapparsi a quelle spalle e lasciare che lui faccia tutto il resto.
Il suo abbandonarsi completamente, senza remore né ripensamenti.
Non una parola né un cenno per farlo allontanare, neanche l'ombra di quella paura che aleggiava nei suoi occhi quando m'intimava di non toccarla, nemmeno fossi un estraneo.
È calato il silenzio da quando lei si è lasciata prendere in braccio per essere portata sul divano, lì dove si è rannicchiata a lui ed il suo respiro è tornato a poco a poco regolare.
È riuscito lì dove io ho fallito.
Calmarla, consolarla, lasciare che il panico svanisse, dissolto come una bolla di sapone sotto la forza delle sue parole.
Ci è riuscito perché è un medico.
Se solo avessi saputo come fare ci saresti riuscito pure tu, Arthur.
Balle.
È riuscito perfino a farla innamorare perdutamente di lui e per questo non ci vuole una laurea in medicina.
Lui che è sempre stato l'uomo più permaloso, arrogante, narcisistico ed egocentrico che si sia mai visto.
L'uomo apparentemente più distante da Alice, quello che non vuole legami, che non pensa al matrimonio né tanto meno ad una famiglia.
Eppure c'è lui su quel divano, a stringerla fra le braccia, sussurrandole parole che non riesco a sentire, con il naso immerso fra i suoi capelli.
Si è addormentata.
La mia Elis dorme avvinghiata a lui, come se la sua vicinanza riuscisse a placare tutto e rimediare ad ogni trauma.
Sono stanco di restare fermo a guardare.
Non avevo mai capito nulla, ma ora tutto è così chiaro che mi sembra folle il fatto che io non ci sia arrivato prima.
Non è questione di carattere né d'intenzioni, neppure di promesse o aspettative per il futuro.
È solo banalmente questione di cuore.
O scatta qualcosa o non scatta. E a lei, nei miei confronti, non è mai scattato un bel niente.
Mi rialzo a fatica, con quella consapevolezza che mi tira giù come un macigno, spingendomi sempre più in basso, in profondità, fino a sfiorare il fondo.
Conforti pare accorgersi dei miei movimenti e si volta a guardarmi, sorpreso: forse si era addirittura dimenticato che fossi lì.
"È meglio che vada" annuncio "Visto che Alice ora sta bene non c'è più motivo per trattenersi"
Lui continua a guardarmi mentre si alza, facendo attenzione a non svegliarla e adagiando delicatamente su un cuscino la sua testa, che prima era posata sul suo petto.
"Hai dove andare?" mi domanda e mi sembra folle che lui si accerti di una cosa del genere "Non puoi tornare a casa di Alice e visto che volevi trascorrere del tempo lì con tua sorella ..."
STAI LEGGENDO
L'allieva 3 - Il tempo di un battito
Fiksi Penggemar"Hai fatto bene a riavvicinarti a lui, sai?" l'allontano leggermente da me, quel tanto che basta affinché lei possa voltarsi a guardarlo e capire a chi io mi riferisca. Come se ce ne fosse il caso. "Vedrai che farete un sacco di marmocchi e ti acco...