UNA LETTERA

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Filadelfia, 25 Dicembre.

Due mesi dopo la liberazione.

***

Non riesco più a tenermi tutto questo vuoto dentro.

Nathan mi ha detto che questo diario può aiutarmi a immagazzinare il dolore sulle pagine affinché non mi calpesti il cuore. Tuttavia, oggi non scrivo una pagina di diario, ma una lettera, e la scrivo a te, Joshua.

Da quando mi hai lasciata andare con Acab, rimanendo tu, da solo, nelle prigioni del Lithium, io non ho mai smesso di pensare a quanto ti odio. Sì, ti odio. Ti odio perché dovresti esserci tu con me, qui, nel tuo mondo. Un mondo che pare vada avanti anche senza di te, con una gioia e una pace incomprensibile. A parte Simon, che sembra avere dei momenti di insofferenza tale da portarlo a rinchiudersi nel suo studio per giorni. E l'ha fatto, fino a qualche giorno fa. Per poi comparire questa mattina con il sorriso, dietro una folta barba bianca, vestito di tutto punto come Babbo Natale. Ha bussato in tutte le stanze per lasciare un pensiero.

Avresti dovuto sentire le urla di gioia dei bambini nel vederlo lì. Ma tu ne sai già qualcosa, immagino. Simon è sempre stato così, no? Fonte di un amore misterioso e totale, incredibilmente destabilizzante. Lo ammiro tantissimo per il suo coraggio, per la sua determinazione nel voler andare avanti, anche senza di te.

Tu che hai lasciato una crepa nel mio cuore solo in una manciata di giorni; non oso immaginare cosa hai lasciato nel cuore di questo povero padre. Però, dopo tutto quello che è successo, dopo la tua conoscenza, dopo l'inferno vissuto con Acab, devo dirti che mi sono analizzata e sto comprendendo, piano piano. Anche perché, alla luce della rivelazione di Caleb, qui, pare siano cambiate molte cose.

Pare che lui sia sempre stato qui, come se ti avesse rimpiazzato. Forse loro, ma non io.

Lui, con quel suo sorriso dolce, malcelato dietro al precedente ghigno di Acab, potrebbe abbattere qualsiasi muro di diffidenza. Aiuta dall'alba fino a notte fonda, e perciò sembra instancabile. Lui, che ha ucciso per difenderci, ma che rischia di avere sempre addosso il fardello del suo casato, sembra essere sempre in debito, verso di te, verso Simon, verso di me.

Io che dovrei invece essere tacciata come la causa di tutta questa situazione.

Eppure mi ama, incondizionatamente. E io ho paura. Ho paura del suo amore. Ho paura perché non sei tu, ho paura di quel che era e di quel che è diventato. Ho paura di me stessa, quando sono in sua presenza.

Proprio come oggi.

Dopo l'arrivo di Simon in versione natalizia, ho chiuso la porta della mia camera con gli occhi fissi in un vuoto pieno di pensieri. Avrei dovuto chiamare prima mia madre per farle gli auguri, ma dopo un paio di squilli, ho optato per il solito, freddo messaggio. Un mese dopo la nostra liberazione avevo deciso di raccontarle tutto, ma lei - da pura seguace del suo affascinante compagno Lucifer - aveva iniziato a riempirmi di offese.

E' Filadelfia che mi sta insegnando ad avere pazienza nel dolore, sopportazione nella sofferenza, ma avere come madre una persona che preferisce un estraneo alla figlia, supera i miei livelli di sopportazione.

Mi sono stretta dentro la felpa e ho sceso le scale verso la mensa e quando un intenso odore di cioccolata ha riempito le mie narici, ho sentito gorgogliare il mio stomaco. Lucia non c'era e non avevo avuto modo di salutarla perché, a casa sua - in un paesino di una decina di abitanti in cima al Monte Aspro - i cellulari non hanno campo. Heliu ha deciso di seguirla, ovviamente, e Gilbert aveva acconsentito di buon grado, lasciando che entrambi passassero le vacanze insieme. Così mi sono ritrovata da sola, nel tavolo che di solito è occupato da me e i miei due compagni d'opera.

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