22. La Forza Dell'Amore Pt. III

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Heliu non aveva mai guidato in quel modo; zigzagando tra le auto ferme al semaforo, si accorse di essere in vantaggio rispetto agli adepti, rinchiusi, al contrario, tra le file delle auto. Accelerò, oltrepassando l'incrocio per dirigersi verso la periferia.

Quel lampo di sollievo si affievolì quando il giovane avvertì che la presa di Simon si allentava sul suo torace.

«Padre! Padre! Siamo quasi arrivati, rimani sveglio!»

Simon rinsaldò la presa, ma il suo cuore sembrò stanco di palpitare; la vista gli si annebbiò, rendendolo incosciente.

Il cielo color zaffiro, sembrò chiamarlo verso la pace, tutto intorno vi erano suoni ovattati e distanti. Roteò gli occhi, piegando la testa da un lato. Ascoltò le vibrazioni di vita di Filadelfia: bambini che si rincorrevano sul marciapiede per arrivare alla vicina gelateria, tra risate e grida; un uomo che urlava per un parcheggio sbagliato; una donna che organizzava la giornata, parlando al cellulare. Nessuno poteva accorgersi di quel che stava accadendo: i moti dello spirito erano invisibili agli occhi del mondo naturale.

«Sto arrivando, Peter...»

Quel sussurro incontrollato scosse l'animo di Heliu; ingoiò lacrime amare e, con un ultimo moto di velocità, scorse il tetto spiovente della struttura del Centro.

«No...No...Ti prego!» esclamò, vicino alle lacrime quando vide le tre macchine nere dei servi di Judas davanti al cancello grigio della proprietà. Gli uomini dai completi neri stavano aspettando accanto alle auto e, notato l'arrivo del giovane, si diressero verso di lui, puntandogli le pistole.

Heliu deglutì e, una volta spento il motore, allargò le braccia a difesa di Simon.

Avvertì il pulsare del cuore alle orecchie e alle tempie; il sudore copioso che aveva bagnato il capelli colò sugli occhi mescolato alle lacrime. Serrò le labbra in una linea sottile e chiuse gli occhi, in attesa.

La bocca riarsa non emise alcuna preghiera; nel petto si udì solo l'urlo del cuore.

Un colpo.

Una luce.

***

L'auto di Nathan corse tra le vie del centro storico, mentre l'aria afosa di agosto sembrò annebbiare la mente.

«Nathan, cosa ti succede?» gli chiese Lucia, con voce roca.

L'uomo puntò gli occhi sgranati sulla vettura a due ruote che zigzagava nel traffico intenso dell'ora di punta e solo il sudore riusciva a raffreddare l'agitazione del ministro, che tutto si poteva aspettare, meno che di dover essere bloccato da un semaforo.

Appena vide il colore rosso, avvertì la sollecitudine dell'ansia fargli premere il pedale dell'acceleratore. «Lucia, tieniti forte» la avvertì.

La giovane roteò il viso nella sua direzione prima di subire una forza che la costrinse a schiacciare la schiena contro il sedile.

Il cuore le si agitò nel petto, non tanto per le curve selvagge prese con eccessiva velocità, o per il pericolo di uccidere qualche passante, ma per le condizioni di Simon che, con una ferita alla testa e senza idratazione, viaggiava sotto il sole cocente senza nessuna protezione.

«A destra o a sinistra? Lucia, a destra o a sinistra?!» le aveva urlato rosso di rabbia per averli persi di vista dopo il ponte che divideva il centro città dalla periferia.

A Lucia non rimase che una risposta secca «Dritto, Nathan! Stanno andando al Centro, non ricordi?»

Nathan, come rinsavito da quello stato di terrore e confusione, continuò la sua corsa.

Poi, uno stato di pace placò i suoi sensi non appena i palazzi lasciarono campo libero allo sguardo del cielo, limpido come non mai e di color zaffiro, mentre gli alberi posti ai margini della via principale, donavano, di volta in volta, l'ombra necessaria per rilassare la vista.

No, non è il paesaggio... Sei Tu con me, nel fuoco della lotta.

Anche Lucia apparì serena con lo sguardo rivolto al paesaggio circostante, ammirabile dal finestrino e mentre la strada iniziava ad essere leggermente in salita, i due scorsero il tetto spiovente del Centro, illuminato da un innaturale luce bianca proveniente dall'ingresso.



«Oh Santo Dio...»

Nathan alzò il freno a mano. Scese dall'auto e dopo aver chiuso lo sportello pose le mani ai fianchi, interdetto: «Lucia... Lo stai vedendo anche tu?»

Le rivolse lo sguardo e si avvicinò allo sportello inarcando un sopracciglio: la ragazza era immobile, nell'atto di un urlo, con gli occhi sgranati e non batteva ciglio. La osservò a lungo, credendo che fosse uscita di senno. Tuttavia il torace rimaneva immobile; si sporse verso l'interno dell'auto dal finestrino, e le agitò il palmo di fronte agli occhi: non un movimento, non un sussulto.

Uscì di scatto dall'abitacolo e si mosse per raggiungerla ma, a poca distanza dal suo naso, incrociò una farfalla: inerte come una bomboniera di cristallo posta a mezz'aria. La osservò con un fremito dell'animo e temendo di danneggiarla, ritirò il dito alzato per toccarla.

Gocce di umidità risalivano dal suolo rovente, rimanendo fisse ai suoi piedi.

Roteò il busto e gli arti subirono contrazioni involontarie e irregolari. Anche l'afa era scomparsa, lasciando il posto a un tepore primaverile.

E li vide: avvertì palpitazioni in gola e alle tempie, ogni suo poro produsse sudore. Le forze vennero meno, tanto da doversi tenere dal cofano anteriore dell'auto.

I tre uomini avevano sparato i proiettili che vagavano seguiti da una scia incolore, senza alcuna logica fisica. Heliu, con le braccia aperte, aveva gli occhi chiusi e nel volto un'espressione di dolore. Simon poggiato col capo sulla sua schiena, sembrava essere addormentato sulle sue spalle.

Poi rivolse gli occhi verso quella luce calda e intensa, proveniente dal cancello del Centro di Aggregazione; quello che gli occhi degli uomini mortali non potrebbero mai ammirare, gli fu dato vederlo per grazia divina.

Erano tre figure luminescenti alte e possenti, dai volti bianchi,splendenti come il sole a cui rifugge lo sguardo per il troppo chiarore; le spade sfolgoranti riposte in un fodero d'oro, arrivavano al suolo; un'armatura d'oro vestiva i loro corpi coperti di una tunica bianca fino alle ginocchia: l'elmo copriva il capo dai lunghi capelli lisci, la corazza era ben aderente al busto, e calzari sembravano essere ricoperti di pietre preziose.

Le ali, dalle penne candide, coprivano la visuale della struttura del Centro.

Gli esseri celesti fissavano lo sguardo su Nathan che non riuscì a contenere l'invasione di sensazioni ed emozioni che avevano colpito il suo animo, facendolo ridere, piangere e tremare, fino a cadere in ginocchio al suolo.

Un tuono lo scosse. Alzò il volto e sentì parole dure, come un ordine ferreo. Non capì quel linguaggio celeste, ma nel cuore aveva una certezza: doveva spostare i due dalla traiettoria dei proiettili. Il resto lo avrebbe fatto il suo Signore.

Annuì più volte e si alzò di scatto.

Corse verso i due, fermandosi a considerare come avrebbe dovuto spostarli: guardò la moto è provò a dirigerla verso la macchina; la vettura si spostò facilmente dalla postazione, risultando fin troppo leggera. Scosse la testa: nulla aveva senso in quel momento, non esisteva logica umana in quello che aveva appena visto.

Assicuratosi della stabilità della moto, rivolse lo sguardo verso gli adepti.

In una frazione di secondo, i proiettili fuggirono lontano, piantandosi nel parabrezza di un'auto parcheggiata poco lontano.

Quelli si stupirono della mancata riuscita dei colpi e volgendo il capo in ogni direzione, si accorsero di essere sormontati dalle figure luminescenti.

Tra le urla, un lampo di luce esplose di fronte agli occhi di Nathan, che dovette coprirsi il viso con l'avambraccio.

Dei tre servitori di Judas, non rimase che un cumulo di polvere nera sull'asfalto rovente.

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