22. La Forza Dell'Amore Pt. V

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Ci impiegò qualche secondo prima di alzare il capo verso la fonte di quel liquido e, quando lo fece, l'orrore si manifestò in spilli acuminati che colpirono il petto, avvertendo pulsazioni accelerate mentre la fronte veniva imperlata di gocce trasparenti e gelide.

Judas era in ginocchio ed emetteva gemiti gutturali, sputando sangue. Anelava ossigeno e gli occhi fissavano un cielo assente.

Quel sangue, arrivato alle ginocchia di Joshua, era scaturito a fiotti da un taglio visibile alla gola.

D'istinto, si portò le mani ai capelli, puntando gli occhi su Acab che si trovava con le spalle al muro, pallido, tremante e con occhi sbarrati.

Aveva agito lui. In quell'unico gesto aveva trovato la soluzione alla sua angosciosa dualità.

Lo vide lanciare il pugnale lontano da sé per poi lasciarsi scivolare lungo il muro di pietra e rimanere con le ginocchia strette al petto. In un urlo, proteso verso il padre, Acab riversò tutta la sua anima, piangendo.

Era tutto così incredibile che Joshua smise di respirare per qualche secondo; quando si decise a muoversi, strofinò la pelle delle ginocchia al suolo e, bagnandosi in quel liquame rosso, arrivò lentamente di fronte al ragazzo.

Lo fissò a lungo fino ad accorgersi dei movimenti convulsi delle pupille e dei tremori muscolari.

Cosa devo fare, Padre?

Prese dei profondi respiri, voltò il capo in direzione di Ariel e la preoccupazione lo sollecitò.

Gli prese il volto tra le mani: «Acab» lo chiamò. Quello si irrigidì al suo tocco, stringendosi di più al muro umido, mostrando nel viso il dipinto del terrore, mentre l'altro, con occhi che bruciavano e la pelle che tirava per tutte le ferite che andavano cicatrizzando, tentò di rassicurarlo: «Non sono qui per farti del male, ma per salvarti...»

Acab deglutì, in uno sguardo furioso: «C... Come posso essere salvato dopo tutto quello che ho fatto?!» gli urlò. «Dimmelo!»

«Acab, solo Gesù Cristo può salvarti.
È Lui che ha guardato il tuo cuore.»

Il respiro di Acab si faceva sempre più concitato, ma Joshua continuò: «È Lui che ha udito il grido delle tue notti perché desideravi salvarci. Adesso devi prendere Ariel con te e andare alla Chiesa di Simon. E' lì la salvezza, e tu l'hai sempre saputo.»

Acab ancora in preda a fremiti incontrollati non emise suono, annuendo un paio di volte con espressione contrita e le labbra strette. «Non hai molto tempo...» gli suggerì.

Così si alzò e, cercando di non gettare gli occhi verso il padre, fissò lo sguardo verso Ariel: la vide immobile, al suolo, in posizione fetale; i capelli scuri e sudici coprivano il viso come un fili ingarbugliati; le gambe scoperte - così come le braccia e la schiena - erano ferite da tagli poco profondi ma da cui scaturivano gocce rosse.

Deglutì saliva inesistente e, serrando la mascella, si fece forza e piegò le ginocchia per prenderla tra le braccia.

Una volta in piedi, fu assalito da capogiri e nausea. Si appoggiò con una spalla all'angolo del muro che portava alle scale di ferro; Joshua lo vide e riuscì a sostenerlo in tempo.

Era visibilmente provato dalle sue scelte, dai suoi rimorsi, dal peso dei suoi demoni.

Gli occhi di Joshua si posarono poi sul volto di Ariel e, dopo averle tolto una ciocca di capelli che le copriva parte del viso, fece un mezzo sorriso prima di intimare ad Acab di procedere.

In quel momento, Ariel spalancò gli occhi provocando un sussulto a entrambi: sarebbe stato meglio condurla fuori di lì mentre era incosciente.

Infatti, Ariel vedendosi sovrastata dal volto pallido di Acab ebbe un moto di terrore. Volle scappare e, premendo i palmi contro le sue spalle, era intenzionata a scendere per portare i piedi in terra; tuttavia i movimenti le furono bloccati da scariche elettriche provocate dalle varie ferite. In una smorfia di dolore, rivolse lo sguardo nuovamente su Acab: gli occhi ancora lucidi di lacrime erano vuoti e impenetrabili, circondati da un'ombra livida.

In quel momento, avvertì un peso sul cuore che la convinse a stringersi al suo collo; girando il capo indietro per vedere dove fosse Joshua, lo intravide nella penombra mentre fissava Judas agonizzante e in posizione supina.

Il cuore le balzò in gola, attanagliato da sentimenti contrastanti: la gioia fulminea iniziale lasciò presto il posto ad un senso di pietà e contrizione.

Attese un cenno del cristiano che, girando il capo verso di lei e nuovamente alla vittima, le confessò a occhi sbarrati: «Non sono stato io!» alzò le braccia, negando «È stata la forza dell'amore di Acab.»

Lei gli rivolse uno sguardo interrogativo, ma non si accorse delle lacrime silenziose che gli rigavano gli zigomi nascoste in un sorriso forzato.

«Ora dovete andare, e di corsa!» li incitò e, senza aspettare la reazione di Ariel, pose le mani alla schiena di Acab, ancora coperto dal manto nero, per direzionarlo verso le scale.

«Aspetta... Cosa?!» chiese in un rantolo Ariel, che fece per liberarsi dalle braccia di Acab. «Non puoi... Joshua!»

Un paio di gradini e Acab sembrò perdere l'equilibrio ma l'altro, ringhiò di rimando «Vai Acab! Vai via da qui!».

Acab gli rivolse uno sguardo interrogativo mentre Ariel si sporgeva dalle sue spalle gridando il suo nome fino a graffiarsi la gola e infilare le unghie nella pelle del giovane che la stava salvando.

La ribellione di Ariel a quella specie di comando ebbe la meglio su Acab che, in uno spasmo muscolare, la lasciò andare per osservarla mentre si lanciava al collo di Joshua, facendo udire i singhiozzi di un pianto disperato: «Non puoi lasciarmi andare con lui! Non puoi!»

A quelle parole, Acab avvertì i mille pezzi di un cuore gelido e privo di vita conficcarsi nel petto. Il suo sacrificio non era valso a nulla.

Per Joshua fu inevitabile ricambiare quell'abbraccio che per l'ultima volta gli stava facendo avvertire sussulti nell'animo deciso; la strinse a sé fino a lambire con le labbra le sue spalle minute. Poi, nonostante quelle braccia fossero l'ultima cosa che avrebbe voluto lasciare, serrò la mascella per poi mordersi il labbro allontanandola via da sé con uno scatto.

«Ti ho detto di andare!» con voce rotta «Non ti voglio qui!»

Il cuore di Ariel ormai ridotto a frammenti che facevano sanguinare l'anima, le venne spazzato via come granuli di sabbia nel soffio di quelle parole.

Acab, che era rimasto di spalle, col palmo appoggiato a una parete e una gamba sul gradino superiore, tentò di racimolare un briciolo di forza per portare con sé, non solo il suo corpo -di cui non aveva più contezza - ma anche quello di Ariel, della quale avvertiva l'odio latente nei suoi confronti. Nonostante ciò, il braccio si mosse involontariamente verso di lei per porgerle la mano tremante.

Lei, dopo aver lasciato scivolare via gli occhi dal volto torvo di Joshua li rivolse verso quella mano protesa e la fissò fin quando i contorni non furono offuscati da nuove lacrime.

Zoppicante, salì i primi gradini da sola, oltrepassando Acab, per poi ritrovarsi, inevitabilmente, tra le sue braccia rifiutate.

«Acab, prendila e non lasciarla andare. Non avete più tempo.» suggerì, infine.

Lui si protese verso Ariel e lasciò che fosse lei a cingergli le spalle per permettergli una risalita agevole. Così fece e iniziarono a salire, tra l'eco delle suole e lo scricchiolio delle scale arrugginite.

Lei poggiò il mento sulla sua spalla per non staccare gli occhi dalla figura di Joshua che andava rimpicciolendosi fino a sparire dopo aver girato l'angolo della prima rampa di scale.

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