Act 37

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La nostra ultima destinazione newyorkese: Nathan's Famous. Bisogna andare fino a Coney Island, che non è esattamente un'isola, ma ad andarci con la lentissima e traballante linea F è talmente lontano da Manhattan che sembra di arrivare in una altro mondo.

Quando finalmente la raggiungiamo, la spiaggia è grande e piatta come un parcheggio, le onde piccole e distanti.
C'è un mucchio di gente e qualcuno sta addirittura sguazzando in mare.

Anche se Salvatore sembra molto stanco, ci incamminiamo lungo la passerella superando degli autoscontri e una sala giochi da cui esce lo scoppiettio di spari elettronici.

C'è chi fa volare l'aquilone, chi va in skateboard, chi corre e chi vende souvenir da pochi dollari, tipo enormi occhiali da sole o magliette.

"Ti va di fare un giro sul Cyclone?"
Domando, indicando le montagne russe in lontananza.
"O sulla ruota?"

Salvatore scuote la testa.

Sal:"Andiamo solo a mangiare gli hot dog"

Visto che tutto a un tratto sembra distrutto, gli propongo con delicatezza di tornare in ostello.
Ma lui non vuole nemmeno sentirne parlare.

Così prendiamo Surf Avenue, dominata dall'enorme insegna verde di Nathan's. Ci sono dei tavolini di plastica all'aperto, e dei gabbiani appollaiati nei paraggi in attesa di qualche avanzo.

Non ci trovo nulla di così appetitoso, ma l'umore di Salvatore è già completamente cambiato, come quello di un bambino la mattina di Natale.

Sal:"Quanti ne devo ordinare secondo te?"

"Non saprei"
Rispondo, dando un'occhiata al menù.
"Due?"

Due però non sono abbastanza per Salvatore.

Sal:"Sonya 'Vedova nera' Thomas ne ha mangiati più di quaranta. Lo dice lì, sull'insegna"

"Ma quella era una gara per divoratori di hot dog! Questo è un normale pasto"
Preciso.

Salvatore ci riflette sopra.

Sal:"Giusto. Mi accontenterò di... quattro."

"A tuo rischio e pericolo"
Disapprovo.

Sal:"Solo per il mio tratto gastrointestinale"
Ribatte lui.

Rispondo con una smorfia.

Invece di mangiare con tutta l'altra gente, portiamo i nostri hot dog sulla spiaggia e ci sediamo sulla sabbia calda e granulosa.
È cosparsa di mozziconi di sigaretta e lattine di birra mezzo sotterrate, eppure... L'oceano è di uno splendido verdeazzurro, il tempo perfetto, e noi due stiamo insieme.

Sal:"Ci credi che solo due settimane fa eravamo in spiaggia in California?"

"Che follia"
Rispondo mordicchiando un pezzo del mio hot dog.
"Ne abbiamo fatte di cose"

Salvatore non sembra convinto.

Sal:"Non abbastanza se sai cosa intendo"

"Pervertito"
Replico, dandogli una spintarella con il piede nudo.

Lui addenta il suo secondo, o terzo, hot dog e mi restituisce la spintarella.

Decido di abbandonare il mio cibo e mi sdraio nella sabbia, a guardare gli aquiloni che volteggiano e scendono in picchiata sopra di me.

Devo essermi addormentata per un po', perché quando apro gli occhi Salvatore è sparito.

Mi guardo attorno e, non vedendolo, mi alzo e m'incammino verso la passerella.

Chissà, magari è andato a cercare la Donna senza testa o Insectavora, la mangiafuoco tatuata.
Oppure mi sta comprando un bicchiere di liquore di Coney Island da mettere insieme alla palla di vetro di Cedar Point.

Ma non sta facendo nessuna delle due cose.

Infatti lo trovo appoggiato a una palizzata, tutto tremante.
Che vomita.

Allungo la mano per toccargli la spalla, ma mi fa cenno di stare lontano.
Così arretro di un passo.

"Devi farti vedere, Salvatore"
Lo supplico.

Dopo un attimo alza il viso.
È pallido e gli occhi sono rossi e lucidi.

Sal:"Prima che tu ti agiti senza motivo, è stata colpa degli hot dog. Non di quell'altra cosa"

"Come fai a saperlo?"

"Adesso sto bene. Anzi, ho scoperto una cosa meravigliosa, e cioè che la posso battere, quella Vedova Nera. Basta che io mangi e poi vomiti, mangi e poi vomiti. In questo modo il numero di hot dog che potrei consumare è illimitato"

Sospiro.
"Tu sei malato, Salvatore. In molti sensi"

Sal:"Però tu mi ami"
Dice lui, prendendomi per mano.

"Sì"
Ammetto. Moltissimo.

Durante il viaggio di ritorno in treno Salvatore si addormenta e ho dovuto praticamente trasportarlo fino alla nostra celletta nell'ostello.

Sembra febbricitante, ma forse è solo un colpo di sole. O di vento.
Qualunque cosa, purché non sia un infezione.

Resto seduta a lungo ad ascoltare i rumori della città tutto intorno a noi, ma soprattutto a guardarlo dormire.

Le sue guance sono meno piene? I suoi occhi più infossati?

Perché non me lo aveva detto...?

Mi sdraio vicino a lui e lo abbraccio alla meglio.
Premo il viso contro il suo cuore che batte e gli chiedo di non spegnersi mai.

Sniff :'(

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Con te sarà per sempre||Salvatore Cinquegrana (surry)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora