Epilogo

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Nella bucolica Klamath Falls, l'inverno sta lasciando il posto alla primavera.
Ma il leggero frescolino mi fa raggomitolare ancora di più nella coperta, mentre sono seduta sul balconcino di camera mia.

Mamma è al pian di sotto, probabilmente lavorando al computer.
Ogni tanto viene ad affacciarsi, a rassicurasi che non sia scappata di nuovo.

Ma non andrò da nessuna parte.

Domani pomeriggio comincio a lavorare per i servizi sociali.
Perché, appena tornata nella mia città, la prima cosa che ho fatto è stata andare alla centrale di polizia.

Già. La cattiva ragazza che è in me non ha avuto successo.

Benché la famiglia di mio padre fosse molto più accogliente di casa mia, ho deciso ugualmente di tornare a casa.

È giusto così.

M:"Axi"
Mi chiama mia madre alle mie spalle.
M:"Non è ora di andare a scuola?"

"Un attimo e sono giù"
Rispondo.

Mia madre si appoggia alla ringhiera e si sporge di poco, osservando il giardino.

Accidenti. Mi sono sono dimenticata delle mie ripetizioni extra-scolastiche.

Mi abbraccio da sola, inspirando il profumo di Salvatore che impregna ancora la sua felpa gialla, la sua preferita.

La indosso sempre, infatti.

Le lacrime salgono di nuovo, e cominciano a colare.

Sono davvero molto, molto stanca.

M:"Ehi, Axi, guarda!"

Mi affaccio e lei indica il cespuglio di rose ormai vizzo in cortile. C'è un fiore solitario già coi petali aperti.

M:"Stai bene?"
Mi domanda.

Scrollo le spalle.

Come vuoi che risponda?

Anche adesso mi sembra di sentire la risata di Salvatore e per un attimo il mio cuore esulta. Ma, quando mi volto, non è mai lui. È il vento, o il richiamo di un uccello, o un'allucinazione dei miei sogni impazziti.

Di notte, quando spuntano le stelle, guardo in su e ripenso a Salvatore alla finestra dell'ospedale di La Junta, e a me, così vicina a lui che quasi non riuscivo a respirare.
Ripenso a quello che non gli ho detto allora: le stelle che vediamo non sono nemmeno stelle vere.
Vediamo la luce che hanno emesso milioni di anni fa, e che solo adesso raggiunge i nostri occhi. Non vediamo tante stelle, quanto ricordi.

"Ricordati di me prima di tutto questo" mi aveva detto Salvatore, pallido e malato.

E poiché il ricordo è tutto quello che mi rimane; senza considerare la palla di vetro, il portachiavi, una felpa e la chitarra che gli avevo regalato; ho cercato di fare quello che mi aveva chiesto di fare.

Vorrei solo averlo potuto salvare.

Amare Salvatore aveva fatto apparire tutto più bello e splendente. E, se da quando se n'è andato la vita si è scolorita un po', è lo stesso più vivida di quando ancora non la conoscevo.

Il più delle volte penso a lui con un sorriso, anche se prima devo piangere tutte le mie lacrime. Lui non ha mai smesso di sentirsi fortunato. Forse non abbastanza da sopravvivere, ma abbastanza per aver vissuto.

È stato la mia luce, il mio cuore.
E io sono stata, e sarò ancora, sua.


ORA POTETE PIANGERE :)

Già, la storia si conclude così.
Non tutto è rose e fiori nella vita.

Ah, per chi magari si inizia a fare film mentali strani: SALVATORE NELLA VITA REALE STA BENE. È TUTTO FRUTTO DELLA FANTASIA.
NULLA IN QUESTA STORIA È REALE.

Bè, che dire.

Ora che questa storia si è conclusa, mi prenderò un periodo di pausa.

Non so per quanto tempo, ma voglio dedicarmi alla revisione delle storie precedenti, e soprattutto, dedicarmi alla scuola.

Ho bisogno di riorganizzare idee e altro, e forse, se e quando tornerò, ci sarà una nuova storia.
Non assicuro nulla, ma sappiate che Wattpad è il mio posto preferito.

Amo la lettura, e non posso farne a meno.
Sarò attiva raramente, ma sarò sempre qui.

Se volete, potete scrivermi messaggi e quant'altro, io sarò disponibile e pronta a rispondere.

E questo è tutto.
Grazie a tutti voi, cari lettori, grazie di cuore.

Ciauu!

Con te sarà per sempre||Salvatore Cinquegrana (surry)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora