31.

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Dopo aver passato una mezz'oretta con Patrizia a parlare, andai in bagno a cambiarmi, per poi tornare in camera da Vincenzo, che si era già messo a letto, visto che erano quasi le tre.

"Gio, che cazzo è questo?" mi chiese, facendomi spaventare.

"Cosa?" domandai, per poi vederlo con il mio cellulare in mano.

Oddio no.

"Un attimo, posso spiegarti."

"Lo vedo che non gli rispondi, ma non è quello il punto." mormorò, alzandosi in piedi. "Perché non me l'hai detto?"

"Non volevo facessi scelte impulsive o cazzate." ammisi, mentre lui sembrava arrabbiarsi sempre di più.

"Cazzate eh... che cosa dovrei fare sennò?!" esclamò, iniziando a sbracciare.

"Nulla?"

"Questo ti riempie di messaggi e chiamate tutto il giorno ed io non dovrei fare niente? Spero scherzi." borbottò, mentre io mi mettevo seduta sul letto e lo guardavo negli occhi.

"E che cosa vorresti fare mh?"

"Fargli capire che deve smetterla in un modo o nell'altro." sbottò, per poi camminare avanti e indietro per la stanza. Era pensieroso ed arrabbiato. "Al compleanno di Bea ti ha dato fastidio o è stato al suo posto?" chiese, mentre io sospiravo, abbassando lo sguardo. "Ho capito." esclamò, portandosi una mano sulla faccia, per poi prendere una felpa ed infilarsela. "Ho raggiunto il limite, non lo sopporto più."

Vuole sul serio andarsene?

"Vincè dai, non vorrai mica andartene!" esclamai, sfiorandogli le gambe. "Non giocà."

"Ma tu nun pazzià! Non mi parli mai di questo cazzo di coglione. Non so nulla."

"Che ti devo dire? Già sai tutto, te ne ho parlato." mormorai, mentre lui scuoteva la testa con convinzione.

Non voglio dirglielo così. Già è arrabbiato, farà un casino.

"Che cazzo parlami! Tua madre dice che divorzierà e tu ti comporti come se ti avesse detto che ha incontrato un'amica in giro. Dimmi cosa cazzo provi e quello che pensi." esclamò, per poi accovacciarsi davanti alle mie gambe, posando le mani sulle mie ginocchia. "Non parli mai, sembra che non ti tocca nulla. Non ci credo che il divorzio dei tuoi già l'avevi previsto e non credo a ciò che dici su quello. Non sei fatta di pietra, hai delle emozioni." mormorò, guardandomi dritta negli occhi.

"Scusa."

"No scusa un cazzo, non devi chiedere scusa! E dimmi un po'. Parlami!"

"Ci sto male, mi sembra di essere ancora più sola ora. Mi fa male il comportamento dei miei, che pensano che io non stia soffrendo, mi trattano come se non mi dispiacesse e come se la cosa non mi toccasse. Non pensavo di venirlo a sapere in quel modo." ammisi, abbassando lo sguardo, mentre Vincenzo mi accarezzava le gambe.

"Sì, di sicuro non hai dei genitori esemplari, tutt'altro... ci hai pianto su?"

"Con Sara."

"E di quello?"

"Di quello sai già tutto."

"No, invece non so nulla. Parlami di lui e di ciò che provi quando lo vedi." mormorò, per poi fare mente locale. "Hai detto che era violento verbalmente e che..."

Dillo.

"Non solo." ammisi, mentre lui sbiancava dallo stupore.

"Come scusa?"

"È successo due volte." mormorai, con lo sguardo basso. "La prima, stavamo litigando perché diceva che uscivo troppo con il gruppo e che ci stavano troppi ragazzi. Io gli ho detto 'esco quanto mi pare e con chi voglio' e sono volati due ceffoni."

Odiare | PakyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora