-35- PENSIERI PESANTI

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Kaizaki era un bambino molto estroverso, all'asilo faceva amicizia velocemente, sapeva sempre cosa i compagni di classe desiderassero, lui non era consapevole fosse il suo quirk a permettergli di conoscere ogni più piccolo segreto e non lo scoprì per molto tempo.

Crebbe con il padre e la sorellina in un appartamento al terzo piano che si affacciava su di un grande parco giochi.

Il padre aveva i capelli neri come l'inchiostro che vicino all'attaccatura curvavano leggermente arricciandosi appena sulle orecchie, gli occhi erano luminosi color del miele e il sorriso era il più dolce e sincero che Kaizaki potesse desiderare dall'unico genitore che si prendeva cura di lui e della sorella.

La sorella aveva un paio di anni in meno, portava i capelli lunghi che disegnavano delle onde perfette sulla schiena, anche la sua chioma era nero pece e due piccole ciocche erano tenute indietro da un voluminoso fiocco arancione. Gli occhi grandi erano incorniciati da lunghe ciglia color inchiostro e le iridi erano accese come due lampioni in una buia notte.

Kaizaki passò l'infanzia con il padre e la sorella, si prese cura di entrambi, anche se il padre non ne aveva bisogno e aveva tutto sotto controllo. Ogni mattina faceva trovare ai due bambini i cestini con il pranzo pronto e all'interno, insieme alla calda pietanza, metteva sempre un biglietto con scritto

-cresci forte e coraggioso fiore del mio cuore, ti voglio bene più di quanto il sole ne voglia alla terra, che la illumina senza mai chiedere nulla in cambio-

Ogni giorno, nonostante sapesse cosa il padre gli avesse scritto, Kaizaki prendeva il biglietto lo leggeva e se lo metteva in tasca al sicuro. Negli anni aveva conservato migliaia di bigliettini del padre, non aveva mai accennato a volerne buttare nemmeno uno. Quando il padre gli chiedeva il motivo, il bambino corvino rispondeva sorridendo

"Ognuno di quei biglietti ha un profumo diverso e il fatto che profumino diversamente fa capire che non sono tutti uguali. Ogni singolo giorno mi ricordi che mi vuoi bene, non mi dai per scontato e quelli mi ricordano di quanto tu sia speciale, ogni giorno sei un bigliettino più speciale" sorrideva sempre al padre, prima di uscire per andare a scuola, prima di andare al parco e tutte le volte che gli dava la buonanotte prima di dormire.

L'uomo aveva cresciuto con tutto sé stesso i suoi due figli e li aveva lasciati liberi di sognare e di vivere le loro vite da bambini, nonostante il lavoro che faceva di nascosto.

Kaizaki arrivò in terza media e ancora non aveva scoperto come usare il proprio quirk o di cosa si trattasse. La sua unicità si scatenava solo quando provava grandi emozioni e finché si è piccoli anche trovare un gatto può essere una grande emozione, ma crescendo le emozioni si vanno ad affievolire e così Kaizaki non sentì più i pensieri delle persone, né tanto meno si rese conto che quello era il potere che usava da bambino per farsi degli amici.

I due ragazzi corvini andavano nella stessa scuola, ma incontrarsi nei corridoi era difficile trovandosi in aule su due piani diversi. Kaizaki aspettava sempre la sorellina al cancello per tornare insieme a casa e quello era il momento della giornata che preferiva.

Quando la vedeva varcare il cancello, rigorosamente per ultima, le correva incontro e la stringeva forte in un abbraccio. Le metteva le mani sulle morbide guance e le sorrideva

"Sorellina anche oggi è un giorno meraviglioso"

La giovane ragazza sapeva che il fratello desiderava diventare un eroe, ma sapeva anche che non avendo presentato alcun quirk fino a quell'età, sarebbe stato improbabile per lui diventarlo.

Per lui era una giornata meravigliosa ogni volta che non manifestava un quirk pericoloso che lo avrebbe potuto allontanare del tutto dalla carriera di eroe.

Così ogni giorno Kaizaki, appena fuori della scuola, prendeva il viso della sorella tra le mani e le diceva che era una giornata meravigliosa raccontandole di un'unicità tremenda che gli era venuta in mente quel giorno che avrebbe potuto sviluppare. Lei sapeva che ogni pomeriggio l'avrebbe aspettata per raccontarle di un fantomatico quirk che avrebbe potuto sviluppare e che per fortuna non aveva, tutto per fingere di stare bene agli occhi della sorella minore.

"Sai sorellina ho pensato e se avessi sviluppato un quirk che con un solo sguardo avesse fatto sparire per sempre una persona?! che tipo di eroe sarei potuto diventare? Non sarei potuto diventare un protettore della giustizia, non credi? Quindi è un giorno meraviglioso perché anche oggi ho evitato di sviluppare un quirk malvagio"

"mmh-mmh" la ragazza annuiva a tutto ciò che il fratello le raccontasse, ma sapeva bene che nel profondo non era davvero felice.

A cena Kaizaki raccontava sereno la propria giornata al padre, che sorridente ascoltava ciò che il figlio aveva da dire. La ragazza invece, mangiava un po' di ciò che le veniva messo nel piatto e se ne andava a dormire presto. La mattina quando si alzava ritrovava in cucina il fratello e il padre intenti a preparare la colazione, spesso, mentre lasciavano le uova bruciacchiarsi in padella, cantavano e ballavano vicino ai fornelli, fingendo che le spatole fossero dei microfoni e i barattoli di zucchero, sale e pepe i loro spettatori. Era una scena che le sarebbe mancata una volta cresciuta, una quotidianità alla quale non avrebbe mai rinunciato.

A scuola sedeva sola al banco e, come da routine, prima di iniziare a mangiare leggeva il biglietto del padre, sorrideva a quel piccolo pezzo di carta, certe volte macchiato d'olio, altre volte di soia, e, dopo aver risposto con il labiale -ti voglio bene anche io papà-, lo riponeva nell'astuccio e iniziava a mangiare silenziosamente.

Ogni giorno tornava da scuola e si chiudeva in camera a scrivere su di un quaderno il quirk che il fratello quel giorno si era inventato e che aveva ringraziato di non aver sviluppato, un'altra routine che sin da piccola aveva assunto.

Sorrideva anche lei come il padre e il fratello, sorrideva a casa, durante il percorso che portava a scuola e al parco con Kaizaki, sorrideva perché le piaceva vedere le persone a lei care sorriderle di rimando.

Ma la scuola era diventata un inferno, le ragazze della sua classe non facevano altro che insultarla e chiamarla corvo del malaugurio, raccontavano in giro che lei non avesse la madre perché era scappata dopo aver visto in faccia la figlia. Per lei la vita a scuola non era una passeggiata come quella del fratello e ogni volta che provava a salire al piano di sopra alla ricerca di Kaizaki, qualche professore la fermava dicendole che ogni classe doveva rimanere al proprio piano. Una volta finite le lezioni non riusciva a raccontare nulla né a suo padre né al fratello per paura di far sparire quei sorrisi che per lei erano sacri.

Così continuò ad andare a scuola e a subire insulti, minacce e sguardi schifati. Continuò a camminare a testa bassa per i corridoi fingendo di non esistere, sperando che quelle voci smettessero di parlare, ma non riusciva a farle smettere. Tutti i giorni si tratteneva dal piangere in classe leggendo il bigliettino del padre, ma piano piano divenne più difficile.

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