Santa Klaus - Capitolo 17

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Klaus mi ha tenuta stretta per tutta la notte.
Sdraiati sul piccolo divano, il suo petto meraviglioso e liscio mi ha fatto da cuscino, un braccio dietro la testa, una mano legata alla mia dalle nostre dita e i corpi nascosti dentro una coperta. É una posizione scomoda ma non mi alzerei per nessun motivo al mondo.

Questa notte è successo qualcosa di incredibile, non solo sono mi sono unita con Klaus esattamente come succedeva solo nei miei sogni più proibiti ma prima di farlo mi ha dato prova che riesce davvero a comunicare coi morti.
Con i miei genitori.

Ancora non è così forte da poter sostenere un vero e proprio dialogo con l'aldilà ma quel cucciolina ha significato davvero tantissimo per me: era il soprannome che mi davano nelle occasioni più importanti, come quando portavo a casa degli ottimi voti e papà mi comprava dei muffin al cioccolato: «Brava cucciolina.» oppure quando andavamo a fare shopping con mamma nelle nostre giornate solo donne: «Scegli il vestito che vuoi, cucciolina.»

E come una stupida ho permesso che il dolore mi facesse dimenticare quei giorni felici.
Osservo Klaus mentre dorme, ha un'espressione così tranquilla che nemmeno sembra la stessa persona che ieri ha fatto irruzione alla caffetteria di Madison.

«Oh merda, Madison!»

Sbotto e tutta la magia del momento crolla in un istante.
Klaus si sveglia a malapena portando un braccio sopra gli occhi, dalla bocca escono strani versi ma credo che mi abbia chiesto dove stia andando.

«Devo andare a lavoro!» rispondo infilandomi al volo un paio di pantaloni sentendoli un po' stretti sulla chiusura, sto già pagando il prezzo delle schifezze che mangio tutti i giorni ma almeno la maglietta calza alla perfezione.

Corro in bagno a lavarmi i denti, mi pettino velocemente e torno di volata in sala, Klaus è ancora mezzo addormentato ma ha avuto la forza di alzarsi sui gomiti per guardarmi un po' stordito.
Devo fare appello a tutta la mia forza di volontà per non tornare su quel divano e saltargli addosso: ha i capelli scompigliati, gli occhi cerchiati di nero, le labbra verso l'alto in un sorriso stanco ma beato...E quel corpo così perfetto che sembra brillare alla luce del flebile sole che entra dalla finestra.

Dio, cosa non darei per avere il potere di fermare il tempo e buttarmi nuovamente tra le sue braccia, altro che desiderare di volare!

«Allora buon lavoro.»

«Grazie.»

Ancora una volta ho la sensazione di essere una stramba coppia di sposini. Ma scuoto la testa, non posso permettermi il lusso di farmi illusioni.

***

A lavoro non faccio altro che guardare l'orologio, con la coda dell'occhio osservo di continuo quella maledetta lancetta che proprio non vuole saperne di andare più veloce. Madison nota quanto sia distratta e mi becco persino un paio di richiami per aver sbagliato degli ordini.
C'è un po' di calma prima che arrivino i soliti ragazzini post scuola, posso rilassarmi concedendomi un cappuccino ma senza mai smettere di tenere d'occhio l'orologio.

«Si vede proprio che sei innamorata.» Dice Madison apparendo come per magia al mio fianco, in mano una tazza di caffè bollente. «Ma non farti condizionare troppo da quel tipo.»

«Non mi faccio condizionare.» Ribatto seccata, mica sono una bambina, ho una mia testa con cui ragionare!

«Ah no?» Madison alza un sopracciglio indicandomi solo con lo sguardo. «E da quando indossi pantaloni di pelle?»

«Pantaloni di...»

Abbasso gli occhi per vedere...I pantaloni di Klaus! Su di me!

Oddio, questa mattina per la fretta devo aver indossato i suoi anziché i miei! Ecco perché mi stanno un po' stretti! Che imbarazzo! Sento di esser diventata viola, balbetto ma non esce una risposta vera e propria.

Per fortuna Madison ridacchia. «Tranquilla, so che sei una brava ragazza...Ma sai anche che ti considero come mia figlia, dunque...»

«Lo so, Madison.» Sospiro bloccando immediatamente la ramanzina. «Grazie.»

É bello avere sempre qualcuno che si occupa e preoccupa per me ma a volte è...Soffocante.

Mi sorge un dubbio: e se Klaus provasse la stessa cosa nei miei confronti? Gli sto davvero così tanto col fiato sul collo? E se si dovesse stancare di me? E se mi abbandonasse?

Finisco di lavorare con tutti questi dubbi in testa, sbaglio nuovamente qualche ordine e allora Madison decide di mandarmi via un'ora prima, la tempesto di scuse ma più che arrabbiata sembra preoccupata. Devo assolutamente riprendermi o qui ci rischio il posto di lavoro e non posso assolutamente permettermelo.

Mi precipito fuori dalla caffetteria e corro verso casa, assurdo che questa mattina ero così raggiante e ora sono pervasa da uno strano sentimento, un misto tra ansia e paura che non auguro a nessuno.
La stessa paranoia che anni fa mi assalii quando provai a telefonare ai miei genitori ma nessuno rispondeva.

«Klaus!» è la prima cosa che grido una volta aperto il portone principale di casa.

Controllo ovunque ma non c'è nessuno, non ci sono nemmeno più i suoi vestiti.
Oh cavolo...E adesso dove lo vado a cercare?

Klaus Trilogy - The Umbrella Academy fanfiction - Alice Gerini -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora