39. Uno chef così sexy...

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Ormai Jack e Taylor sono via da un po'.

Guardo l'ora sul telefono... Sono le 18.
Ne approfitto per telefonare allo psicologo.
Tiro fuori il biglietto da visita che avevo nascosto in tasca quando è arrivato Jack, e compongo il numero.
Dopo qualche squillo, mi risponde quella che suppongo essere la sua segretaria.
Sembra molto gentile, mi da appuntamento per domani e anche se non mi entusiasma l'idea di doverci andare così presto, acconsento.

Proprio mentre sono ancora al telefono, Taylor e Jack fanno ritorno.

-... Si, certo, va bene. Quindi, domani alle 9. Si, la ringrazio molto. Buona serata.- mi accordo, sentendomi addosso lo sguardo incuriosito dei nuovi arrivati.

Poso il telefono sul tavolino, poi mi alzo dal divano per andare loro incontro.

-Allora, ragazzi... Tutto bene?- chiedo, guardinga, studiando i loro volti.

-Ma certo, stai tranquilla- mi rassicura Taylor, accarezzandomi una spalla, mentre a quel gesto Jack sembra non voler sostenere il mio sguardo.

Perché mi sento così... Così male? Così... A disagio, da quando Taylor ha detto a Jack di noi?

-Bene, allora... Vi va una pizza, questa sera?- propongo, andando in cucina a versarmi dell'acqua. Non che io abbia sete... È solo che ho bisogno di fare qualcosa per distrarmi da questa morsa che mi stringe il petto.

-Ehm, ma dove devi andare, domani alle 9?- mi chiede Taylor, apprensiva.

Io mi giro a guardarla, poi guardo Jack, poi di nuovo lei.

Non avrei voluto dirglielo, ma non sono brava a mentire. Tanto vale che io dica subito la verità...

Sospiro, arrendendomi.

-Vado da uno psicologo. Mi era stato consigliato in ospedale, ma all'inizio ero contraria. Pensavo davvero che non mi servisse. Ad oggi, però, mi sono resa conto di averne bisogno. Non posso continuare a pesare su... Su tutti voi... - rispondo, indicando loro, anche se mi riferisco a tutte le persone che in questo periodo mi hanno sostenuta pazientemente.

-Ma ehi, tu non sei un peso, tesoro... Io non credo che dovresti... - mi consola Taylor, abbracciandomi, ma io la allontano.

-Smettila, per favore! Smettetela tutti, di essere così accondiscendenti. Sono un disastro, un vero disastro... E ho bisogno di farmi aiutare. - mi esaspero, sentendomi le lacrime agli occhi, ma le ricaccio indietro. Mi rifiuto di piangere proprio in questo momento!

-Se senti di doverlo fare, allora è giusto che tu ci vada. Non hai niente da perdere, in fondo. - si esprime Jack, guardandomi rassicurante.

Io lo guardo di rimando, grata che si sia mostrato accomodante.

-Bene, allora fai quello che ti senti, Sam. Tu, Jack, ti fermi a cena?- propone Taylor, e sia io, che Jack, la fissiamo stupiti.

-A dire il vero, avrei un favore più grande da chiederti, Sam. Devo incontrarmi domattina col proprietario del monolocale per firmare le carte. Quindi per questa notte, non posso ancora dormire nella mia nuova casa, sebbene sia già in parte arredata, poiché di fatto non è ancora mia finché non firmo quelle carte. Potrei dormire sul tuo divano, solo per questa notte?- mi chiede, e non so perché, mi fa molto piacere che me lo abbia chiesto.

-Ma Jack, casa dei tuoi genitori non è a dieci minuti di macchina da qui? - gli chiede di rimando Taylor, sforzandosi di mantenere un tono gentile.

-Si, ma io purtroppo ho perso le chiavi, e in questo momento i miei si trovano in crociera ai Caraibi. Perciò, non possono aprirmi. - le risponde Jack, con un sorriso.

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