quattro

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"Non verrà."
La musica ad alto volume copre leggermente la voce di Jackson ma dal labiale capisco bene cos'ha detto.
"Che ore sono?" urlo mentre mi muovo a tempo di reggaeton con i fianchi circondati dal braccio di Aaron.
"È quasi mezzanotte." risponde lui.
"È presto Walkerrrrr!" biascico leggermente "Balla con noi, vedrai che arriva."
Mi lascio trasportare dal ritmo, incurante della polvere fucsia che il moro ha appena scaraventato sulla mia guancia o di quella gialla che Peter si é premurato
di lanciare sul mio fondoschiena. Siamo tutti sporchi ma è bellissimo.
"La nostra preferita!" esclamo mentre vago con lo sguardo in cerca di Daffodil che abbandona il ragazzo che fino a pochi secondi prima stava esplorando la sua cavità orale e ci raggiunge in pochi secondi ciondolando sui tacchi.
"Carie ce n'è?" la prende in giro Aaron provocando le risate di tutti.
"È entrato nell'esercito. Non lo rivedremo mai." fa spallucce e circonda il mio collo con una mano pronta a cantare Safe And Sound dei Capital Cities, la nostra canzone da sempre e per sempre.
"EVEN IF THE SKY IS FALLING DOWN I KNOW THAT WE WILL BE SAFE AND SOUND!"
Riesco a sentire chiaramente i miei amici stonare ma la carica che ci dà questa canzone è troppa. Avevamo pensato persino di tatuarcela. Ma Jackson, la mamma del gruppo, ci ha ricordato la nostra instabilità mentale e che quindi ci saremmo pentiti della scelta neanche mezz'ora dopo.
Ridacchio mentre saltello a tempo di musica sui tacchi che ormai cominciano a farmi male.
Stringo la mano di Jack e faccio una giravolta nel vestito lungo cercando di non inciampare. Quanto è bello ballare anche se la testa gira?
"Jackson!" una voce sottile e rauca arriva alle nostre orecchie abbastanza chiaramente grazie alla musica che si è abbassata notevolmente a segnare la fine della nostra canzone.
È Marissa, in una t-shirt bianca accompagnata da un paio di jeans chiari. Rivolgo lo sguardo su Daffodil che la guarda scioccata. Trattengo una risata insieme a Aaron mentre cerco di attirare l'attenzione della ragazza pregandola di non essere la solita stronza cinica.
"Ci ha provato." le sussurro dandole un leggero schiaffo sull'indice accusatore che le sta già per puntare contro.
"I jeans, Cameron, i jeans." borbotta nel mi orecchio.
"Magari aveva solo quello di chiaro, dai, apprezza lo sforzo." la bacchetto di nuovo.
Lei guarda Jackson e si arrende, trasformando l'espressione indignata in un sorriso di accoglienza. Amo la mia migliore amica anche se è una stronza.
"Lei è Marissa." guardo Jack emozionato introdurre la ragazza nel gruppo.
"Ciao piacere, sono Gwendoline!" esclamo io allungando la mano nella sua direzione.
Mi stringe la mano decisa e sorride, il rossetto rosso non manca. Rivolge la stessa espressione felice ed imbarazzata a Daffodil, Aaron e Peter prima di voltare il caschetto biondo in cerca di qualcuno e tornare dopo pochi secondi con una figura slanciata al suo fianco. La camicia chiara sbottonata sul petto muscoloso, da cui si intravede l'inchiostro dei tatuaggi sulla pelle, i capelli ricci ricadono sul volto leggermente abbronzato. Si passa una mano impreziosita da vene ed anelli sul volto prima di sporgerla nella mia direzione. Chi diavolo sei tu?
"Gwendoline." mugugno avvicinandomi cercando di capire il nome che pronunciano le sue labbra.
"Edward, piacere."
Ha gli occhi verdi.
"Piacere mio."
Impossibile notare la morbidezza della sua mano.
Sciolgo il contatto rivolgendo un'occhiata alla mia migliore amica completamente assorbita da quell'immagine paradisiaca. Il ragazzo dell'esercito se lo è già dimenticata in questo esatto momento.
"Chiudi la bocca Dallas." mormoro al suo orecchio mentre la musica sembra riprendere a suonare e la gente a ballare.
"Che me la chiuda lui." risponde a tono e rivolgendomi un'occhiata di estasi. Rido mentre le do un pizzicotto sulla pelle della schiena scoperta e mi concentro sul ragazzo appena arrivato.
Ricambia lo sguardo. Abbozzo un sorriso, mi imita.
"Volete qualcosa da bere?" urla Daffodil senza togliere gli occhi di dosso dal nuovo arrivato.
"Io no, devo guidare. Ti ringrazio Però." sorride la bionda rivolgendo poi due occhietti innamorati a Jackson. Ahhh l'amore, che cosa difficile.
"Io accetto volentieri, grazie."
Daffodil non perde occasione per circondare le spalle di Edward con un braccio e condurlo fuori dalla pista in direzione del salotto. Li seguiamo a ruota. Vedo la mano di Jackson scivolare in quella di Marissa. Non si sono ancora baciati e si stringono già le mani. È un libro di John Green? Il tocco di Aaron sulla mia schiena nuda mi riporta nel salotto di Daffodil. Lo prendo sottobraccio e mi faccio accompagnare. Mi innamorerò mai così? Senza nemmeno aver sentito il gusto delle sue labbra? Semplicemente guardando qualcuno negli occhi e vedendo il suo sorriso?

Mi sfilo i tacchi ormai insopportabili e li abbandono nell'armadio all'entrata di casa di Daffodil per poi dirigermi verso la cucina e prendere l'ennesimo bicchiere di birra.
"Qua a casa Dallas fate sul serio."
Mi volto non riconoscendo la voce che ha appena parlato ritrovandomi nella stessa stanza con la figura alta e celestiale dell'amico di Marissa.
"Che intendi?" ridacchio mentre riempio il bicchiere di plastica rossa.
"Beh, outfits, addobbi. È tutto così perfettamente coordinato." parla piano, esageratamente piano.
"Daffodil ed una delle sue tante fisse. Vuoi?" mormoro indicando la birra.
"Sì, dai." sorride "Grazie."
"Non sei di qui, vero?" chiedo mentre verso la birra nel secondo bicchiere.
"No, no." ridacchia "Si sente?"
"Eh sì, direi un pochino." ora ridacchio anch'io e lo guardo. Ha le fossette sulle guance. Sembra un angelo caduto dal cielo.
"Sono del Regno Unito. Mi sono trasferito da un annetto quasi." annuisce prendendo un sorso di birra.
La calma con cui parla e il tono di voce basso e rauco mi impediscono di concentrarmi troppo sulla cosa che ha appena detto. Grazie Jackson per questo regalo. O forse dovrei ringraziare Marissa? Grazie jackson, grazie Marissa.
Accenno un sorriso e annuisco. Da dov'è che ha detto di arrivare? Regno unito?
"Come mai in America?" chiedo.
"Storia lunga." si passa una mano tra i capelli e sbuffa una risata imbarazzata "Poi magari te la racconto."
"Compreso." sorrido anch'io "Scusa."
"No, non preoccuparti."
Mi guarda. Sa benissimo che effetto fa, con quella faccia angelica da cane bastonato, le guance leggermente arrossate, le labbra colorate, la camicia sbottonata.
"Sembra che Marissa abbia apprezzato il tema della festa." mormoro allungando lo sguardo dietro di lui. La ragazza è già ricoperta di polvere colorata e impugna una bustina di giallo pronta a scaraventarla contro la povera camicia di Jackson.
"Era molto agitata riguardo ciò." ammette il ragazzo davanti a me prima di prendere un sorso di birra.
"Ah sì? Come mai?"
"È la prima volta che viene invitata direttamente ad una di queste feste."
Lo guardo. Gli occhi verdi fissano i miei.
"Ma è una delle cheerleaders, è impossibile che non l'abbiano mai invitata." ammetto "Daffodil ne organizza almeno una ogni tre mesi.."
"Eh infatti."
Butto giù anch'io un po' di birra mentre  mi appoggio al bancone della cucina dieteo la mia schiena.
"Daffodil é un po' selettiva.." mugugno. Mi sta mettendo in soggezione con quello sguardo?
"Non c'è problema. So come funzionano le cose qua. Sono un bravo osservatore." ammette.
"Ah sì? E cos'hai osservato?" indugio sul suo sguardo che distoglie e porta davanti a noi mentre prende posto affianco a me. Il gomito sfiora la mia schiena scoperta.
"Che più della metà delle persone in questa stanza vorrebbe essere come voi."
Mi volto a guardarlo corrucciando la fronte.
"Che intendi?"
"Avere questo tipo di casa, poter organizzare questo tipo di feste." le dita stringono il bicchiere di plastica che porta alla bocca "Avere questa vita. Cheerleader, surf, macchina, football."
"Guarda che Aaron, Jackson e Peter sono nella squadra di pallanuoto." trattengo una risatina e lo guardo di sottecchi. Ride anche lui.
"Sai cosa intendo."
"So che non ci conosci abbastanza per giudicare." finisco la birra e abbandono il bicchierino nel lavabo vuoto dietro di me.
"Hai ragione, non vi conosco."
Mi guarda.
"Ed io non sono una cheerleader." continuo.
"Esattamente, sei un caso particolare. Come ci sei finita in quel giro?" chiede. Un ghigno sul volto.
"Mia madre è la preside della scuola." muovo le mani davanti al suo viso prima di scoppiare a ridere "Andiamo a ballare?"
"Andiamo a ballare." annuisce e mi segue.
Non è tutto oro quel che luccica. Non è la festa in piscina, la villetta a schiera, la macchina decapottabile di Aaron o quella blu di Daffodil, non sono la squadra di pallanuoto o quella di cheerleader a renderci speciali. Soffriamo comunque. Non siamo perfetti nonostante ciò.

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