trentatré

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Primo giorno di scuola. Ho gli occhi spalancati sul soffitto da almeno mezz'ora ma nessuna intenzione di muovermi dal letto su cui sono coricata. Il nostro ultimo primo giorno di scuola
all' high school. Avevamo così tante aspettative per questo giorno. Non avremmo dovuto dormire, avremmo dovuto passare la serata a fare festa e cantare le nostre canzoni, bevendo vodka e tequila, per arrivare il meno sobri possibile a scuola. Avevamo giurato di farlo. Invece non è successo niente di tutto ciò. Sono sul letto di Aaron, mentre lui mi dorme affianco. Ai piedi del letto Peter e Jackson convidono i materassini gonfiabili e i sacchi a pelo. Ho passato la notte a piagnucolare sullo schermo del cellulare spento, sulla home sempre priva di notifiche, con sottofondo la segreteria telefonica della mia migliore amica.
Tiro un lungo sospiro prima di sentire la sveglia di Aaron suonare ripetutamente dal comodino di legno chiaro. Quando nessuno dei tre sembra volersi muovere per spegnere l'apparecchio infernale, decido di farlo io con un sonoro sbuffo. Oggi avrei voglia solo di stare sotto al lenzuolo con ballate da piano forte nelle cuffiette.
"Ragazzi..." mormoro "Dai."
Mezz'ora dopo con la pancia piena di caffè freddo amaro, non sono in grado di mangiare niente, e nel mio outfit studiato da settimane guardo i miei migliori amici ancora in pigiama inzuppare i pancakes nello sciroppo d'acero.
"Siamo in ritardo?" chiede Aaron lo bocca piena, gli occhi ancora impastati dal sonno.
"Non importa." faccio spallucce.
"Cameron." mi richiama Peter "Per favore."
"Non riesco Peter, va bene? Questa cosa dovevamo farla tutti insieme e se lei ora non è qui è colpa mia." sospiro rumorosamente "E non sopporto litigare con lei. Soprattutto se poi non risponde nemmeno al cellulare."
"Chiarirete." annuisce mentre gli occhi chiari mirano su di me "Lo fate sempre."
"E poi? Amici come prima?" scuoto la testa "No." mi porto le mani tra i capelli "Non penso sarà così facile cancellare tutto e tornare a dormire una sera a casa mia ed una a casa sua dopo che mi ha confessato di essere innamorata di me. È qui che cambia tutto. Cambierà anche con voi." sento gli occhi umidi "E ci stiamo separando ancora prima del college. Fa tutto schifo." guardo le mie mani che tremano e sento il mio respiro farsi affannoso. Scuoto la testa mentre guardo terrorizzata i miei amici. Non respiro più. Non riesco a prendere fiato. Sto morendo?
"Gwen?"
Infilzo la carne dei palmi con le unghie e scoppio in un urlo frustrato quando sento il dolore della penetrazione pervadere le mie mani. Riprendo fiato.
"Gwen che cazzo!"
"Gwen guardami."
Mi porto le braccia sul viso mentre stringo le ginocchia al petto, sto tremando. Respiro a fatica mentre sento le mani dei ragazzi massaggiare la mia schiena. Tengo gli occhi chiusi e spero passi in fretta. Cosa cazzo è appena successo?

Non avevo un attacco di panico da quando, dopo l'incidente, mi sono stati prescritti i tranquillanti. Ho passato settimane a cercare di mettere piede in un automobile senza dare di matto. Non l'ho mai ammesso a voce alta, anzi, Marissa ed Edward ad esempio non lo sanno ancora adesso  Nemmeno i miei genitori ed i miei amici all'inizio ne erano al corrente. L'avevo detto solo ad Ethan, il quale era venuto a prendermi il giorno delle mie dimissioni. Abbiamo detto a tutti che mi avevano fatta uscire dall'ospedale circa 3 ore dopo per ulteriori visite. Invece siamo rimasti fuori dall'ospedale, io a piangere e tremare, Ethan nel panico senza sapere come calmarmi. Poi mi sono addormentata in auto e quando ho aperto gli occhi eravamo praticamente davanti casa.
Mia mamma sventola le mani sul palco mentre parla, stretta in un tubino chiaro e tacchi a spillo. Ho accettato di venire solo perché non volevo che notasse la mia assenza. Le mie mani tremani ancora ma ora le stringo sulle ginocchia. Spero nessuno lo noti. Tantomeno Peter, Jackson o Aaron seduti vicino a me.
"C'è Daf."
Mi volto mentre guardo la ragazza fare il suo ingresso nella palestra, quindici minuti in ritardo, in jeans morbidi e crop top, senza reggiseno ovviamente. Riesco a percepire l'irritazione di mia madre da qui. So che l'ha fatto apposta ad arrivare dopo affinché tutti notassero l'outfit. Accenno un sorriso perché l'ha messo. Ha indossato quello che avevamo deciso insieme. Mi sembra di sentirle dire "L'ho messo solo perché era mozzafiato, stronza, mica per te."
"Gwen." accolgo la gomitata di Peter con un certo fastidio e lo guardo. La mano ha smesso di tremare.
"Ti ha chiamata." bisbiglia. Guardo verso mia madre che sta gesticolando nella mia direzione. Non può essere.
"Cristo." bestemmio tra i denti mentre respiro profondamente. Sento di nuovo lo stomaco chiudersi.
"Non ce la faccio." mugugno "Non posso."
"Gwendoline, tesoro, aspettiamo tutti te." guardo la donna bionda sorridere "So bene che non verrà nessuno se aspetto che qualcuno di sua spontanea volontà si offra." annuisce "Gwen, forza e coraggio."
Mi alzo goffamente dal seggiolino su cui ero seduta pochi secondi fa e guardo Peter bisbigliarmi "Ce la puoi fare, lo so per certo."
Vorrei morire in questo momento.
Raggiungo il palco affiancando mia mamma mentre nella palestra è calato il silenzio. Sembra che tutti stiano aspettando il mio crollo nervoso per godersi lo spettacolo. Non crollo davanti a tutti. Non ho intenzione di farlo.
"Ehm.." mi schiarisco la voce mentre concentro l'attenzione sugli occhi scuri di Aaron. Ce la posso fare.
"Ringrazio la nostra preside per il bellissimo discorso e per la grandiosa opportunità di dire la mia di fronte a più di cinquecento persone." ridacchio imbarazzata. La mia voce trema.
Mi guardano tutti in attesa che dica qualcosa di serio. Di rassicurante. Il mio cervello è andato in totale blackout. Non so nemmeno più il mio nome. Respiro a pieni polmoni mentre saetto lo sguardo a destra e sinistra per non focalizzare l'attenzione su nessuno e sentirmi a disagio. Incrocio anche il suo sguardo, mi sorride ampiamente, anche gli occhi lo dicono : sono contento di vederti. Sorrido anch'io mentre sento i nervi sciogliersi. Quanto mi piace quel ragazzo?
"Come molti di voi sapranno, Gwendoline, è qui per miracolo." sorride. Non lo sta facendo sul serio.
"Mamma.." mugugno tra i denti.
"Voglio far parlare proprio lei perché ha imparato ad avere un'altra sensibilità." mi guarda, i denti bianchi perfettamente allineati "Come si suol dire, carpe diem."
Voglio annegare in questo momento. Scomparire nel parquet del palco innalzato apposta per l'occasione. Venire inghiottita dal pavimento rosso della palestra.
"Ehmm.." guardo Edward, ha un labbro per metà in bocca "Io..Beh.. Sì, ho avuto un incidente, sono finita in coma e mi sono risvegliata una settimana dopo." riesco a percepire il disagio del ragazzo da qui "Non mi piace dire che ho una sensibilità diversa. Semplicemente questa è stata la prova che pensiamo di vivere per sempre ma non è così." cerco lo sguardo di Daffodil. É abbassato sulle ginocchia. Lo sa che ho citato il suo discorso di ieri. Lo sa.
"Pensiamo di essere eterni ma non lo siamo. E perdiamo tempo lamentandoci di cose stupidissime e banali senza sapere che potrebbe essere l'ultima lamentela che facciamo, l'ultimo abbraccio che diamo ad un amico, l'ultima festa a cui andiamo, l'ultima canzone su cui balliamo, o l'ultimo giorno di scuola. Non voglio avere rimorsi. Non voglio nemmeno avere paura. Voglio vivere perché mi sono accorta quanto io sia così fortunata solamente ad esistere, su questo pianeta. Avere la possibilità di viverlo come più mi piace è élite."
Mia mamma annuisce convinta, forse per la prima volta la vedo quasi fiera di qualcosa che mi riguardo.
"Detto questo, materialmente, cosa possiamo fare? Goderci quest'anno scolastico, ma qualsiasi, che sia primo secondo o ultimo, come nel mio caso, non sarà di certo il compito di matematica andato malissimo o le trecento pagine di letteratura inglese da studiare a rendere questi anni della nostra vita infernali. La vita è in tutto il resto. È nel tuo vicino di banco che si addormenta, nella merenda condivisa, nel caffè alle macchinette, negli sguardi nel corridoio. Ma anche nella serata passata a studiare fino a notte fonda e la sensazione di libertà una volta consegnato il compito o finita la tanto attesa interrogazione." finalmente ho gli occhi di Daf addosso "Soprattutto sono le persone che rendono il mondo speciale. Anzi, che fanno il mondo. Perché da soli si sta bene. Ma sono gli altri alla fine che ti mancano." è dispiaciuta e glielo leggo nello sguardo "Quindi.. In bocca al lupo a tutti. Ce la potete fare."
Mia madre nel tubito chiaro si muove velocemente di fianco a me mentre invita tutti ad alzarsi in piedi. Voglio nuovamente annegare.
Mi ricordo un pomeriggio in spiaggia con Edward, mentre gli altri erano a New York e Jackson impegnato nella sua vita sentimentale con Marissa. "Devi iniziare a romanticizzare la tua vita." aveva detto di averlo letto in un libro. Inizio?
"Posso aggiungere una cosa?" mormoro. La voce esce insieme al coraggio che d'improvviso ha preso controllo della situazione "Ieri ho avuto una litigata furiosa con una delle persone più importanti della mia vita." inchiodiamo gli sguardi l'una sull'altra "Non per una cosa stupida, tutt'altro. Però questo doveva essere il nostro ultimo primo giorno di scuola insieme. Da quando abbiamo 5 anni, facciamo tutto insieme. E invece non ci siamo nemmeno salutate. E probabilmente non ci siederemo nemmeno vicine e nemmeno ci aspetteremo per pranzo." aggrotta le sopracciglia, sta per piangere "Ma io non voglio stare così. Non voglio andare a dormire stasera senza sapere cosa ne sarà di me domani con la consapevolezza però che non ci parleremo." la palestra è silenziosa, il microfono fischia leggermente perché ci avvicino troppo le labbra "Quindi, Daffodil Dallas, puoi perdonarmi per favore? Non voglio passare così il mio ultimo primo giorno di high school. Per niente al mondo."
Gli occhi puntati sulla mora che ora accavalla le gambe disinteressatamente perché sa che se mi guarda negli occhi ancora un po' finisce per mettersi a piangere.
"Per favore?" mugugno. Sto imbarazzando me stessa come non ho mai fatto prima. Se alle sette, nel bel mezzo del mio attacco di panico, mi avessero detto che alle dieci di questa mattina sarei stata su un palco ad esporre pubblicamente le mie scuse ed implorare il perdono della mia migliore amica davanti a 600 facce sconosciute, sarei scoppiata in una grassa risata.
"Daffodil, guarda cosa mi stai facendo fare per l'amor del cielo, perdonami e finiamola qua."
Trattiene una risata prima di fermarsi a guardarmi ancora qualche secondo e annuire con la testa "Yey!" esclamo "Buon anno a tutti!" attiro velocemente mia mamma in un breve abbraccio prima di correre verso la mora e gettarle le braccia al collo nonostante sia ancora inchiodata alla sedia su cui è seduta.
"Mi dispiace che abbiamo litigato Daf." mugugno "Non deve succedere mai più io non volevo reagire così però per me sei la mia migliore amica e.."
"Sh..." sospira "Non parliamone qua. Ma comunque è tutto a posto."
Mi allontano per guardarla sorridermi.
"E comunque sei proprio una stronza." scuote la testa "Hai sempre delle cose belle ed intelligenti da dire, ti odio."
È la mia Daffodil. Scoppio a ridere e la abbraccio di nuovo. Sento il cuore impazzire di gioia.
"Pace fatta?" ci vogliamo entrambe verso Jackson che ha appena parlato.
"Sì, puoi toglierti i sensi di colpa per averci fatto litigare." risponde la mora sorridendo.
"Hey, stai bene?" guardo Peter e annuisco "Ora sì."
Il braccio di Aaron circonda le mie spalle "Allora, siamo pronti per iniziare quest'ultimo anno in questo posto di merda?" mi guarda "Sì, Gwenny, quelle che hai detto erano in parte vere, in parte grandi cagate."
"Concordo." scoppio a ridere mentre stringo la sua mano. Allungo lo sguardo davanti a noi, Edward e Marissa camminano nella nostra direzione.
"Benvenuti nel lato scolastico dei Crackheads." mormora Jackson "Giuriamo solennemente di non avere buone intenzioni."
Sghignazzo mentre guardo Edward. Annuisce piano mentre ricambia lo sguardo. Vorrei davvero potergli stare affianco. Avere quegli occhi solo per me. Ma non posso averli. Li porto nel cuore.

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