sessantuno

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Ammicco in direzione di Aaron che circonda i fianchi della biondina mozzafiato, la famosa ragazza di San Francisco, e trattengo una risatina. E' innamorato perso e fa quasi paura, non l'ho mai visto così ma è bellissimo.

"Se faranno mai dei bambini, sicuramente saranno bellissimi." porto lo sguardo su Daffodil e sgrano gli occhi "Che c'è? Che ho detto di così scandoloso?"

"Bambini?!?!" esclamo io "Dio, no!"

"L'hai detto tu, Gwenny. Ho quasi trent'anni, non ho tempo per questa cazzate, devo pensare alla mia vita e alle cose che contano." mi imita riferendosi al discorso di qualche giorno fa "Pensavo che nelle cose che contano fossero inclusi i bambini." si giustifica buttando giù un sorso di vino "Mi sbagliavo, chiedo scusa."

Sbuffo "Era un altro discorso quello.." scuoto la testa e bevo anch'io "Dico solo che non voglio essere la zia dei bambini di Aaron adesso. Mi spaventa."

"Avete parlato?" domanda. Rivolgo uno sguardo al salotto di casa Dallas. Edward racconta qualcosa, gli altri lo guardano attentamente e ridacchiano, non riesco a capire da qui di cosa stiano parlando, sicuramente però è qualcosa di divertente da come Jackson sta strizzando gli occhi. Incrocio lo sguardo di Peter, mi rivolge un cenno col capo. Aggrotto la fronte ma sorrido, so già a cosa allude. Annuisco. Torna a guardare il ragazzo al suo fianco.

"No, Daf." la guardo "Non.." sospiro "E' difficile."

"La serata è lunga."

"Credo si sia tirato indietro." mormoro"Eravamo entrambi scossi dalle emozioni e dai ricordi, dopo il concerto. Ci siamo fatti prendere, avremmo voluto parlare tutta la notte come quando eravamo adolescenti." gli rivolgo l'ennesimo sguardo "Però poi siamo tornati alle nostre vite di sempre e abbiamo capito che non si può fare."

"Non si può fare cosa?" mi richiama la mora. Torno a guardare lei "Tornare indietro, Daf."

"Sono stronzate, e lo sai anche tu." risponde "Grosse stronzate."

"Daffodil, ti prego. Ne abbiamo già parlato a sufficienza."

"Certo, lo so bene." bisbiglia infastidita "Ma non voglio vederti vivere nel rimorso in questo modo. Perchè lo sappiamo entrambe. Che ti pentirai amaramente di non aver nemmeno tentato di parlarci."

Scuoto i capelli corti "Siamo adulti."

"Appunto." ribatte "Magari questa volta ci provate a tenervi per mano senza camminare mai troppo lontano."

"Okay." borbotto "Ho chiuso con questa conversazione." sbuffo una risatina ironica "E anche con questa festa del cazzo."

"Gwen, dai." mormora "Ti prego, scusami." afferra il mio polso tra le dita prima di attirarmi in un abbraccio "Scusami." bisbiglia "Però davvero, non ce la faccio a vederti così. Non brilli."

"Non ho bisogno di nessuno per brillare."

"No." annuisce "Però o te lo riprendi o lo lasci andare per sempre."

Non lo nomina. Ma sappiamo benissimo a chi si stia riferendo. Sciolgo il contatto fisico e la guardo "Non si è tirato indietro." porta una ciocca dietro il mio orecchio "Non potete prendervi un caffè in centro. Lo sai. Sai anche chi sono i due ragazzi che l'hanno accompagnato e che probabilmente lo verranno a recuperare." abbasso gli occhi sulle mie mani strette intorno al calice di vetro "Non può permettersi di fare ciò che vuole. Vedervi qua, in una casa, al chiuso, lontano dagli occhi dei curiosi era sicuramente la scelta più semplice."

"Per evitarci." concludo io per lei. La guardo allungare lo sguardo dietro di me prima di trangugiare velocemente il liquido all'interno del bicchiere e sfoderare un sorriso "Allora, signor Styles, hai finito di dare spettacolo?"

never too farDove le storie prendono vita. Scoprilo ora