quaranta

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Mi muovo avanti e indietro per il corridoio della mia camera mentre ripasso formule di matematica completamente a caso. Mi sembra di impazzire. Guardo il moro seduto sul mio letto attraverso la porta e lo indico "Area del trapezio? Base maggiore per base minore? No, base maggiore più base minore per la diagonale, fratto due. Vero?!" esclamo "Edward, cazzo!"
"Gi, per l'amor del cielo, respira." mormora "Vieni qua."
"Area del trapezio."
"Gi, vieni immediatamente qui."
"Area." mormoro avvicinandomi "Del." lo guardo negli occhi "Trapezio."
"Se non vieni qua, non te la dico."
Mi arrendo, ho la tachicardia e prendo posto tra le sua gambe coperte dai pantaloni scuri.
"Dammi le mani." mi istruisce. Chiudo gli occhi e mi accascio al suo petto. Avrò dormito tre ore.
"Ascoltami attentamente." bisbiglia al mio orecchio mentre stringe le mie mani tra le sue "Hai già dato due test molto simili a questo per due università altrettanto importanti."
Prendo un respiro mentre sento l'ansia logorarmi i nervi.
"Ce la puoi fare." sussurra "So che ce la puoi fare perché ce l'hai già fatta."
"Manderò tutto a puttane." mi lamento "Sono troppo agitata."
"Gi." mi richiama "Sei bravissima in queste cose. E lo sai."
Mi volto per guardarlo. Novembre è stato veramente il nostro mese. Cioccolate calde e The Notebook a casa mia, pizza e patatine da lui, gita in spiaggia d'inverno perché è poetico, colazione prima di scuola, sessioni di studio fino a tarda sera finite con noi due addormentati alla meno peggio sulla scrivania. Abbiamo persino organizzato uno shooting tra le foglie rosse di Newport, o meglio, lui faceva il modello, io scattavo. Se questo significa avere un fidanzato, mi sa che ci sto prendendo gusto.
"Guardami e dimmi che ce la puoi fare." mi richiama.
Sbuffo "Dai, Ed."
"Dimmelo." solleva le sopracciglia.
"Ce la posso fare." mormoro poco convinta.
Scuote la testa "Ritenta."
"Ce la posso fare." ripeto.
Ora è lui a sbuffare "Gi."
Impiglia i miei occhi nei suoi "Non ti dico di stare tranquilla, ma di sapere che ce la puoi fare."
Rilascio un sonoro sospiro mentre mi rialzo e riprendo a ronzare intorno alla camera che ho voluto riarredare giusto qualche settimana fa in preda ad uno dei tanti crollj psicologici.
"Base più base per altezza diviso due."
Mi volto "Eh?!"
"Area del trapezio."
"Oh." schiudo le labbra "Grazie." abbasso gli occhi sull'orologio che segna le 4 meno cinque.
"Cazzo, cinque minuti." scatto sulla sedia girevole e digito le credenziali sul computer "Okay." annuisco "Vattene!"
"Sì, subito." mormora "Sono già fuori."
Mi stampa un bacio mentre allaccia le braccia al mio collo "Sarò sotto per quando avrai finito."
"Sì, non volevo trattarti male." mormoro "Però ora vai. Lo sai che ti adoro, semplicemente sparisci ora."
Ridacchia per il mio tono agitato e mormora un in bocca al lupo prima di chiudere la porta della camera dietro di sé. Respiro e guardo il test di fronte a me. Posso farcela.
Un'ora e mezza dopo sento il riccio bussare piano alla porta della mia camera. La apre piano. Non ho nemmeno il coraggio di aprire gli occhi. Sono rannicchiata ai piedi del letto, ho rotto il pc scaraventandolo sulla libreria dopo aver completato il test consapevole di aver mandato a puttane tutto. Non mi ricordavo nemmeno più come risolvere un'equazione di secondo grado. Rimosso. Tutto.
Trattengo le ginocchia al petto mentre con la coda dell'occhio seguo il ragazzo sedersi accanto a me.
"Ho rovinato tutto." mugugno "Era il mio sogno e l'ho distrutto."
Ho le mani sanguinanti, ho di nuovo riaperto le cicatrici infilzandomele con le unghie che finalmente ero riuscita a fare crescere senza paura di farmi del male.
"Gwendoline, cristo." lo sento imprecare mentre le afferra portandosele vicino alle labbra "Per favore."
"Mi dispiace." scoppio a piangere per l'ennesima volta tra le sue braccia. Gli sto rendendo la vita un inferno, probabilmente. Io e i miei sbalzi d'umore, le crisi di ansia, crolli emotivi. Gli sto rendendo tutto più difficile e lo so bene. Lo sa benissimo anche lui.
"Non essere dispiaciuta." bisbiglia "Va tutto bene, aspettami qua, prendo dell'acqua ossigenata e delle bende va bene?"
Scuoto la testa e mi nascondo nelle sue braccia "Non lasciarmi, per favore." singhiozzo "Lo so che sono un disastro ma non mi lasciare qua."
Sussurra "Non vado da nessuna parte, Gi, da nessuna parte."
Mi culla mentre lo sento intonare le parole di quella canzone.

Honey you are a rock
Upon which I stand
And I come here to talk
I hope you understand

Lascio che la sua voce angelica sussurri a pochi centimetri dalle mie orecchie quelle dolci parole e sento il cuore trovare una posizione quasi comoda. La Northwestern era il mio sogno. Da quando ero piccola. Era la mia Università. Me la sono giocata in meno di un'ora.

That green eyes
Yeah the spotlight, shines upon you
And how could anybody deny you

Respiro a fondo il suo profumo dolce e forte e apro un occhio. Lui ha le palpebre abbassate mentre con il pollice accarezza il mio braccio , l'altra mano tra i miei capelli.

I came here with a load
And it feels so much lighter
Now I met you
And honey you should know
That I could never go on without you
Green eyes

Si ferma, spalanca i suoi green eyes e abbozza un sorriso.
"Grazie." mugugno mentre mi asciugo gli occhi col dorso della mano.
"Certo." annuisce "Andiamo in bagno?"
Faccio cenno di sì e raggiungiamo la stanza, lascio che disinfetti con cura i segni e li copra con una benda sottile in modo da non lacerare ancora di più la carne sensibile.
"So che non vorrai parlarne..." mormora.
Scatto in piedi mettendo via l'acqua ossigenata e il resto "Se lo sai perché lo stai dicendo?"
Sospira "Voglio che tu lo sappia."
Incrocio le braccia al petto e mi appoggio al lavandino di ceramica "Dimmi."
"Non è la fine del mondo."
Lo guardo sollevando le sopracciglia mentre sento di nuovo le lacrime salire ai miei occhi. Non lo sta per dire.
"Ci sono infiniti college e università, hai comunque alte probabilità di essere entrata alla Brown e alla Stamford." mi guarda attraverso il maglione marrone "Hai tranquillamente altre strade da intraprendere." allunga una mano su di me, ritraggo il braccio fulminandolo con lo sguardo "Non c'è bisogno di spaccare tutto o farti del male."
"Preferivo quando cantavi." ammetto prima di lasciare il bagno.
"Gwen, aspetta." lo sento sospirare "Perché fai così?!"
"Perché faccio così?" esclamo "Perché non capisci, Edward. È una cosa mia personale, va bene? È il mio sogno. Tu ti sei arreso quando il primo contratto è andato male? Bene, non avevi altre strade spianate?!" allungo l'indice sul suo petto.
"È un discorso diverso." si difende "Sono due situazioni diverse."
"Certo, è diverso." rilascio una risatina "È la scusa peggiore che potessi usare, veramente."
"Sto solo dicendo che.."
"Stai solo dicendo che non mi capisci." sbotto "E va bene. Non capirmi. Sono drammatica, va bene? Sono esageratamente drammatica e mi piace spaccare tutto per niente."
"Gi, non volevo dire quello e lo sai." sospira pesantemente "Non iniziare."
"No, ho già finito." incrocio le braccia "Senti, lasciami stare. Grazie per essere venuto, ora però vai. L'ultima cosa che voglio fare oggi è litigare."
Ridacchia ironico "Vedi come fai?!"
"Edward. Per favore." mormoro "Te lo chiedo per favore."
"Volevo dire che almeno tu altre opzioni ce le hai." sbotta "Non vai alla Northwestern?! Hai mille e dico MILLE altre opzioni." schiudo le labbra per parlare ma mi si secca la gola "E sai cosa? Se non prendi sta cazzo di borsa di studio ci puoi andare comunque nell'Università dei tuoi sogni. Perché i tuoi genitori te la possono pagare. Perché la tua famiglia te la può pagare."
"Non farne una questione economica." lo minaccio "Non ci provare nemmeno."
"È che hai possibilità, Gwendoline." ringhia "A volte mi sembra che te ne dimentichi."
"Davvero non capisci?" sospiro "Davvero? Cioè, in quella testa veramente non ti passa il pensiero? Che potrebbe essere semplicemente una sconfitta personale?" sto per piangere "Semplicemente ho deluso me stessa e mi fa male. Possibile che non lo capisci?" butto giù la saliva.
"Gwend-."
"No, mi fai incazzare." borbotto "Perché nessuno ti ha dato il permesso di darmi della figlia di papà viziata e con le occasioni a portata di portafoglio. Sei veramente uno stronzo. Il mio futuro voglio che abbia il meno a che fare possibile con i miei genitori. E lo sai benissimo tu. Te l'ho ripetuto infinite volte. E se mi conoscessi davvero sapresti quanto è importante per me scrivere. Quanto sarebbe importante per me studiare giornalismo. E studiarlo lì." ringhio. Mi guarda senza spiaccicare parola.
"Suppongo mi conosci male." lascio cadere le braccia sui fianchi "O non riesci a comprendermi. D'altronde cosa mi aspetto? Quali sono i tuoi piani? Ah sì. Tornare a Londra e poi? Strimpellare la chitarra agli angoli della strada sperando qualcuno si fermi e ti firmi un contratto? Vedi, abbiamo priorità diverse."
Mi rendo conto di ciò che ho appena detto nel momento in cui vedo il suo cuore sanguinare attraverso il verde dei suoi occhi. Schiudo le labbra per pronunciare il suo nome ma non esce niente. Mi asciugo la lacrima che è appena calata giù per l'occhio destro mentre lo sguardo sfrecciare via dalla mia camera.
"Ed.." bisbiglio ma ho persino paura a fermarlo. Ritorno nella posizione di prima. Ora però il cuore è scomodissimo e fa un male cane.

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