cinquantanove

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due anni dopo
Stanford University, CA

Sistemo il cappellino sulla testa mentre spero di non avere nessun tipo di visione o dejavu. Mi sembra di essere tornata alle superiori: questa volta però un tailleur bianco, un paio di décolleté rosse, mantella nera, cappellino nero ed una fascia rossa sulle mie spalle. Amber si regge malapena in piedi sui trampoli, anch'essi rossi, inutile dire mi abbia copiato l'idea. "ma è un abbinamento fantastico!" ha esclamato mentre stava già ordinando qualcosa sul pc. Dopo nemmeno tre giorni abbiamo visto il corriere presentarsi con un pacco. Un paio di scarpe. Come le mie. Rosse. Ho semplicemente sorriso. È stata la prima persona ad avermi ricordato casa qui alla Stanford, e le devo tanto. Guardo Ian pochi passi più il là sistemarsi la camicia. Alla fine ci abbiamo provato, a stare insieme. Non è durata più di un anno. Abbiamo ripreso ad azzannarci per il posto nel giornalino della scuola e per i voti più alti. Come se niente fosse successo. Ed è bello così.
"Nervosa, Cameron?" allungo lo guardo su Logan e curvo le labbra in un sorriso furbo "Forse un pochettino?" sbuffo una risata e stiro il tessuto dei pantaloni con le mani. Ho conosciuto anche Logan e Margot, negli ultimi tre anni qua alla Stanford. In realtà avrò conosciuto un centinaio di persone. Ma rapporti passeggeri. Sono arrivate e se ne sono andate in poco tempo. Un caffè dopo una lezione, una cena in compagnia, due parole prima di un esame. Logan è stata però una di quelle che è rimasta, a ricordarmi un po' casa. Saranno gli occhi azzurri come Peter, oppure il modo in cui strizza gli occhi quando ride come Jackson. Non lo so.
"Non credo dovresti averne." mi richiama il moro "Sei sul podio con Ian, cosa vuoi di più?"
"Niente." sorrido, un velo di imbarazzo. Non avrei mai immaginato di diplomarmi con questi voti. E invece eccomi qua. Mi sto diplomando, sono ad un passo dal stringere la mano al preside e avere quel foglio di cartoncino tra le mani. Sono passati quattro anni da quando ho calpestato per la prima volta il prato di questo posto, con il trucco sbavato per le troppe lacrime che avevo cercato, inutilmente, di trattenere durante il viaggio, con il terrore di sbagliare percorso, di sbagliare strada, di perdermi, di perdere le persone, di sentirne troppo la mancanza, di sentirmi morire e non riuscire a respirare più come prima. Ed è successo. Mi sono sentita persa, triste, sola. Non saprei nemmeno contare le sere che ho passato ad abbracciare il cuscino con quel piccolo tatuaggio appoggiato al mio viso, come se potessi sentire il calore dei miei amici attraverso un segno d'inchiostro. E ho avuto paura di non farcela. Ma forse ce l'ho fatta. Perché alla fine, in un modo o nell'altro, ce la si fa sempre. Si sopravvive. Alle mancanze. Alla tristezza. Al dolore. E forse è anche vero che se te ne prendi cura, le cose non spariscono.
"Anzi." mormoro "Una cosa la vorrei."
Gli occhi cristallini mi guardano curiosi "Che ci fossero tutti i miei amici di Newport Beach, e mio fratello."
"Quelli non sono i tuoi genitori?" domanda indicando la coppia seduta nelle prime file "Sì." sbuffo una risata nel guardare il completo rosa cipria di mia madre che ha scelto mesi e mesi fa solo per l'occasione "Sono loro. E sono contenta che siano qua, non è scontato. Però mio fratello e tutti gli altri non sono riusciti a venire per la proclamazione. Ci saranno poi per il weekend che torno a casa e festeggeremo là."
"Perché è di mercoledì?" chiede. Annuisco leggermente "Hanno gli esami anche loro. E mio fratello lavora ed era incasinato."
"Mi dispiace pasticcino." mormora allacciando un braccio intorno alle mie spalle "Ti prometto che ci divertiamo lo stesso oggi."
"Mi hai appena chiamata pasticcino?"borbotto contrariatam
"No, assolutamente." scuote la testa "Non io."
Rido mentre gli schiaffeggio il braccio fermo sulle mie spalle "Non osare mai più."
"Va bene, hai ragione." bisbiglia "pasticcino."
"Gweeeeen!" Margot sventola le mani nella mia direzione "Ma c'è tuo fratello!" esclama. La camicia chiara mette in risalto il colorito scuro "Ma cosa dici?" domando aggrottando la fronte. Guardo nella direzione da lei indicata e li vedo. Aaron sta trafficando con quello che sembra essere uno striscione, Daffodil indossa un vestitino in tulle azzurrino e trattiene a stento le risate mentre cerca di aiutare il moro. Accanto Ethan, Peter e Jackson si godono la scena compiaciuti. Mi si riempiono gli occhi di lacrime. "Dove vai?" mi richiama il ragazzo vicino a me non appena mi vede muovere qualche passo nella loro direzione "Tra pochi minuti inizia la proclamazione."
"Ho davvero bisogno di salutarli." cerco di non cadere dai tacchi e li raggiungo il più rapida possibile. Sospettavo qualcosa. Ma non di trovarmeli qua. Ero rimasta sì, delusa, ma avevo anche cercato di capire la situazione. E li avevo perdonati. Non prima di aver sbattuto il telefono in faccia a tutti e cinque, ovviamente. Pensavo che mi avrebbero organizzato qualcosa a Newport. Ed invece sono qua. Eleganti. E belli come il sole.
"È così che vi preparate agli esami?" esclamo alle loro spalle. Li guardo sobbalzare e osservarmi con un'espressione che non si può raccontare a parole prima di venire completamente assorbita dalle loro braccia "Vi odio, brutti stronzi." bisbiglio "Mi state per far piangere e devo fare le foto."
"Pensavi davvero che non saremmo venuti, trappola?" Ethan bacia i miei capelli e sorride "Sono così fiero ed emozionato."
"Mmmm." mugugno e sorrido "Sono così contenta di avervi qui."
"È più di un anno che non ci vediamo." guardo Jack "Infatti ti vedo un po' stempiato."
"Ma che stempiato, ohhh!" esclama pettinandosi con le mani prima di lasciarmi un dolce bacio sulla guancia. Rido mentre mi stringo un po' di più ai miei amici. Daf sta per piangere, guardo i suoi occhi scuri "La prima dei Crackheads con un titolo di studio serio, come potevamo perdercelo?" mugugna.
"Io ti avevo detto che era un'idea di merda." borbotta Peter, le mani nelle tasche dei pantaloni beige "È stata un'idea di Aaron, comunque." si difende la mora.
"No, sei tu che ti sei messa in testa di far i palloncini ed i festoni solo che era sicuro ci avrebbe notati. Solo cinque coglioni come noi potevano mettersi ad armeggiare sotto al palco." gli occhi azzurri mi guardano sorridenti.
"Io sono solo contento di vedere Gwenny, chissene frega della sorpresa." Aaron parla per tutti rubandosi gran parte del mio cuoricino pieno di gioia.
"Devo scappare." bisbiglio "Grazie per essere qua. Non potevo desiderare di meglio."
"Ora vai!" Jackson mi richiama "È il tuo momento." annuisce "E noi saremo qua sotto a fare il tifo per te."
Mi guarda e sorride, ricambio col cuore in gola e ritorno da Logan, Margot, Ian ed Amber che preoccupati guardavano già nella mia direzione "Sto arrivando!" bisbiglio e li raggiungo. L'ultima ragazza circonda le mie spalle con un braccio "Ce l'abbiamo fatta compagna di stanza!". Ce l'abbiamo proprio fatta.

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