Quanto è imprevedibile il mondo? Decisamente troppo ed io ne sono la prova vivente. Quattro anni fa ho deciso di stoppare la mia vita, fu una necessità che però allo stesso tempo mi congelò fino a farmi consumare insieme ai miei stessi sentimenti. Mi dissi che non potevo permettermi di perdere il contegno di nuovo, che dovevo rigare dritto ora che Andrew era andato via per sempre e non per una partita nel weekend. Non sarebbe tornato mai più, non importava quanto fissassi la porta dell'entrata di casa nostra. Non avrei più sentito la chiave nella toppa girarsi, non avrei più riconosciuto il suono del suo portachiavi, non l'avrei più rivisto sorridere vittorioso appena varcato la soglia e nemmeno avrei sentito il suo calore quando sarebbe corso ad abbracciarmi comunicandomi l'esito positivo della partita che lo aspettava. Non avrei più mangiato la famosa torta delle vittorie, una delizia al limone, che mamma era bravissima a fare e che preparava ogni qualvolta che Andrew aveva una trasferta, convinta che qualsiasi fosse stato il risultato, l'avrebbe consolato e l'avrebbe fatto splendere di nuovo con un delizioso motivo.
Scuoto la testa e mi mordo un labbro.
<<Penso a quello che eravamo e il pensiero che più mi tormenta è che quella era una calma apparente, che il nostro destino era scritto anche quando facevamo le nostre guerre con i cuscini di piume. Se avessi, se potessi, se riuscissi. Troppi se e nessuna soluzione. La mia vita è così da troppo, Andy. Eppure adesso ho premuto di nuovo play, tutto scorre velocemente e non mi preoccupo che qualsiasi cosa abbia poi così tanto senso. "Lascia che accada", giusto? Ma io non voglio che nostro padre soffri o che nostra madre muoia e certo vorrei dirti queste cose in faccia, scrutare le tue espressioni come facevo sempre. Le lapidi sono noiose e tu, tu non rispondi ovviamente>> sospiro, accarezzando le peonie che ho posato con cautela vicino agli altri fiori che giacevano precedentemente.
Sorrido perché Andrew riesce ad illuminare anche un posto come questo che di luminoso ha solo qualche lumino sparso in giro.
<<Ti risponde invece, lo fa solo a modo suo>> dice mia madre, prendendo posto dal lato opposto al mio. La osservo sorpresa e lei se ne rende subito conto.
<<Cosa c'è? Sei sorpresa di trovarmi qui? Facci l'abitudine perché fino a quando non esalerò il mio ultimo respiro, e non ci vorrà molto tempo, sarò qui>> alza le spalle e si lascia andare ad una risata più nervosa che divertita, come se avesse scherzato sul tempo e non sulla sua morte.
Rabbrividisco al pensiero e scuoto la testa, sorridendo lievemente.
<<Perché hai sposato quell'uomo?>> domando tutto d'un tratto. Non perché mi interessasse molto, volevo semplicemente cominciare a mettere insieme i pezzi di un puzzle che non avrei mai voluto comporre.<<Se ti dicessi amore, mentirei. Se ti dicessi convenienza, altrettanto. L'ho conosciuto prima di sapere del mio tumore, mi attraeva e siamo usciti molte volte. Ho saputo che lavoro faceva e una sera, a casa sua, dopo una cena, trovai un fascicolo con i candidati del prossimo semestre. C'eri tu e questa relazione era l'unico modo di avvicinarti di nuovo. Tornai in salone e lui era inginocchiato, circondato da moltissime rose e candele. Mi disse che si rifiutava di pensare di non poter rendere il poco tempo che mi restava indimenticabile. E allora accettai, senza farmi troppi scrupoli. Sono felice, per quanto possibile>> termina, indicando la lapide di suo figlio.
Annuisco.
<<Ho davvero sperato di esserci lì sotto, mamma. Tre volte ho provato ad- >> la voce mi muore in gola, come consapevole di ciò che sto per dire.
<<... arrivarci, ma poi mi fermavo sempre perché pensavo a papà e ad Andrew. Sarebbero stati entrambi delusi per il mio comportamento e per il mio continuo scappare dai problemi. Tu non c'eri, non ci sei mai stata per me. Non come avrei voluto. Solo Dio sa quanto io ti abbia odiata e chissà, forse una piccola parte di me lo fa ancora>> dico, tornando in piedi, sistemando la borsa sulle spalle. Mi allontano leggermente dalla lapide non prima di aver lasciato un bacio simbolico.
<<Ma il mio cuore sa di averti perdonata>> concludo, sorridendo lievemente e prima di andarmene noto gli occhi della donna davanti a me rilassarsi, come se avesse bisogno di sentire quelle parole.~~
Adam's Pov
Non mi sono mai presentato all'appuntamento con Simon. La verità è che l'ho completamente dimenticato, tra ospedale e accademia, il tempo è semplicemente volato come niente. Non vedo Jennifer da quando ieri è andata in presidenza e certo sarà successo qualcosa di grave. Non sono nella condizione di insistere, se vorrà parlarmene sa che ci sono e glielo farò presente ancora.
Tra due giorni lo show avrà luogo e una certa ansia sta crescendo dentro di me. Come andrà? Qualche compagnia ci farà proposte? Se così fosse sarebbe un problema non indifferente. Dovrei parlarne con i miei genitori e sputare il rospo dopo tutto questo tempo. Non se ne parla!
"Da Shanny tra dieci minuti"
Mi ha scritto ancora quel criminale, prima lo incontro, prima me ne libererò finalmente.
Varco la soglia e cerco il ragazzo tra i clienti e lo trovo, in fondo al bar, svaccato su uno dei divanetti rossi che fanno da angolo. Mi preparo psicologicamente per quello che sto per affrontare fino a quando arrivo al suo cospetto e con un cenno del capo lo saluto, prendendo posto di fronte a lui.
<<Quella ragazza al bancone ti ha seguito con lo sguardo fino a qui. Sei tu l'obiettivo o io? Magari entrambi>> denota, con voce così maliziosa che mi infastidisce non appena il suono lascia la sua bocca.
<<Non mi interessa, arriviamo al punto?>>
<<Jennifer ti ha davvero fatto il lavaggio del cervello amico! In effetti, so cosa significa, quel corpo è dannato>>
Batto un pugno sul tavolino che ci divide. Gli punto un dito e mi avvicino più minaccioso possibile.<<Non un altro riferimento. Ti sto avvertendo. Posso mascherare i miei istinti ma sono ancora quello che ti ha rotto le gambe sette anni fa>> concludo, allontanandomi a poco a poco.
Lui alza le mani in segno di resa.
<<Sono stato dentro per colpa tua e adesso devi aiutarmi. Casa, un lavoro e anche qualche donna visto che ne sei pieno>> dice, indicando di nuovo la ragazza di prima.
Scuoto la testa e mi massaggio le tempie con le dita.<<Non ti aiuto a fare un cazzo, ti è chiaro? Devi essere indipendente, fatti una vita ora che puoi>>.
Mi alzo, voltandogli le spalle.
<<Figlio di puttana ti giuro che se esci da quella porta, ci ritornerai strisciando!>> esclama, con una minaccia che però non mi tange nemmeno minimamente.
<<Già che ti trovi, cancella anche il mio numero. Io il tuo l'ho già sistemato>> sibilo, sorridendo in modo provocatorio e lasciandomi alle spalle non sono quel locale ma anche, si spera, il mio passato.
Arrivo alla macchina con la testa pullulante di pensieri negativi. Alzo lo sguardo e davanti alla portiera c'è quel ragazzo, investigatore segreto o benzinaio. Che ci fa qui?
<<Posso aiutarti?>> chiedo, avvicinandomi al ragazzo. Lui di tutta risposta annuisce e mi mostra lo schermo del suo cellulare.
Ha una foto di me e Simon mentre discutiamo.
<<Non capisco cosa dovrei dirti>>
<<Vi ho sentiti parlare, lui che è stato dentro per colpa tua, dei vostri discorsi e il suo tono provocatorio e malizioso mentre parlavate di Jennifer. Dubito lei sappia qualcosa di questo incontro, mi sbaglio?>>
Lo sposto con forza dalla macchina e ci entro. Abbasso il finestrino.
<<Luis, impara a farti gli affari tuoi. Nessuno ha chiesto di te e delle tue abilità da investigatore segreto>> sussurro, mettendo in moto subito dopo.
<<Altrimenti cosa succede? Mi uccidete come avete fatto con il fratello di Jennifer>>
Mi congelo all'istante.
<<Io non ho ucciso nessuno>> riesco a dire prima che una lacrima scenda lungo il mio viso sconvolto da questa situazione.
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Until your last breath.
ChickLitJen, ironia fatta persona, all'apparenza forte ma fragile a causa di una perdita che ha drasticamente cambiato la sua vita. Adam, inguaribile romantico e ragazzo di principi, diffidente nei confronti delle persone e del mondo. La vita è quella cosa...