CAPITOLO 36

11 3 0
                                    

Si avvicina il tanto atteso momento... buona lettura!

Non so dove sto andando e non mi serve saperlo. Ho solo bisogno di scappare via, sento la necessità di essere in un posto in cui sentirmi al sicuro dai miei pensieri. La mia mente è il mio nemico principale, mi rende colpevole di ogni cosa io faccia e probabilmente ha ragione. Lo stomaco è in subbuglio e le lacrime mi appannano la vista, è già buio e riesco a vedere poco della strada davanti a me.
Assurdo come il presente assomigli esattamente al mio passato, inimmaginabile pensare che non è cambiato assolutamente niente, sono sempre lo stesso bastardo di sempre che della sua vita non sa che farne dopo averla buttata al vento quattro anni fa.

Incontrai Simon nel bar dove l'ho visto oggi, era in disparte e visibilmente perso nei pensieri. Se solo avessi saputo che avvicinarmi a lui sarebbe costata la vita al fratello di Jennifer, avrei preferito morire in quell'istante. Ma non potevo saperlo.
Decisi di sedermi al suo stesso tavolo e i suoi occhi color ghiaccio affondarono completamente nei miei. C'era qualcosa di così strano e completamente sbagliato in lui che ricordo di aver pensato fosse arrivato, dopo tempo, il momento di riscattarmi per via del carattere che mio padre aveva sempre odiato. Quella sera avevo discusso in modo tremendo proprio con lui, mi rimproverava aspramente perchè i miei voti erano calati ancora una volta e perchè io non riuscivo a fare altro che colpevolizzarmi, non uscendo e trascurandomi come fosse la cosa più terribile del mondo. Pensavo davvero in piccolo tempo fa, se mi avessero detto che la mia rovina camminava su due gambe e possedeva due occhi nei quali ti saresti perso, gli avrei riso in faccia. Da un semplice "È libero?" indicando una sedia, ha avuto inizio un'amicizia che credevo fosse la miglior cosa mi fosse capitata. Simon riusciva a tenermi fuori casa tutti i giorni e mio padre aveva smesso con i suoi rimproveri dalla famosa sera. Quello che non avevo ancora capito è che stavo solo peggiorando e che la mia famiglia ne era completamente consapevole. Mia madre dopo un po' cominciò anche a parlarmene, senza successo, ero troppo aggressivo e povero d'animo per intrattenere una discussione civile. Simon mi stava plasmando a sua immagine e somiglianza ed io? Io ne ero felice.

Ricordo che una notte intorno alle cinque, risposi ad una sua chiamata. Era talmente ubriaco che aveva dimenticato anche il suo stesso nome ma evidentemente non il mio. Mi confessò che era triste ed in cerca di vendetta. Il suo posto da capitano era stato occupato da Andrew Anderson, il suo rivale in tutto: nello sport, nella scuola, con le ragazze. Simon perdeva sempre. Persino la sua ex era corsa dal nemico e quando Andrew cominciò a prendere voti più alti dei suoi e gli fu assegnata la fascia più importante della squadra, Simon decise di essere arrivato ad un punto di non ritorno. Avrebbe trovato un modo per provocargli dolore, tutto il male che stava provando lui ma amplificato e voleva sapere in che modo procedere da me. Non sapevo cosa suggerirgli.

I giorni successivi a quella chiamata, Simon era diventato un fantasma. Era scomparso ed io mi reputavo colpevole. Lui era riuscito a farmi rinascere ed io mi tiravo indietro la prima volta che mi chiedeva qualcosa?
Mi sentivo in diritto e avrei fatto di tutto per accontentarlo e così feci. Mi recai a casa sua e, dopo qualche tentativo, mi fece accomodare. Ricordo che la mia prima impressione fu più o meno corrispondente a lerciume generale. Scatole di pizza, lattine di birra, bottiglie di vodka e alcolici vari sparsi per il monolocale. Decisi di non fare troppe domande e di iniziare a pensare, insieme a lui, a qualche piano.

Dopo ore ed ore di riflessione, una pazza idea mi passò per la mente. Vorrei non averla mai pensata, neppure detta. Vorrei aver voluto che in quel momento la lingua mi fosse caduta.

<<Il bastardo ha una sorella?>> domandai e gli occhi di Simon si illuminarono.

La mia unica colpa fu di aver pronunciato quelle parole perché per il resto, per quanto abbia cercato, non riuscii ad avere voce in capitolo. La sua mente diabolica elaborò un piano che sembrò impeccabile: sarebbe uscito con Jennifer Anderson, si sarebbe finto innamorato di lei fino a portarsela a letto e lasciarla la sera stessa. Quella scintilla che, per assurdo, incendiava i suoi occhi mentre mi illustrava la situazione, era così spaventosa che se potessi tornare indietro, l'avrei spenta subito. Non potevo immaginare che da quel bagliore, sarebbe andata a fuoco la vita di molte persone, più di quelle che avremmo mai potuto immaginare. Comprese le nostre. Era un suicidio ed io me ne accorsi praticamente subito ma Simon? Lui continuò, nonostante i miei avvertimenti. Frequentò la ragazza e come un miserabile si approfittò di lei. Andrew venne a scoprire della loro relazione e cercò di ostacolarla sin da subito, però la sorella era così convinta della sincerità di Simon che fece di tutto affinché il fratello accettasse la situazione. Lo fece, ma non durò molto.

Simon lasciò Jennifer non appena lei si concesse a lui e non appena Andrew seppe della situazione, non poté tenere a bada i propri nervi. Litigarono, aspramente, a pugni e a calci. Jennifer guardava, impotente e con il volto solcato dalle lacrime. Io come un vigliacco, mi nascosi dietro ad uno dei tanti cespugli che erano lì presenti. Qualcosa, però, andò storto. Simon spinse con forza il ragazzo che inciampò, cadendo all'indietro, atterrando con la testa su uno degli scalini dell'entrata.

Il corpo di Andrew giaceva esamine tra le braccia della sorella, la madre piangeva dalla disperazione e il padre, ancora incredulo, cercava di chiamare i soccorsi. Ovviamente fu inutile.
Persino Simon in quel momento realizzò che la sua vita sarebbe stata per sempre macchiata da quella sera, un'altra famosa sera, che avrebbe ricordato fino al suo ultimo respiro e che non lo avrebbe mai abbandonato, nemmeno quando i suoi figli gli avrebbero chiesto di raccontargli una favoletta per la buona notte. Aveva stroncato una vita e adesso, quella che era vendetta, si era trasformata in sangue innocente versato che non sarebbe mai più tornato indietro.

In poche settimane, Simon fu processato e arrestato per tentato omicidio. Avrebbe dovuto scontare 10 anni, che il buon avvocato che gli ho procurato, è riuscito a patteggiare. L'omicidio figurò come non intenzionale e con un po' di fortuna e buona condotta, sarebbe uscito prima del previsto.

Lui fece il mio nome, eccome se lo fece. Non andai mai a testimoniare, non riuscivo a guardare negli occhi le persone alle quali avevo rovinato la vita. Non potevo essere perseguibile dalla legge, in fondo non avevo fatto nulla. Ma per me, ero il peggiore dei criminali e adesso, mentre accosto sul ciglio della strada, penso che avrei preferito fossi stato arrestato anche io. Magari non mi sentirei così in colpa.

Mi trasferii a New York, dove conobbi Mike, ma fu uno sforzo invano. Non potevo scappare dai miei rimorsi, dai miei sensi di colpa e dai miei incubi. Allora tornato a San Francisco, iniziai a sfogare con la boxe e in seguito con la danza.

Quando vidi Jennifer per la prima volta dopo tanto tempo, non la riconobbi subito. Bastò vederla versare una lacrima e improvvisamente, mi sembrò rivederla sull'uscio di casa sua, disperata per la morte del fratello. Nonostante ciò, non sono riuscito a stargli lontano. Inizialmente pensavo fosse solo un modo per riscattare i sensi di colpa ma poi mi sono reso conto che stavo meglio perché ho iniziato ad amarla.

Io amo Jennifer e il pensiero che il mio passato possa portarmela via, mi fa mancare il respiro. Allo stesso tempo però, penso che sarebbe la punizione giusta per tutto quello che ho fatto da quattro anni fa a questa parte. Non merito un'anima bella e fragile come la sua.

Until your last breath.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora