CAPITOLO 29

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TRE ANNI PRIMA

Giro i pollici mentre sono seduta su questa poltrona di pelle super comoda. La psicologa ha un aspetto stranamente rilassato.
La vedi da sei mesi penso e sospiro.
È una donna sui cinquanta anni, ha un viso delicato, capelli scuri che tendono al miele e lentiggini sul naso. È vestita con dei colori caldi e oggi, più degli altri giorni, mi ispira fiducia e simpatia.
Si chiama Caroline e francamente del cognome non ne ho idea.
Improvvisamente alza lo sguardo e mi sorride.
<<Come va oggi?>> domanda e in risposta alzo le spalle.
<<Non sarebbe male avere una risposta più esaustiva>> mi rimprovera e sbuffo mentalmente.
<<Beh, sto bene in generale>> mi prendo una pausa. Appoggio le braccia sulla scrivania e ci appoggio il mento.
<<Più in particolare mi fa male il cuore. È un dolore strano, asfissiante e costante>> continuo, trattenendo le lacrime.
<<Ti fa male perché ti stai trattenendo. Jenny sono sei mesi che ci vediamo. Lascia che il tuo cuore si liberi. Lascialo sfogare. Lascialo parlare. Lascialo piangere.
Permettigli di ragionare per quanto possibile>> sussurra.
<<Parli come se il problema fosse il mio cuore e non io>>
<<È lì che ci nascondiamo. E fa male sai perché? Siamo troppo grandi. Non riesce a contenerci. Non farlo soffrire ulteriormente>>
Annuisco. Posso farcela. Posso raccontarle tutto senza sentirmi giudicata. In fondo ci penso già io a mettermi sul patibolo.
<<Ho 17 anni, Caroline. Sono una bambina. Una stupida bambina che si è fidata di una persona sbagliata.
Lui temeva mio fratello, temeva il confronto e vedere il coach sceglierlo come capitano lo fece infuriare. Io però sono una stupida.
Venne da me, mi abbindolò con parole dolci ed io mi innamorai di lui. I-io credevo fosse lo stesso, Dio che idiota!>> mi interrompo, singhiozzando a causa del pianto in cui sono scoppiata inevitabilmente.
<<Simon. Simon Smith. Mi ha presa in giro per sei mesi. Mi ha usata. Mi ha fatto capire di potermi fidare. Mi sono dedicata a lui, l'ho accudito, amato, curato. Mi sono concessa a lui. Gli ho donato il mio cuore e il mio corpo. È stata la prima volta. Mi faccio così schifo.
Mio fratello lo scoprì, seppe che stavamo insieme e mi disse più volte di stargli lontano. Mi disse che era una persona cattiva, malvagia e che mi aveva avvicinato con l'unico intento di vendicarsi. Ovviamente non lo ascoltai. Simon mi rassicurò, disse che ci avrebbe accettato e che le sue parole erano frutto della loro rivalità. Mi convinse.
Il tempo passò, "il mio ragazzo" fece di me ciò che voleva e mi lasciò la sera stessa. Ero disperata e andai da mio fratello. Dovevo parlargli. Dovevo.
Lui però non riuscì a calmarsi, era furioso. Era deluso. Lo notavo.
Non ero più la sorellina graziosa e talentuosa. Non ero più quella che ballava con lui tutte le sere. Non ero più la ragazza di cui si fidava di più. Ai suoi occhi ero solo una traditrice, una bugiarda, una stronza.
In quel momento pensai che mi stava colpevolizzando per essermi innamorata. Ma come potevo sapere che da lì a poco lui sarebbe morto?
Non potevo prevederlo.
Se lo avessi saputo lo avrei stretto a me, gli avrei implorato di perdonarmi, gli avrei ripetuto che senza di lui io non sono niente, avrei toccato i suoi capelli setosi o le sue fossette che erano la cosa che più preferivo di lui. Gli avrei ordinato la sua pizza preferita, ci saremmo seduti e avremmo visto il suo film preferito. Gli avrei detto addio. Probabilmente sarebbe andata così. Ma non lo potevo sapere.
Non sapevo che mio fratello aveva già chiamato Simon. Non sapevo che lui sarebbe sceso in cortile e che avrebbero iniziato a picchiarsi. Non potevo immaginare che Simon l'avrebbe spinto così forte da farlo cadere e da farlo sbattere con la testa sul primo gradino che conduce alla porta principale. Non potevo prevedere che avrei assistito a tutto quanto né tantomeno che avrei visto morire mio fratello tra le mie braccia. Se avessi saputo che "Non piangere" sarebbero state le sue ultime parole allora l'avrei registrato>> termino, sommersa dalle mie stesse lacrime miste ai sensi di colpa.
Caroline sussultò. Non si aspettava nulla di questo probabilmente.
<<Ora capisce vero? Ora capisce perché se potessi tornare indietro, sarei caduta io al suo posto? Mi sarei sacrificata ad occhi chiusi. Tutti ma non lui. Lui non lo meritava. Ed è stata colpa mia>> aggiungo, appoggiando la schiena alla poltrona.
<<Costituisciti>> dice improvvisamente.
La guardo confusa.
<<Vai e dichiarati colpevole. Lo sei secondo te, mi sbaglio?>>
Scuoto la testa.
<<Vai, urla che ti sei innamorata e per colpa tua, tuo fratello ha cercato di proteggerti. Vai e urla che era troppo premuroso. Vai e urla che quel bastardo di Simon non ha ucciso solo una persona quella sera. Simon ha ucciso anche te. Credi che a tuo fratello farebbe piacere vederti spegnere?>> domanda, porgendomi un fazzoletto.
<<No>> dico secca.
<<Allora vai, vai e urlalo al mondo che ti senti colpevole di esserti fidata di un bastardo che ti ha ucciso. Io non ti fermerò>>.

PRESENTE

<<Quella fu l'ultima volta in cui vidi Caroline. In cuor mio sapevo di star sbagliando. Il dottor Theodore me lo consigliò perchè sapeva fosse adatta a me. Ho deluso tutti, papà. Io ho solo accantonato i sensi di colpa ma li sento, tutti quanti. Dormono con me. Mangiano con me. Si lavano con me. Vivono con me. Non posso fare altro che accettarli. Ma tu, tu papà. Tu sei più o meno l'unica ragione che, in questi quattro anni, mi ha tenuto in vita. L'unico motivo per il quale quei sensi di colpa non mi soffocano. Perchè sento che, in fondo, un motivo per vivere ce l'ho. Sei tu>> termino il mio racconto. Sospiro. Mi sento libera.
Mio padre congiunge le nostre fronti.
<<Io ci sarò sempre figlia mia. Anche Andrew è qui. Non dimenticarlo mai>> risponde e mi abbraccia calorosamente.

~°~

Non sento Adam da due giorni. Stiamo per caso giocando ad ignorarci? Lo farò vincere.
In compenso però, ho passato molto tempo con Robin e mio padre. Paradossalmente Meredith sembra essere tornata quella di sempre. Ho ancora la lettera che mio padre ha aperto chiusa nel cassetto.
Credo di sapere cosa mia madre voleva dirci ma non sento ancora di volerla leggere. Prima o poi lo farò.
<<Hey batuffolo>> mi dice Robin, sottraendomi da miei pensieri.
Gli sorrido.
<<Meghan vorrebbe venire in questi giorni, sai vuole passare del tempo con te... che le dico?>> domanda.
Alzo le spalle.
<<Sono sempre qui il pomeriggio. Quando vuole>>
Annuisce, si avvicina e si china per lasciarmi un bacio tra i capelli.
<<Vado a lezione>>

~°~

È il secondo giorno che Luis mi accompagna in clinica. Se non sapessi che è una spia mi starebbe anche molto simpatico.
Mike è molto professionale, riesco a camminare bene adesso. Sostiene che riuscirò a ballare tra qualche giorno.
Mentre eseguo un esercizio che il tutor mi ha assegnato, vengo distratta da un'accesa discussione nel corridoio.

<<Metti giù le mani Adam!>> sento urlare da Luis e il mio cuore perde un battito.
Zoppico fino alla porta, esco e vedo Adam che tiene Luis per il colletto della maglia.
<<Che cazzo ci fai tu qui? Che cazzo? Me lo dici?>> domanda con aggressività.
<<Adam!>> esclamo, attirando la sua attenzione. Il ragazzo si gira nella mia direzione e lascia andare Luis.
Si avvicina a me, sembra deluso.
<<Abbiamo litigato, semplicemente litigato. Ci hai messo due secondi a rimpiazzarmi con quello lì>> dice sprezzante.
<<Ti vuoi calmare? Nessuno poteva accompagnarmi se non lui. Tu mi eviti da due giorni. Cosa avrei dovuto fare? Non venire in clinica e ritardare ancora di più la guarigione?>> rispondo, appoggiando le mani sui fianchi.
<<Vattene Adam. Vattene>> aggiungo, dandogli le spalle e tornando dentro.
Lui crea una discussione sul nulla e poi mi fa la predica? Assolutamente no.

Until your last breath.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora