Capitolo 47

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Manuel

Sistemo la mia camicia sgualcita e ancora sporca di sangue davanti alle ante a specchio dell'armadio, ho addosso i segni della mia gelosia di qualche sera passata. Devo tornare a casa, cambiarmi e raggiungere mio padre alla centrale, ho già preso una pausa fin troppo lunga, una pausa che sicuramente era necessaria per allentare lo stress accumulato.
Apro silenziosamente la porta della camera per dirigermi verso l'ingresso. Poggio l'orecchio sulla porta del bagno per capire se Elide sia lì dentro. Dopo svariati secondi di silenzio, apro leggermente la porta e al suo interno non trovo nessuno. Si fa spazio in me la delusione, sono a casa sua ma di lei non c'è ancora traccia.
Ho voglia di guardarla mentre indossa il suo sorriso contagioso, che desidero portare con me per il resto della giornata infernale che mi aspetta. Entro nel bagno e ne approfitto per darmi una sistemata, il mio aspetto non è mai stato così trasandato dai tempi delle missioni con l'esercito. Con l'asciugamano pulito mi asciugo il viso e non posso fare a meno di sentire il suo profumo ovunque, sembra sia la sua pelle a profumare tutto ciò che tocca. Sistemo i miei capelli totalmente scompigliati e vado verso la sala da pranzo, più mi avvicino più le mie narici vengono solleticate da un odore che mi risulta familiare. Chiudo gli occhi per un istante, godendomi questa fragranza che non sentivo da anni, gioisco e nel frattempo rabbrividisco, due emozioni contrastanti alle quali non so a chi dar retta. Mi dirigo verso la cucina e scorgo Elide di spalle con il suo coordinato di seta color avorio, intenta a pulire e sistemare le stoviglie. Mi offre una chiara visione delle sue forme generose e solo a questa misera vista, le mie parti basse cominciano a fremere, non pienamente soddisfatte dall'amplesso di stanotte. Come se avesse percepito la mia presenza si gira di scatto mostrandomi il suo grembiule bianco con strane stampe di orsetti e piccole macchie sparse, sul naso dei residui di farina e uno sguardo felice, puro, vero, dalla bellezza mozzafiato. Non posso fare a meno di sorridere, vederla così sexy ma tremendamente buffa mi mette di buon umore. Lava velocemente le mani e indossa dei guantoni di stoffa avvicinandosi verso il forno, una volta aperto prende un dolce e lo poggia sul top della cucina, istintivamente mi avvicino per sbirciare, anche se il profumo emanato mi avverte già di cosa si tratti.


"Non fare un altro passo o sarò costretta a picchiarti!"


Gesticola, mentre afferra un coltello a lama liscia dandomi le spalle. Decido per una volta di accontentarla senza punzecchiarla ulteriormente, così mi siedo al tavolo attendendo che lei finisca di ignorarmi volutamente. Noto che sul tavolo ha già preparato tutte le vivande per la colazione: i succhi, il caffè, del latte e della frutta fresca, con a lato delle tazze colorate alquanto bizzarre.
Guardo tutto con occhi nostalgici, il calore che emanano questi colori e la sua presenza mi riportano indietro nel tempo, a quando questi momenti corrispondevano alla mia quotidianità, a quando mia madre sprigionava la stessa felicità che adesso è dipinta sul viso di Elide. Prendo un succo, lo verso nel bicchiere e lo sorseggio pazientemente prima che Elide si giri verso di me con un vassoio tra le mani che poggia sul tavolo. Lì a pochi centimetri da me si realizza ciò che pensavo.
La crostata ai lamponi.
Deglutisco a fatica e per un attimo il tempo attorno a me si ferma. Sono naufragato nel mare di ricordi, dolci e nostalgici che rubano la scena alla tranquillità che provavo fino a pochi attimi fa.
Lei lo capisce, mi offre un'ancora per non annegare e portami a terra ferma. Si avvicina lenta, poggia le sue mani sulle mie guance fredde e posa un bacio fugace sulle mie labbra

"Mmh...Buongiorno"

Allarga le perfette labbra in uno dei suoi sorrisi più disarmanti che mai, capaci di contrastare qualsiasi tipo di negatività, mi sento rassicurato, nel pieno di una pseudo relazione sentimentale senza esserne oppresso o spaventato.
Sto bene.
Anzi mi sento felice, le sue attenzioni sono come acqua piovana che disseta la terra arida, una manna scesa dal cielo per salvare il mio cuore burbero. Non mangio una crostata ai lamponi da 12 anni. Non ho più avuto il coraggio di metterne in bocca nemmeno una briciola. Ma adesso davanti a lei che trasuda un ostentato entusiasmo, intenta a compiacermi con questo gesto azzardato, non posso tirarmi indietro.
Prendo una fetta con mani tremolanti. Sento il suo sguardo indagatore su di me, mentre cerca di intercettare ogni mia impercettibile smorfia.
Inalo l'odore che emana, pregustando il suo sapore già con l'olfatto.
È come affrontare i demoni che ogni notte mi angosciano, gli scheletri nell'armadio che non vorrei mai confessare, che dovrebbero rimanere nascosti, seppelliti assiemi ai miei anni più bui.
Respiro e piano l'avvicino alla bocca e come se stessi saltando nel vuoto, l'addento. La pasta frolla friabile e dolce, si amalgama perfettamente con la marmellata di lamponi cremosa dal gusto intenso. I due ingredienti si bilanciano formando un composto delizioso, un'esplosione voluttuosa per le mie papille gustative. Rimango in silenzio continuando a mangiarla lentamente, boccone dopo boccone mando giù l'amaro che la perdita di mia madre mi ha riservato, accetto ancora una volta che la vita vada avanti e che il tempo sia indulgente per risanare tutte le ferite. Le abbozzo un sorriso mentre i miei occhi si posano sui suoi. Il nostro è un discorso fatto di sguardi, di un linguaggio che le parole non potrebbero né esternare né comprendere, celando il vero significato di ciò che è appena successo.

"È buona... è molto buona"

Lascia dalla morsa dei denti il suo labbro inferiore martoriato dall'attesa del mio giudizio, esulta senza alcuna discrezione compiaciuta e imbarazzata al tempo stesso.
Si siede sulle mie gambe mentre con spontaneità mi abbraccia, mi protegge dai miei turbamenti e mi dà la forza per superarli.
L'energia di un uragano in un corpo minuto dal viso ammagliante, senza volerlo è riuscita a scalfire la mia corazza ed ha fatto di tutto per esserci, per restare, un chiaro segnale per dirmi che non si è fermata alle apparenze, al mio atteggiamento da stronzo dispotico che mi rende impenetrabile.

Mi godo questo momento di serenità, questa nuova versione di me, questo scorcio di vita in cui tutto sembra perfetto.
Me compreso.

Me compreso

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