Capitolo 10

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Martina è una garanzia, esce quasi tutte le sere e sa sempre dove andare. Se ci sono feste o serate danzanti lei è sempre aggiornata.
Stasera mi ha portata in un pub in cui il giovedì fanno lounge bar, tutto l'ambiente è come una casa antica. Grandi archi sovrastano le mura e il tetto è una grande capriata in legno imponente. I rivestimenti in pietra sono lasciati grezzi e le luci calde sono deboli ma si riesce a scorgere perfettamente il viso di chi vi è dentro. Una parete interna è tutta tappezzata di edera vera rampicante, sembra di essere in un castello ai tempi di Romeo e Giulietta.

Ci accomodiamo in un minuscolo tavolo e ordiniamo 2 drink, assieme ai quali ci portano anche tantissimi stuzzichini prelibati. Incontriamo un po' di gente e come per fare uno strappo alla regola ci spostiamo nell'aria fumatori per una sigaretta "Ma da quando hai il vizio del fumo?"
Questa ragazza è sempre piena di sorprese

"In realtà non ho il vizio e non fumo spesso, però tengo sempre un pacchetto con me, magari qualche bel tipo può chiedermi un accendino o scroccarmi una sigaretta"

"Marti io mi stupisco ogni giorno di più, cioè come fai solo a pensarle queste cose?"
Riesco a malapena a finire la frase che si avvicina un ragazzo
"Scusate se vi disturbo, ma potreste farmi accendere?"
Martina mi guarda con un'espressione trionfante e io sorrido, è assurdo quanto sia preparata nell'abbordare gli uomini.
Accendiamo questa sigaretta e lei si intrattiene con il ragazzo al quale ha prestato l'accendino.
Quando il fumo mi arriva all'esofago quasi mi si blocca il respiro, tossisco debolmente.
Faccio finta di nulla e scruto un po' in giro.
È molto affollato, posso notare tanti bei ragazzi, mi soffermo su alcuni di loro ma nessuno attira particolarmente la mia attenzione, sono soltanto belli, non emanano nessuna aurea che ti rapisce, niente di magnetico che ti impone di inchiodare gli occhi su di loro.
Vado in cerca di un posacenere ma i miei occhi vengono trafitti dall'arrivo di una figura.
Dal varco per entrare nella sala dove mi trovo, spunta fuori una bellezza che prepotentemente batte tutti.
Manuel.
Meno voglio pensare a lui più il destino me lo fa incontrare.
Un brivido mi percorre la schiena, il viso mi avvampa e le gambe mi tremano.
Caldo ho tremendamente caldo.
Tolgo la giacca nera rimanendo con un top in chiffon color petrolio, legato al collo che fascia la mia schiena con dei laccetti,  lasciandola scoperta. Sposto i capelli da un lato come per permettere alla mia pelle di respirare.
È semplicemente irresistibile.

Ha un abbigliamento casual, nessuna giacca nessuna camicia, sembra un ragazzino. Un chiodo nero aperto lascia intravedere la maglietta verde militare di cotone con un jeans nero leggermente scolorito sul davanti. Quei capelli scompigliati da un refolo di vento scendono leggermente sulla fronte. La sua camminata è sicura, avanza a grandi passi facendosi spazio tra le persone con quel portamento virile che lo contraddistingue.
Mi mordo le labbra come se volessi ammonirmi da sola nel pensare che sia uno strafigo da paura.
Ma ciò che colpisce non è solo la bellezza, ha quel atteggiamento fiero deciso che spicca tra tutti.
Tutto di lui è affascinante.
Mi protraggo in avanti come se volessi andargli incontro, come se qualcuno mi stesse spingendo verso di lui ed in quel momento i nostri occhi si scontrano. Un lupo solitario mi fissa come se fossi una pecorella smarrita, mi mette in soggezione anche a metri di distanza. Ho la sigaretta tra le mani con la cenere ancora attaccata segno che sono rimasta imbalsamata per qualche secondo di troppo. Di rimando a quel suo sguardo fermo, abbozzo un leggero sorriso, come se volessi ammorbidirlo, fargli capire che non siamo in un bosco e nessuno vuole essere vittima o carnefice.
Ma vengo colta d'improvviso dal gelo, un pugno al centro dello stomaco.
Le mie labbra tornano in una linea retta quando dietro di lui scorgo la figura della donna dell'ufficio. Totalmente diversa da come l'ho vista oggi.
Adesso sembra più giovanile, cucita dentro quei pantaloni neri aderenti a caviglia con un top bianco che mettono in mostra un fisico bellissimo.
Quei ricci vaporosi, quel rossetto rosso e quello sguardo sensuale la fanno sembrare una pantera.
Di scatto mi giro, troppo di scatto. Sono sicura che Manuel abbia visto in due secondi tutti i cambi d' espressione del mio viso. Sbatto il piede a terra incazzata perché io, che so autocontrollarmi sempre, ho lasciato trasparire lo sgomento e l'imbarazzo.
Merda.
Faccio qualche passo alla ricerca di Martina che fino a pochi secondi fa era dietro di me e che adesso non vedo più.
Non c'è nemmeno quel ragazzo che era con lei, sbuffo maledettamente sapendo che forse si sia andata a imboscare chissà dove.
Maledizione.
"Elide ciao"
Chiudo gli occhi serrando le labbra. Non mi ha mai salutata, mai cercata per primo e adesso che sembro pazza isterica e soprattutto sola, mi rivolge le sue attenzioni.
Mi giro lentamente come se dietro di me ci fosse un fantasma pronto a farmi spaventare
"Manuel buonasera"
Come un mantra mi dico di mantenere l'autocontrollo ed avere una conversazione pilotata per chiuderla il più in fretta possibile e scappare da qui.
Nel frattempo la ragazza dietro di lui mi guarda, anzi mi squadra dalla testa ai piedi
"Piacere Elide"
Decido di essere educata e parlare per prima, cercando di non far trasparire la mia irritazione nel vederla praticamente appiccicata a lui. Improvvisamente ci ripenso.
Voglio sapere.
È meglio restare che dileguarsi "Piacere Avelyn, hai un viso conosciuto ci siamo già viste?" 

Dissetami come pioggiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora