Capitolo 54

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Manuel

Per effimeri secondi fisso il mio stesso sguardo nel riflesso dello specchio dello spogliatoio. Lugubri pietre che come vetri sporchi non riescono più a splendere.
Scuri, privi di vita, atoni, passivi a tutto ciò che vedono.
Analizzo la mia figura fasciata dagli indumenti che apparentemente salveranno le mie parti vitali, il colore che prevale è il nero e mai come in questo caso, è il colore che meglio rispecchia la mia anima. Ai lati dei miei fianchi sistemo nelle fondine le fredde pistole, il loro lieve peso grava su di me come fossero tonnellate. Indosso lentamente il passamontagna, le mie mani tradiscono l'apparente fermezza che voglio dimostrare mentre alle mie spalle un vorticare di uomini si prepara, come sto facendo io, a questo blizt.
Per tutti una missione, per me il patibolo. 
La fottutissima paura intende fagocitarmi, l'ansia impadronirsi di me.
Mentre combatto una battaglia persa con l' inquietudine, la mia mente mi castiga ancora una volta proiettandomi le immagini di quel cazzo di video che mi hanno lasciato moribondo, arenato al mio destino. Non riesco ad essere lucido, non riesco a pensare, non dovrei nemmeno far parte dell'operazione perché in questo stato potrei essere un pericolo per me e per gli altri.
Il mio equipaggiamento termina non appena finisco di indossare la mia maschera rendendomi simili agli altri.
Perdo la mia identità e mi mischio agli uomini che faranno squadra con me. Divento un soldato, un combattente, un figlio di puttana qualunque che non aveva paura di niente, era questo il mio punto di forza, era questa la cosa che mi rendeva bravo in tutto quello che facevo, senza saperlo la mia salvezza.
Adesso non ho più certezze, adesso so cosa vuol dire temere per la vita altrui, il vero significato di terrore è palesato davanti ai miei occhi e sulle mie mani che nonostante i guanti continuano a tremare.
Sto per soffocare, mi manca il respiro.
Un tuffo nel passato che mi lascia disorientato, sperduto tra i meandri delle sensazioni che da sempre ho voluto scacciare via, riconosco bene questo mio stato d'animo e so che porta all'annullamento di me stesso. Mi siedo per un attimo per cercare di prendere le redini del mio essere, per non annaspare nel panico che non deve prendere il sopravvento.
Come un mantra ripeto le parole che anni fa mi suggeriva il mio analista per ricercare la mia razionalità che sempre giocare bene a nascondino.
Sono infuriato con me stesso, il senso di colpa mi colpisce ogni volta che penso che tutto questo sia stata anche colpa mia, della mia negligenza. Sono state troppe le cose che ho ignorato o peggio preso alla leggera e adesso pago il conto salato della mia superficialità.
La macchina nera che l'ha seguita credendo fossi io, la sua vicinanza ad Aldo, i loro viaggi assieme per andare a lavoro, tutte apparenti casualità che hanno innescato un errore tragico, ma la cosa che più di tutte mi fa stare male è aver parlato di sua sorella. Mi ero ripromesso di non dirle nulla, quando ho fatto quelle ricerche ero assetato di verità ma non avrei voluto ammettere di aver frugato nel suo passato. Non so che cazzo mi sia passato per la testa, ma se non le avessi detto nulla forse le cose sarebbero state diverse.
Lei non sarebbe scappata dalla macchina, forse non sarebbe uscita, forse sarebbe stata con me ed io l'avrei potuta proteggere. Avrei potuto...ma sono stato un idiota e come tale mi ritrovo qui a rimuginare nel pieno stato di trance in cui mi trovo.
Stasera avremmo dovuto fare una retata per prendere quei figli di puttana con le mani nel sacco, invece mi ritrovo a dover salvare la vita all'unica donna a cui devo tanto senza averglielo mai detto.
Indosso il casco e vado fuori assieme ai miei compagni, non c'è più tempo per piangersi addosso, non ho più tempo di rimuginare, lascio davanti lo specchio tutte le mie esitazioni e faccio spazio alla bestia che è in me, al cinico, freddo, distaccato, cazzuto Manuel che ha sempre retto le pressioni sulle sue spalle.
Nessuno tra tutti a parte me tieni così tanto ad Elide e dunque sono l'unico disposto a fare qualsiasi cosa per la sua vita, per la sua salvezza.

Elide

"Il telefono sarà stato sicuramento agganciato e rintracciato, non possiamo fidarci e rimanere ancora qui, Don Alvarez... non è più sicuro..."

Dissetami come pioggiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora