Capitolo 51

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Elide

 

 

Il cielo si adombra dalle prime luci dell'alba.
Dei teneri bagliori giallastri accantonano il blu profondo della notte.
Le stelle non brillano più e lasciano spazio al manto ceruleo che illumina i palazzi più alti della città.
Non posso dire di aver dormito, sono stata vittima dei miei pensieri ancora una volta e adesso che l'alba scaccia via le mille congetture dalla mia mente, mi preparo ad affrontare un nuovo giorno di lavoro al quale sono certa di non arrivare in piena forma.
Mi rendo conto di aver imparato ad accettare le tante facce del carattere di Manuel, ma faccio ancora fatica a giustificare la sua assenza.
Non avrei mai immaginato un' inizio settimana peggiore di quello che mi aspetta. Dopo la notte e la mattina passata in sua compagnia, non ho più avuto notizie di lui. Ho rispettato i suoi spazi ed ho anche represso la smania di chiamarlo o semplicemente inviargli un messaggio. Ho passato il resto della giornata in un'apparente calma, ossessionata e ammaliata dallo schermo del telefono che, ogni volta che si illuminava, speravo fosse per un suo pensiero rivolto a me.

Non è stato così.
Ad essere sincera, contro ogni mia aspettativa sapevo già che non avrei avuto sue notizie e non ho voluto forzare la mano.
Accarezzo ancora una volta il cuscino accanto al mio e labile annuso ancora il suo odore, quello che è successo ieri notte è stato strano, diverso.
Volevo lasciargli il tempo di riflettere.
Ho capito che stargli addosso peggiora solo le cose, che se prima non chiarisce con se stesso, non riesce nemmeno a guardarmi negli occhi, che se continua ad avere paura di mettersi in gioco preferisce abbandonare la partita prima ancora di giocarla.

 

***

 

Sono già passati parecchi minuti dalle 9,00, sono tutti in ufficio, Aldo si è fiondato nel suo studio e Melissa è nella sua postazione piena di scartoffie da sistemare.
Di Manuel però nemmeno l'ombra e questo non mi convince.
Apro l'agenda on line dallo schermo del mio pc ma oggi nel suo planning non è presente nessun appuntamento. Comincia a farsi strada dentro di me un senso di paura, di apprensione che mai prima avevo considerato. Ripenso a tutto quello che è successo nelle ultime 48 ore e mi capacito che questo suo silenzio non sia solo una tattica per farsi desiderare. Istintivamente prendo il telefono e cerco il suo contatto, ma prima di inoltrare la chiamata mi blocco.
Mi ero ripromessa di non agire come una ragazzina impetuosa e lasciare a lui il primo passo. L'unico che potrebbe aiutare a soddisfare la mia curiosità, senza farglielo sapere è Aldo. Lui saprà con certezza in che guaio si sia cacciato, considerato che hanno addirittura un cellulare segreto solo per comunicare tra loro e nel frattempo, giusto per complicarmi la vita, avrei voglia di chiedergli perché sta indagando ad un caso di più di 25 anni fa, che sembra non avere relazione con la causa che sta affrontando adesso.
Vorrei, ma in realtà non posso perché altrimenti sarei costretta a dirgli come ho scoperto queste informazioni e dimostrami ficcanaso non è il caso.
Continuo a rimuginare quando il suono del campanello attira la mia attenzione. Noto subito Melissa aprire il portone con noncuranza dopo aver visto dal monitor l'immagine di un uomo, credendo fosse un cliente decido di smetterla di fantasticare e cominciare a snellire tutto il lavoro che grava sulla mia scrivania. Solo dopo pochi attimi mi rendo conto che quell'uomo che varca l'ingresso altri non è che Manuel.
I nostri sguardi collidono anche se celati dalle lenti scure dei suoi occhiali, che volutamente non toglie, ma questo futile gesto non basta per dissuadermi dai tratti rigidi del suo viso che presagiscono cattive notizie, percepisco la sua tensione senza bisogno di proferire parole mentre attraversa il corridoio a pochi passi da me, diretto alla porta dell'ufficio di Aldo che poi sbatte alle sue spalle con un sonoro tonfo.

Dissetami come pioggiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora