Capitolo 24

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Manuel

Testarda.

Cocciuta, continua ad opporsi, non sa che le sorti della serata sono già scritte.
Da me.

Ho ancora quell' irrefrenabile voglia di averla tutta per me per continuare ciò che abbiamo raggiunto con troppa velocità, in un posto che non ci permetteva di assaporarci come meritavamo o come io avrei voluto. Voglio entrare dentro di lei con estrema lentezza, godendomi ogni singolo centimetro di pelle che si adatta alla sua fessura, non ne ho abbastanza, non stasera.

Tutta la sceneggiata che ha messo in piedi non servirà a nulla perché non può scappare da me, soprattutto perché sono io a non volerla fare scappare perché se voglio una cosa la ottengo sempre e subito, e lei di certo non è un' eccezione.

Il breve tragitto in taxi è silenzioso, lei cerca di allontanarsi il più possibile da me plasmandosi con il sedile sottostante mentre guarda le luci della città dal finestrino che diventano scie luminose mosse dalla velocità. La fisso di sottecchi e noto i suoi occhi persi nel fondo di chissà quale pensiero.
È triste e forse è la prima volta che la vedo così.
La sua solarità, il suo cazzo di sorriso bellissimo stampato in faccia che alle volte mi risulta irritante da sopportare, sembra scomparso.

Non mi interessa chiederle perché sia così, del resto non mi è mai importato dello stato d'animo delle donne che mi porto a letto, non scopo di certo le loro emozioni ma il loro corpo. Vederla però così seria non mi piace, non mi eccita abbastanza, la preferisco sensualmente arrabbiata che amorfa.

Il taxi si ferma in prossimità del parcheggio in cui Elide ha lasciato la macchina, pago il tassista mentre lei, in fretta e furia, scende dirigendosi verso la sua auto entrando nel lato guidatore, congedo l'autista e mi dirigo verso Elide.

L'idea che sia lei a portare la macchina non mi elettrizza ma decido di non obiettare lasciandole credere che possa ancora decidere qualcosa.
Tento di salire nella piccola vettura quando, aprendo lo sportello, mi rendo conto che ha attivato la sicura non potendo entrare. Sbuffo irritato quando abbassa leggermente il finestrino per urlarmi contro

"Non mi pare di averti detto che sarei stata io ad accompagnarti a casa, anzi non capisco cosa sei sceso a fare dal taxi che doveva portarti a destinazione"

Interessante, ha di nuovo quell'atteggiamento spocchioso che tanto non sopporto ma che mi eccita terribilmente.
I suoi occhi mi fissano con disappunto scrollandosi la malinconia che aleggiava fino a pochi secondi fa.
Mi provoca, ma non può sapere che più fa la stronza più diventa preda delle mie voglie

"Infatti sarai tu a portarmi a destinazione.
Non rendere tutto così estenuante, apri."

Il taxi dietro di noi scompare nel traffico della città lasciandoci soli in mezzo ad un parcheggio esterno illuminato solo dalla luna.

"Saresti davvero capace di lasciarmi qui da solo? Potrei trovare qualcun'altra disposta a farmi compagnia"

La sbeffeggio con un ghigno ironico per farle esplodere la gelosia che sono certo ormai provi nei miei confronti, anche se riesce a mascherarla benissimo, percepisco che l'idea di potermi scopare una donna che non sia lei, le dia molto fastidio

"La palese scusa che mi sono inventata era per andarmene da sola, non con TE!"

Lo dice con un tono sarcastico slacciandosi la cintura di sicurezza e sporgendosi verso la parte opposta dell'abitacolo, ma non contenta di ciò che ha già detto aggiunge dell'altro, ed è proprio sentendo quelle stupide parole che dentro di me, come in ingranaggio arrugginito, si smuove una leggera sensazione che non so definire, ma che sopprimo sul nascere.

Dissetami come pioggiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora