Capitolo 26

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Elide:

I pensieri non mi hanno lasciato sola un attimo, la notte appena trascorsa è stata insonne.

Il suono della sveglia mi riporta al presente, avvertendomi che un altro giorno è arrivato. Riluttante mi alzo dal letto e vado pigramente in bagno nella speranza che una doccia possa darmi la forza necessaria per affrontare le ore a seguire, che sono certa non saranno facili.
Vorticosamente la mia testa mi ripropone scene che si avvicendano impetuose, l'incidente, la cena con Manuel, la mia bugia, la gravidanza di Tessa e infine quella macchina che mi ha seguita fino a casa. Troppe emozioni, che mi hanno totalmente risucchiato tutte le energie e le forze.
Cerco di dare colore al mio viso scavato da profonde occhiaie, indosso le prime scarpe che mi si presentano a tiro e un tubino, scelgo quello nero, come il mio umore, come la voglia di passare inosservata soprattutto agli occhi di Manuel.

Arrivo in ufficio gettando alla rinfusa la borsa sulla mia scrivania, mi stiracchio e faccio un profondo respiro godendomi gli ultimi minuti di pace. Ma l'aria mi si blocca nei polmoni non appena sento dei rumori provenienti dalla sala dell'archivio.
Mi immobilizzo di colpo, e solo adesso mi rendo conto che quando sono entrata la porta era chiusa ma senza alcuna mandata, tutte le luci sono spente, solo i raggi del sole filtrano dalle lunghe tende che nascondono le vetrate.

Istintivamente prendo un grosso vaso sul tavolino dell'ingresso e mi avvicino cauta alla sala archivi, non sarà il massimo ma è l'unico corpo contundente abbastanza pesante per stordire chiunque ci sarà lì dentro.

Mi avvicino cauta cercando di essere più silenziosa possibile, sentendo i rumori farsi sempre più nitidi. Tengo a bada il respiro e il battito del mio cuore che pulsa sulla gabbia toracica, sembra rimbombare in tutto il silenzio della stanza, mi avvicino alla porta e al mio tre, la spalanco per tirare il vaso in testa alla figura che mi si pone di spalle.

Il frastuono si propaga dappertutto, il pavimento è frastagliato da numerose scagliette di ceramica che si frantumano sotto le scarpe dell'uomo che difronte a me, nonostante fosse di spalle, ha schivato il mio colpo. Si gira su sé stesso e solo adesso che mi mostra il suo viso la mia paura scompare lasciando spazio alla vergogna.
Manuel mi si para davanti in tutta la sua perfetta bellezza mattutina. Abbasso lo sguardo fingendo interesse per il pavimento e le mie scarpe color cipria, masticando uno "scusa" celato dalla soggezione che i suoi occhi puntati contro mi provocano. Vorrei schiaffeggiarmi da sola per la mia stupida istintività, darmi dell'idiota ma la colpa non è solo mia. Cosa diavolo ci fa a quest'ora già in studio?

Poi di colpo la sua risata mi distoglie dai miei pensieri rivolgendo la mia attenzione dal pavimento al suo viso

"Nervosetta stamattina, forse ieri non hai smaltito a dovere il tuo stress"

In un lampo la rabbia divampa, mettendo in un misero angolino l'inadeguatezza del mio gesto, afferro subito la sua stupida allusione e mi avvicino minacciosa a lui

"Cosa ci fai a quest'ora qui? Hai sentito il mio arrivo potevi benissimo avvisarmi della tua presenza"

"Non volevo perdermi la tua scarsa mira, ah a proposito, ripulisci tutto e compra un nuovo vaso, non vorrei dover raccontare ad Aldo l'imbarazzante accaduto..."

Cerco di tenere a bada la lingua, di non ribattere, ma la sua ostentata aria di superiorità mi manda in tilt, avrei voluto davvero che non schivasse il mio tiro, per lo meno non avrei dovuto sopportare i suoi dispetti

"Smettila di darmi ordini come fossi una scolaretta e di comportarti così!"

"Così come Elide?"

"Come uno che si è terribilmente offeso, come una persona che vuole primeggiare sugli altri sentendosi superiore, come qualcuno che non accetta di perdere, come se tutto sia solo uno stupido gioco, decidi tu quando essere scorbutico, quando gentile, quando stronzo, non ti importa nulla degli altri, ma solo di te stesso!"

Dissetami come pioggiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora