Capitolo 59

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Elide

Un mese dopo

Sono in macchina intrappolata nel traffico, ultimamente trovarmi in questa condizione mi porta uno stato di agitazione, di claustrofobia, una sensazione nata nel ripensare agli spazi luridi e angusti in cui sono stata rinchiusa durante il mio rapimento.
Sono gli ultimi strascichi da cui non riesco a guarire, che non riesco a scrollarmi da dosso.
Dopo essermi liberata dal tutore sono tornata a San Francisco, avevo bisogno di riprendere in mano la mia vita e potevo farlo ripartendo da me e dalle mie vecchie abitudini.
La riabilitazione stava proseguendo bene e la spalla era quasi tornata come prima.
Ero rientrata a lavoro anche se Aldo non mi aveva messo nessuna fretta per farlo, avevo bisogno di un diversivo e il lavoro era l'unica cosa alla quale mostravo un minimo di interesse.
I miei spostamenti erano sempre uguali, ritmici e in quella triste monotonia trovavo un po' di serenità al male di vivere. Nonostante essermi aperta con mia mamma, la mia condizione mentale era ancora troppo provvisoria, me ne accorgevo dalle piccole cose, come adesso, che ferma dentro questo abitacolo mi sento oppressa. Non posso dire di aver affrontato un periodo migliore di quello passato in ospedale, sono pervasa da mille fobie, mille incubi, mille cazzo di problemi e un chiodo fisso che mi sta portato allo squilibrio mentale. È stato un mese apatico in cui non sono riuscita a reagire intrappolata nel limbo dei miei paurosi pensieri.
La mia insonnia perenne è diventata patologica, a niente sono servite le cure dello psicologo, non riesco più a dormire e sono costretta, per non impazzire, ad assumere delle gocce che favoriscono il rilassamento e il sonno.
Questa mia assuefazione è la mia condanna.
Oscillo tra la disperazione di non poter tornare la ragazza che ero, a quella di non poter fare a meno delle cure che placano il turbinio di cattivi pensieri che occupano costantemente il mio cervello.
Mi guardo dentro è so che tutto questo potrebbe finire se solo incontrassi il fulcro delle mie profonde inquietudini.    

Arrivo finalmente nella mia bolla di comfort, apro la porta di casa. Tolgo i sandali denudandomi del vestito che indossavo, il caldo di questi giorni è davvero torrido. Tolgo l'intimo e mi infilo in doccia facendomi accarezzare dal getto di acqua fredda che calma i miei pensieri, ancora una volta, così per infiniti giorni.
Quando esco mi prendo qualche minuto per osservare bene la mia figura che riflette nel grande specchio del bagno, non lo faccio da tempo, non mi piace più guardarmi, non mi prendo più cura di me come facevo prima.
Mi limito allo stretto indispensabile.
Porto quasi sempre i capelli legati e l'unico trucco che utilizzo è il mascara, niente di più.
Sono dimagrita molto, forse troppo, molti dei miei vestiti mi stanno larghi, il mio viso è scarno, i miei occhi apatici, le mie occhiaie violacee e pronunciate, la mia pelle,in netto contrasto con la stagione estiva, è diafana, un'immagine di me che mi spaventa. Mi avvolgo nell'asciugamano con i capelli grondanti di acqua e mi giro come a voler ignorare ciò che vedo, sono disgustata da me stessa. Ma nonostante questo rigetto e tutte queste sensazioni negative sulle quali dovrei concentrarmi, non le percepisco al momento tra le mie priorità più importanti . Il suono del campanello interrompe la mia riflessione e mi dirigo verso la porta sapendo già chi ci sia dietro.

"Apri a tutti in questo modo? Se fossi lesbica potrei dire che ci stai provando con me!"

"Menomale che non lo sei, flirtare con una mia amica non fa parte delle mie fantasie"

"Cos'è? Hai bevuto? Hai sbattuto la testa e ti è tornato il sarcasmo di un tempo?"

Martina e tutte le altre mie amiche almeno una volta al giorno vengono a casa mia per assicurarsi che io sia viva e vegeta visto che ormai rispondo solo alle centinaia chiamate di mia madre e sporadicamente alle nostre chat. Oggi tocca a lei.

"Oggi tocca a te farmi da badante?"

"Oh ma che bella battuta, ti credi simpatica? Se la smettessi di deprimerti come se fossi un animale in letargo verrei a trovarti per dedicare del tempo ad altre cose, tipo quelle che facevamo due mesi fa. Ricordi?
Sai quella vita ti apparteneva..."

Dissetami come pioggiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora