Il lunedì mattina pioveva a dirotto e Alina non aveva fatto i compiti di storia.
Seduta a gambe incrociate nell'atrio della scuola, con la giacca jeans e i pantaloni umidi, tirò fuori il libro e ponderò se valesse la pena riempire in cinque minuti un questionario al quale avrebbe dovuto dedicare almeno mezz'ora per sperare in una sufficienza.
Aveva già deciso di lasciar perdere, quando sollevò gli occhi e vide arrivare la sua salvezza. Alina balzò in piedi, prese il quaderno e raggiunse Elisa, che aveva varcato il portone e stava armeggiando con un grande ombrello a pois gocciolante.
"Ciao Elisa! Senti, dici che oggi la Pepieri interroga a storia o ci controlla le domande per casa? O tutte e due?" chiese, molleggiandosi sugli anfibi. "Ci sono un paio di quelle domande che non sono tanto sicura, non è che..."
Elisa la fissò. "Vuoi che ti faccia copiare," disse, senza nemmeno l'ombra di un punto interrogativo.
"Beh, sì," ammise Alina, tutta sorrisi. "Per favore?"
"Alina, guarda che io non faccio i compiti per passarli a te," la redarguì Elisa. "La prossima volta pensaci da sola. Altrimenti chiedi a qualcun altro."
Elisa si mise lo zaino in spalla e marciò verso le scale, piantandola lì come una cretina. Alina aprì le braccia, pensò di gridarle dietro qualcosa, poi rinunciò e fece ricadere le mani sui jeans bagnati. "Ma che cavolo," mugugnò.
"Attenta Caritas, oggi Zhang è dalla Cina con furore!" esclamò Bianchi, appostato là vicino con un Kinder Cereali in mano. Alina gli rivolse un gestaccio, mentre quell'idiota rideva della sua stessa battuta.
Girandosi, si trovò di fronte Ludovica, che barcollava con i capelli incollati alla faccia e gli occhiali appannati. Si trascinava appresso un ombrello nero con due stecche rotte che sembrava un uccello morto appeso a un filo.
I loro sguardi si incontrarono e Alina dimenticò la conversazione di pochi giorni prima e la simpatia che aveva provato per la sua compagna; d'istinto, pensò non rivolgermi la parola, con la pelle che formicolava per l'imbarazzo.
Ludovica la superò rivolgendole un breve cenno impacciato, senza fermarsi per ricevere una risposta.
Alina provò una breve e intensa vampata di sollievo, subito soffocata dal disagio. Seguì con gli occhi la schiena di Ludovica che si allontanava, la scia di gocce d'acqua lasciata dal suo ombrello. Perché si era comportata in quel modo? Non aveva degnato Ludovica nemmeno di un sorriso. Eppure venerdì avevano chiacchierato, perfino riso insieme, e si erano salutate quasi come due amiche.
Che scema che era: sapeva benissimo perché aveva ignorato Ludovica. Venerdì non c'era nessuno a guardarle mentre discutevano di metal e libri fantasy; adesso, erano sotto gli occhi dell'intera scuola. Odiava dover ammettere che le importava dell'opinione dei suoi compagni, neanche fosse una primina che si preoccupava di non indossare la felpa Onyx all'ultima moda; eppure era così, fu costretta ad ammettere mentre marciava su per le scale.
Durante le lezioni, gli occhi e l'attenzione di Alina continuavano a vagare verso Ludovica, incastrata al primo banco con la sua consueta faccia triste. Eppure c'era qualcosa dietro a quell'espressione, qualcosa di cui Alina non aveva sospettato l'esistenza fino alla settimana precedente. Ripensò a quello che era successo davanti a scuola e ripercorse la breve conversazione tra lei e Ludovica, dopo che Milena e le galoppine erano state scacciate dall'intervento del vecchietto furioso.
Certo, erano state poche parole scambiate per riempire il silenzio e scacciare l'imbarazzo, ma Ludovica era cambiata del tutto nel sentirle nominare La Storia Infinita e Alina aveva riconosciuto quel sentimento: era la felicità di poter parlare di qualcosa che ci appassiona, dopo che per tanto tempo l'abbiamo dovuto tenere per noi.
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Ho attraversato le terre selvagge
Teen FictionAlina e Noemi frequentano la terza media in una scuola del quartiere Flaminio, a Roma: impulsiva e irruenta l'una, spensierata e socievole l'altra, le due amiche sono diversissime fra loro, eppure inseparabili. Elisa è studiosa, pacata e solitaria...