Alina sentì l'ansia formicolare sulla pelle quando la macchina si fermò davanti alla scuola la mattina seguente.
Non ci credo che mi sto preoccupando all'idea di vedere Noemi, pensò, tirandosi sulla testa il cappuccio della felpona dei Maiden. Noemi, la sua migliore amica, inseparabile da lei fin dalla seconda settimana delle medie. Noemi, il pezzo di sé che non sapeva di avere perso e che aveva ritrovato, la compagna di banco alla quale poteva confidare ogni segreto, la persona con la quale avrebbe voluto trascorrere ogni minuto dal suono dalla sveglia al calare della notte. Non era possibile.
La mamma la guardò in tralice. Per tutto il tragitto l'aveva trattata come un artificiere alle prese con una bomba inesplosa, e Alina da parte sua aveva guardato dal finestrino senza aprire bocca. Quando alla radio erano partite le prime note di Sei un mito, sua madre aveva perfino cambiato la stazione in tutta fretta, forse temendo di vederla saltare fuori dall'auto. Su un'altra frequenza avevano passato Benvenuti in Paradiso, e l'avevano ascoltata tutta: Venditti non era esattamente Ronnie James Dio, ma si lasciava ascoltare; e poi, diceva sempre la mamma che per lui aveva un debole, era "còre de Roma".
"Forza e coraggio, Ali!" esclamò la mamma, infilandole nel cappuccio un paio di ciocche sfuggenti. "Domani è già venerdì!"
"E oggi è giovedì," replicò Alina, sforzandosi di mettere insieme un sorriso. Non aveva mai avuto meno voglia di essere a scuola, ma, dall'altro lato, era sui carboni ardenti per l'impazienza di rivedere Noemi e sistemare quella faccenda. Se davvero la sua amica le aveva mentito ed era stata al telefono con Milena o Valentina o Debora senza dirglielo, la questione necessitava di un energico chiarimento.
Alina saltò fuori dalla macchina, prese un respiro profondo e sentì il nodo nello stomaco allentarsi e la determinazione arrivare.
Va bene, ieri sera mi sono sfogata abbastanza, si disse, vergognandosi un po' al ricordo di quella scenata melodrammatica. Oggi con Noemi aggiustiamo tutto da persone sane di mente. E guai a Milena se si mette in mezzo un'altra volta.
Alina vide la sua amica, capelli sciolti, maglioncino verde e niente trucco, parlare con Debora davanti al portone. La puntò, strinse gli occhi, tolse le mani dalle tasche e allungò il passo. Tirava vento e dal cielo color asfalto cadevano le prime gocce.
Oh no, no-one else, got the right to make you sorry for yourself, la spronò Lemmy, cantando nella sua testa con quella voce di ghiaia e whisky.
Noemi la vide arrivare il suo viso si illuminò; smise immediatamente di parlare con Debora, le corse incontro e la strinse fra le braccia.
"Ali!" esclamò, come se non si fossero viste da mesi. "Come stai, bellissima?"
Noemi le appoggiò la testa sulla spalla — doveva chinarsi per farlo — e sospirò intensamente, senza lasciarla andare. Alina ricambiò la stretta, incerta ma felice. Era ben cosciente della strana immagine che lei e la sua amica offrivano a chiunque le osservasse stare insieme: Alina bassa, minuta, con i capelli biondi sempre aggrovigliati e le dita sporche, ancora incapace di dimostrare più di undici anni ma in compenso sempre coperta di jeans, borchie e magliette nere; Noemi alta, slanciata, rossa di capelli e con la carnagione lattea cosparsa di pallide lentiggini, sempre in ordine e vestita di colori pastello e che poteva passare per una studentessa del ginnasio.
Eppure, le differenze fra loro — nell'aspetto fisico, nella musica che ascoltavano, nei passatempi con i quali si intrattenevano — non contavano niente. Noemi era la sua migliore amica e tale sarebbe rimasta. Né Milena né altri avevano il diritto di mettersi fra loro.
Alina restò per qualche momento ferma ad assaporare quello slancio di affetto. "Senti, Noe," disse poi, sciogliendosi dall'abbraccio dell'amica. "Volevo solo chiederti se..."
"Matematica?" la interruppe Noemi, col sorriso di chi la sa lunga. "Ce l'ho qui pronta, ieri mi sono venute tutte le espressioni. Buttaci un occhio se ti serve!"
Oddio, mi stavo scordando matematica, pensò Alina.
"Grazie, anzi guarda fammi copiare, ieri non sono riuscita a finire i compiti."
"Per forza! Ce ne danno troppi!" gemette Noemi, prendendo il quaderno dallo zaino. "I prof pensano che siamo delle macchinette. È una cosa insopportabile."
"La Messina è la peggio, poi," aggiunse Alina. "Se continua a darci tutte queste espressioni per casa, avremo finito il libro di matematica prima di Natale. Poi voglio vedere che fa!"
Noemi si drizzò in una posa rigida, inalberò un'espressione arcigna e torse in giù gli angoli della bocca in quella che Alina riconobbe subito come l'imitazione della temuta professoressa Messina.
"Moretti, invece di preoccuparti delle espressioni che non hai saputo o voluto completare, perché non cerchi di presentarti in classe abbigliata in maniera consona?" Noemi tirò su rumorosamente dal naso (Alina sghignazzò), aggrottò le sopracciglia e puntò un dito sulla felpa dei Maiden, quella con Eddie che mostrava il dito medio acceso a mo' di candela. "Che cosa sarebbe quell'obbrobrio? La scuola rappresenta una istituzione, Moretti, e in quanto tale va rispettata!"
Alina faticava a trattenere le risate mentre teneva il quaderno aperto accanto a quello di Noemi e copiava a gran velocità.
"Dai Noe, non farmi ridere che non riesco a scrivere," disse Alina, premendosi sulla bocca il dorso della mano libera. Le scapparono un altro paio di sghignazzi.
"Puoi finire di copiarle a inglese, tanto la Tacconi non si accorge di niente."
"Giusto, ma voglio portarmi avanti."
Alina guardò la sua amica, allegra e sorridente e che l'aveva appena salvata dai rimproveri della Messina, e si sentì riscaldare dall'affetto che provava per lei. Il pensiero di chiederle chiarimenti riguardo alla sera precedente mandò ancora qualche debole segnale di vita, poi sprofondò come un peso di piombo nelle profondità di un mare tranquillo. Noemi era tornata la solita vecchia Noemi: ciò che era accaduto non aveva importanza. Con ogni probabilità, doveva essersi svegliata quella mattina pensando a che sciocchezza aveva fatto ad uscire con Milena e quelle altre cretine, e a come poteva farsi perdonare dalla sua migliore amica.
Mi sono preoccupata per niente, pensò Alina.
Quella lieta illusione durò fino alla campanella dell'ora di pranzo.

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Ho attraversato le terre selvagge
Teen FictionAlina e Noemi frequentano la terza media in una scuola del quartiere Flaminio, a Roma: impulsiva e irruenta l'una, spensierata e socievole l'altra, le due amiche sono diversissime fra loro, eppure inseparabili. Elisa è studiosa, pacata e solitaria...